Stefano Godizzi - 2015-09-28 Nessuno accende la lampada per metterla sotto il moggio. Basta questa citazione evangelica per sottolineare quanto sia assurdo il silenzio dei cattolici. Tanto più che in questo periodo di nichilismo della politica divisa tra i lustrini ed il pragmatismo senza bussola il senso ed il contributo dei cattolici sarebbe davvero indispensabile. | ||
Stefania PISANO - 2015-09-22 CATTOLICI E POLITICA
Non possiamo pensare che i valori evangelici siano “impolitici”, cioè non traducibili storicamente in progetti, orientamenti e ideali ispiratori della politica; non si può accettare nemmeno la variante più subdola di questo pensiero, che si manifesta nell’affermazione che questi sarebbero “tempi sfortunati” per il vangelo. Il tempo del vangelo è adesso. Altra cosa è il giudizio storico sui cattolici impegnati in politica o su un partito che si ispira, in tutto in parte, al cristianesimo.
Tutte le volte che, a partire dal dopoguerra, i cattolici hanno pensato in grande, il loro contributo è risultato straordinario: basti ricordare la costituzione italiana e il primo disegno europeo. Negli ultimi decenni, purtroppo, non mi pare di aver visto grandi capacità di volare alto, né i cattolici presenti nei diversi schieramenti hanno gareggiato molto nello stimarsi a vicenda. Uno stile diverso oggi avrebbe potuto offrire un contributo importante a uscire dallo stallo in cui siamo. La comunità ecclesiale, nel suo complesso, non ha vissuto positivamente la fine della Democrazia Cristiana e soprattutto il passaggio al bipolarismo. In molti casi, il timore che le divisioni potessero produrre, in modo quasi retroattivo, una sorta di “bipolarismo ecclesiale”, ha portato i cristiani a tenersi lontani da tutte le questioni concrete, relative alla fede nella politica e nella storia. Il risultato è stato un progressivo svuotamento del dibattito culturale, sociale e politico, mentre le comunità si sono concentrate sulla gestione pastorale, accontentandosi di coprire gli spazi vuoti con eventi o con richiami di principio al magistero sociale. Papa Francesco ha detto in un incontro, qualche tempo fa, a un’assemblea di religiose (“Siate madri e non zitelle”) credo si possa estendere all’intera comunità ecclesiale, cogliendone bene il contenuto profondo:la frigidità e sterilità vanno di pari passo anche nella vita spirituale. Ed è inutile coprire il deficit di fecondità con appelli insistiti e acidamente moralistici. Forse dobbiamo imparare ad articolare la comunione in forme più dialogiche e vive, attraverso esercizi diffusi di discernimento comunitario, che rappresentino il primo passo verso una maggiore attenzione alla salvaguardia del “pavimento etico” comune e al valore dell’impegno politico. A un secondo livello, poi, bisogna praticare forme “leggere” e rispettose di accompagnamento spirituale dei cattolici impegnati in uno schieramento. Non possiamo dire che i cristiani debbono impegnarsi e quando ciò accade trattarli come bambini o, peggio, allontanarli come appestati.
Il compito di tenere insieme fede e storia non autorizza il cristiano ad agire superficialmente, ad accontentarsi di atteggiamenti evasivi, a considerarsi esonerato per principio dal dovere della competenza. In secondo luogo, non è un cristiano autentico chi pensa di salvare se stesso chiudendosi in modo autoreferenziale dentro il proprio gruppo e dimenticando l’appello conciliare all’unica famiglia umana. Infine il cristiano non deve lasciarsi accecare dalla miopia: guardare lontano è l’unico modo per restituire all’impegno storico la passione degli orizzonti aperti. E’ necessario guardare “Oltre”. La responsabilità politica esige che si rispettino correttamente i valori interni alla dialettica democratica, senza però illudersi di poterla sospendere in un limbo neutrale. Entrare dentro, insieme, senza restarne prigionieri. Il cristiano è credibile quando rispetta l’intera gerarchia dei valori umani.
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