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La forza di sperare del nostro Presidente
 
di Rodolfo Buat
 

Il 31 gennaio scorso, il giorno della votazione che avrebbe portato all’elezione a Presidente della Repubblica di Sergio Mattarella, il quotidiano “La Repubblica” ha pubblicato in seconda pagina la foto del futuro Presidente che tiene il corpo morente del fratello Piersanti appena colpito sottocasa dai sicari della mafia. Era il 6 gennaio 1980. Dopo 35 anni quella foto e quei momenti ritornano a dare un senso esplicito a questa elezione così tempestiva e così opportuna.
Sergio Mattarella in questi anni ha sempre custodito quella tragedia umana e familiare nella sua sfera personale. Ha lasciato all’impegno politico il compito di tracciare un solco che non lasciasse inutile il dolore. Ed è stato l’impegno di un cattolico e di un democratico, aperto con serietà e attenzione alle esigenze di riforma della nostra Repubblica così fragile e cedevole.
Nonostante tutto qualche passo avanti è stato fatto. Il Paese si è difeso dai folli attacchi del terrorismo nero e rosso, dalle violenze della criminalità mafiosa, dai disegni eversivi dei poteri occulti. È stata una difesa nella quale ha perso molti fra i suoi migliori servitori, fra cui Piersanti Mattarella.
Eppure pochi giorni prima delle votazioni per l’elezione del nuovo Presidente, in occasione del’apertura dell’anno giudiziario, il Procuratore Generale di Milano doveva concentrare il suo discorso sul permanere, e anzi espandersi, della presenza mafiosa, oggi in modo radicato anche al nord. Quella Repubblica che non riuscì a proteggere Piersanti e altri come lui dalle mani assassine è ancora oggi dunque impotente e forse assente. Non più aggredita (al momento) con la violenza delle armi, ma attaccata e lacerata con altre altrettanto perfide armi: la corruzione, il ricatto, la minaccia, il sopruso delle poche grandi mafie e delle tante piccole bande e consorterie corrotte. Si tratta di armi che vengono rese più pericolose dalla crisi economica, dalla mancanza di lavoro per i giovani, dal crescere del pessimismo quando non della disperazione.
Nonostante tutto il 31 gennaio questo Stato ha scelto Sergio Mattarella quale proprio rappresentante. Forse l’uomo delle istituzioni con le motivazioni più profonde per contrastare che in modo o nell’altro attacca la democrazia e la dignità degli uomini. Un uomo che tiene racchiuso dentro di sé il dolore profondo per un crimine che sul piano personale lo ha privato del fratello e che sul piano politico privò la Sicilia di una prospettiva di riforma e di rinascita. Per questo quando dopo l’elezione ha voluto subito essere vicino alle difficoltà e speranze dei cittadini più deboli, abbiamo sentito nelle sue parole un abbraccio sincero. Non solo, anche la visita alle Fosse Ardeatine è stata densa di significato: un ricordo intenso delle vittime della violenza criminale e politica e insieme la testimonianza del rifiuto radicale della stessa.
Avremo modo di scoprire come Sergio Mattarella interpreterà il ruolo di Capo dello Stato nella tumultuosa cronaca politica. Ma sulle cose fondamentali sappiamo sin da subito da che parte starà in modo rigoroso ed inflessibile. In questo chiasso assordante e insensato che caratterizza una stagione politica troppo spesso volgare e irresponsabile, sarà di grande aiuto la disponibilità ad ascoltare, il rispetto per le persone, il senso di responsabilità e la forza di sperare e ricominciare del nostro Presidente.


Giovanni de Witt - 2015-02-10
Caro Rodolfo, spieghi molto bene i tanti motivi per cui molti di noi si sono identificati così velocemente con la scelta del nuovo Presidente della Repubblica: interpreta bene le vicende e i valori di una nostra presenza e militanza. Buon lavoro a Sergio Mattarella!
Giorgio merlo - 2015-02-04
Bravo Rodolfo. Una lettura corretta, intelligente e non nostalgica della politica contemporanea. E anche una "chiamata" alla responsabilita' e all'impegno politico dei cattolici democratici.