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Scelgono i cittadini o i capi partito?
 
di Giorgio Merlo
 

C'è poco da fare. Il nodo centrale della legge elettorale, di ogni legge elettorale, è sempre quello: chi sceglie i futuri parlamentari? Per oltre 45 anni li hanno scelti direttamente i cittadini attraverso il metodo proporzionale con le ormai famose preferenze. Penso ancora, con un pizzico di nostalgia biografica, alle quattro preferenze della sinistra sociale DC di Forze Nuove a Torino dove c'era la possibilità anche per le aree culturali e sociali di matrice popolare di poter avere una propria rappresentanza parlamentare. Un sistema squisitamente democratico, cui ha fatto seguito la
preferenza unica, dopo il referendum di Segni all'inizio degli anni '90. Un sistema che ha permesso alla corruzione di avere un successo insperato attraverso la lievitazione dei costi della campagna elettorale introducendo, al contempo, una violenta contrapposizione-competizione all'interno dei rispettivi partiti causa la preferenza unica. E quindi tutti contro tutti.
Dopodiché arriva il cosiddetto Mattarellum, il miglior sistema elettorale escogitato negli ultimi anni: collegi piccoli, rapporto stretto tra l'eletto e l'elettore, costi bassissimi per la campagna elettorale, garanzia della governabilità e azzeramento della competizione violenta all'interno dei partiti. Ma con la sua cancellazione e l'arrivo della "porcata" del Porcellum voluto dal centrodestra nel 2005 ritornano i problemi e la negazione radicale per i cittadini di scegliersi i propri rappresentanti.
Ora, con la prossima legge elettorale – sempreché venga approvata e non bocciata nel segreto dell'urna – aumenta o diminuisce il potere di scelta dei cittadini?
Se gli equilibri politici non cambiano – e quasi certamente non cambieranno granché da oggi alle prossime elezioni politiche generali – e il testo della legge approvato dal Senato fosse confermato alla Camera, il 60 per cento dei futuri parlamentari sarebbero nominati direttamente dai segretari dei rispettivi partiti. Solo il 40 per cento dei deputati, grazie alle preferenze, sarebbe scelto direttamente dai cittadini. Ma si impone una ulteriore domanda: anche quei candidati nei rispettivi collegi come sarebbero scelti? Direttamente dai capi partito? Probabilmente sì, visto e considerato che il "controllo" dei deputati è la priorità assoluta per "controllare" il Parlamento e, di conseguenza, il Paese.
Insomma, se è vero che attorno alla riforma della legge elettorale entrano in gioco molti elementi, non possiamo dimenticare che la "qualita'" della nostra democrazia dipende anche e soprattutto dall'impianto di quella legge. Se è abbastanza scontato che l'assetto bipartitico sarà l'esito finale della futura legge elettorale - essendo previsto il premio di maggioranza alla lista vincente, e quindi al partito – è altrettanto evidente che cambieranno in profondità anche i profili dei due rispettivi partiti-contenitori che si contenderanno la conquista del potere al ballottaggio.
Partiti-contenitori perché dovranno dar vita ad agglomerati elettorali che necessariamente, ed obbligatoriamente, dovranno attenuare il tradizionale profilo politico e culturale. Le prime avvisaglie le abbiamo già sperimentate sul versante del centrosinistra, con l'ingresso nel PD di formazioni, pezzi di partito e singoli esponenti provenienti da diversi settori politici. Centrodestra compreso. Un processo irreversibile dettato dal sistema elettorale che, salvo sorprese, sarà approvato in ultima lettura alla Camera nelle prossime settimane. Un processo che investirà, seppur in minor misura per le noti difficoltà politiche di questo schieramento, la stessa coalizione di centrodestra costretta a ridurre le frammentazioni al suo interno e a ricercare le ragioni dell'unità. Ma, al di là dell'assetto politico che nascerà dopo l'irrompere della futura legge elettorale, è indubbio che la scelta democratica dei deputati resta una scommessa del tutto aperta.
In sintesi, siamo di fronte a una semplice riproposizione, un po’ aggiornata e ritoccata, del collaudato Porcellum oppure siamo alla vigilia del superamento definitivo delle scelte centralistiche dall'alto? La risposta la conosceremo solo dopo il dibattito parlamentare e l'approvazione definitiva della legge. Al di là delle parole d'ordine, della propaganda demagogica e delle ricorrenti prese in giro. Ovviamente sempre in nome della modernità e del rinnovamento.


Mino Vittone - 2015-03-12
Eppure se sei contrario non sei moderno e ti ancori al passato!! Non credo che si debbano fare riforme purchè siano, ma fare buone riforme altrimenti meglio non farle: però pare che l'opinione pubblica non la pensi così!