Massimo Negarville - 2015-11-25 Scrive Merlo "i gruppi dirigenti del PD devono assumersi la responsabilità, sino in fondo, di selezionare la propria classe dirigente senza appaltarla solo e soltanto agli strumenti regolamentari che, di per sé, sono e restano discrezionali e pur sempre manovrabili. E questo prima che le primarie diventino definitivamente da grande intuizione politica nuovista e di cambiamento a un semplice boomerang che si ritorce contro gli stessi promotori. Cioè l’intero Partito Democratico" Di fronte a queste affermazioni mi chiedo: esiste una classe dirigente nel PD? No, non esiste se per classe dirigente si intende un gruppo di persone che costruisce iniziativa politica, riflette su di essa, discute in modo aperto ed attento pur nella diversità delle opinioni: in una parola fa e sviluppa cultura e sapere per sostenere e validare la sua azione politica. Se invece si intende per classe dirigente l'insieme dei capi corrente l'un contro l'altro armati, ciascuno dei quali persegue il potere proprio e dei suoi sodali usando a copertura brandelli di un discorso politico confuso ed approssimativo allora le Primarie sono uno strumento a doppio taglio: se c'è partecipazione popolare vera e fuori dal controllo dei cacicchi esprimono ciò che bolle nell'area di opinione che guarda al PD in questo caso sono benvenute anche se non sempre la scelta è felice sul piano della capacità di governo (Marino batte Gentiloni perché viene vissuto come meno invischiato nella politica politicante), se invece la partecipazione è bassa e di fatto controllata dai cacicchi le primarie servono a fissare i rapporti di forza dentro al partito. In sostanza la questione non sono le primarie ma il gruppo dirigente del Pd soprattutto, ma non solo, a livello locale. Eliminare le Primarie non risolve il problema. Il PD come partito di iscritti che discutono, contano e decidono e poi offrono alla opinione pubblica diversi disegni politici e adeguati candidati che li interpretano è tutto da costruire.
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Umberto Cogliati - 2015-11-24 Un partito politico serio ha tra i suoi compiti, il dovere di selezionare la classe dirigente da sottoporre al consenso elettorale, per un motivo molto semplice: che la prescelta classe dirigente corrispondesse al meglio ai programmi e agli obiettivi che quel partito che fa la selezione. In pratica al corpo elettorale si devono presentare due cose inscindibili: programmi e uomini ritenuti adatti ad attuarli. Chiaro come l'acqua. Dietro a questo schema non c'è il nulla, ma la consistenza e la vita di un partito quando questo stava in stagioni più serie di oggi. Nei partiti, in generale, si viveva, si approfondiva, si dibatteva, si chiamava anche la gente esterna per ottenere suggerimenti utili per imbastire una proposta politico amministrativa idonea per essere presentata nella contesa elettorale. Se questa era, e dovrebbe essere, la regola, il partito svolgeva la sua missione. L'invenzione delle primarie è stata,di fatto, uno sfuggire a quella regola allo scopo di esulare e rendere secondario lo studio e la preparazione di un programma (del quale infatti non ne parla quasi più nessuno) e poi sganciare la scelta, o selezione, della classe dirigente, dal parallelo con gli obiettivi di un partito, anche perchè non ci sono più o sono smunti. Praticamente, con le primarie, la politica si affida alle persone che vi concorrono, non più agli obiettivi dei quali se ne può fare a meno.
Se poi anche le primarie, per chi le ritiene una evoluzione, non sono regolamentate, sono la ricetta più giusta per far vincere e amministrare (o governare), quei personaggi che ne sanno più di altri di marketing o di "semina" clientelare.
Fa bene Giorgio Merlo a criticare aspramente quell'isituto così criticabile.
La politica è altra cosa. |