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Gallino, paladino del Welfare
 
di Aldo Novellini
 

Con Luciano Gallino è scomparso, a 88 anni, uno dei più acuti osservatori del mondo del lavoro e della nostra realtà socio-economica. Un impegno costante, il suo, che ha caratterizzato la lunga carriera di docente di sociologia all’Università di Torino, ove approdò dopo alcuni anni trascorsi all’Olivetti. E fu probabilmente in quella straordinaria fucina di innovazione, in quell’azienda così proiettata verso il futuro che maturarono gli orientamenti economici e sociali che segnarono la sua intensa attività di studioso.
Idee che ruotavano attorno alla valorizzazione del lavoro, alla formazione come fattore per accrescere la produttività, alla centralità della persona nel processo economico. Principi che nei decenni successivi sono state messi in discussione dalla sempre più prorompente ideologia liberista con l'acritica esaltazione del mercato, all’insegna del “privato è sempre bello”, e della volontà di cancellare, o quanto meno di ridurre, il welfare e i diritti dei lavoratori. Stiamo parlando, a ben vedere, di questi ultimi anni, segnati da una crisi di natura sistemica del capitalismo, in preda allo strapotere di una finanza che strangola l'economia reale distruggendo posti di lavoro.
E Gallino, da valente e appassionato studioso quale era, provò a identificare le linee di fondo di questa evoluzione, mostrando come l'attuale crisi è originata da un universo finanziario privo di regole e di controlli. Il tutto in un drammatico accentuarsi delle diseguaglianze sociali connesso ai progetti di privatizzazione dello Stato sociale, una delle più grandi conquiste civili del XX secolo. Un processo subdolo perché presentato sotto l'accattivante forma di un’apparente libertà di scelta tra pubblico e privato, in settori chiave per la vita della gente, come la sanità o l’istruzione. A questo si aggiunge la precarietà indotta nel mercato del lavoro con il continuo attacco alla stabilità contrattuale e a quei diritti (orario settimanale, ferie, previdenza, ecc..) conquistati in decenni di dure lotte.
Per spiegare quanto stava accadendo, il sociologo torinese riportò in auge un termine apparentemente desueto: lotta di classe. Qualcosa che credevamo confinato all'analisi vetero marxismo e che invece adesso si svolge, a parti invertite, con il tentativo delle classi dominanti di riprendersi quei privilegi che erano state costrette a cedere ai ceti popolari con le grandi avanzate sociale del secondo dopoguerra. Ecco dunque la pervicace volontà di indebolire il Welfare con i dogmi del taglio delle tasse e della spesa pubblica da applicarsi in qualsiasi evenienza. Il rovesciamento di qualsiasi canone di equità e di giustizia sociale, con una sorta di modello darwinistico applicato all’intera società. Un'operazione resa più agevole dalla sostanziale irrilevanza della politica, mai come oggi succube dei potentati economici. Una politica tra l'altro in cui, non a caso, si chiudono progressivamente molti spazi di democrazia e di partecipazione popolare, favorendo derive personalistiche ove languisce qualsiasi dibattito e si spegne qualsiasi dissenso.
Gallino ci ha parlato di tutto questo, cercando di farci aprire gli occhi nello svelare la mistificazione più grande e meglio riuscita: quella con cui la classe dominante è riuscita persino a convincerci che tutto ciò sia necessario e inevitabile. Anche per questo dobbiamo essergli davvero grati.


Andrea Griseri - 2015-11-26
Date certe condizioni che in parte sono state create e in parte si sono sviluppate per natura (la progressiva riduzione dei margini di profitto per ogni unità investita, la riduzione inevitabile della spinta propulsiva dei consumi nel dopoguerra e nell'epoca del boom economico) le politiche delle sforbiciate sembrano avere una loro logica. Ma che dire dal debito indotto dalle banche che creano, per giunta, il denaro ex nihilo? Gallino spiega con limpida chiarezza questo meccanismo nella sua estrema fatica saggistica. Se non si riuscirà a far tornare la sovranità monetaria nelle mani degli Stati sarà molto difficile uscire dalla crisi.
marco verga - 2015-11-20
Complimenti per questo articolo. Pochi pensatori come Luciano Gallino hanno saputo aprirci le menti come ha fatto lui. Peccato che non molti abbiano seguito i suoi consigli.
Giuseppe Ladetto - 2015-11-19
Ringrazio Aldo Novellini per aver ricordato la figura di Luciano Gallino, un grande studioso di sociologia ed un coraggioso intellettuale che, sempre più in solitudine, ha denunciato i mali e la progressiva involuzione della nostra società. Voglio mettere in evidenza un punto che ritengo importante. Gallino non si è limitato ad aggiungere la sua voce a quella di quanti criticano la prorompente ideologia liberista dominante in tutto l’ambito economico. E’andato ben oltre. In più occasioni, ha rimarcato la sua distanza non solo dal liberismo, ma dal liberalismo (di cui il liberismo è solo un aspetto), poiché è l’ideologia liberale ad aver penetrato ogni ambito della società fino a modificare la natura antropologica delle persone. Oggi, ci ha detto il grande sociologo, è il ceto oligarchico liberale ad imporre i propri valori e la propria ideologia alle classi popolari, svuotando di significato le istituzioni rappresentative democratiche, non più in grado di recepire e rappresentare le esigenze dei ceti subalterni. Ed è stato ancora Luciano Gallino ad averci ricordato più volte che l’attuale livello di consumi e i modi di vita dei Paesi occidentali non sono compatibili con un responsabile prelievo di risorse, e meno che mai sono estensibili all’intera popolazione del Pianeta perché ciò richiederebbe l’esistenza di numerose altre Terre.