Stampa questo articolo
 
Partito della nazione? No grazie
 
di Giorgio Merlo
 

Ormai se ne parla apertamente. Talk politici televisivi, commentatori e opinionisti dei grandi organi di informazione, intellettuali e analisti del sistema politico. Insomma, dopo lo stretto accordo politico tra Renzi e Berlusconi sulla riforma elettorale, la riforma costituzionale, l'elezione del Presidente della Repubblica e altri provvedimenti già approvati, il passo verso un accordo politico complessivo sarebbe breve. Lo stesso direttore storico di Repubblica, Eugenio Scalfari, parla apertamente – come moltissimi altri – di un ormai prossimo coinvolgimento nel governo dell'area che fa capo a Silvio Berlusconi. E quindi, forse, di nuovi sviluppi politici.
Un progetto politico che potrebbe portare, nell'arco di poco tempo, a una sostanziale "rivoluzione" del sistema politico italiano. E cioè, alla nascita del cosiddetto "Partito della nazione". Un progetto politico da tempo raccontato e spiegato da un raffinato sociologo come Ilvo Diamanti dalle colonne di "Repubblica".
Ora, per restare con i piedi saldamente piantati per terra e senza inseguire le pur interessanti analisi di quasi tutti gli organi di informazione, credo sia venuto anche il momento per chiarire le cose. Se è evidente che, rispetto a qualche anno fa e con l'avvento di Renzi sono mutati profondamente l'identità, il ruolo e la stessa "mission" del Partito Democratico rispetto alla gestione dei segretari che l'hanno preceduto – in particolare di quella di Bersani – è altrettanto indubbio che il più grande partito italiano non può rinunciare alla sua storica identità di partito di centrosinistra.
Un partito cardine della democrazia dell'alternanza.
Perché un conto è recuperare consensi storicamente riconducibili al centrodestra. Altra cosa è stringere non solo un’alleanza di governo con il centrodestra ma addirittura dar vita a un progetto politico che metta insieme la stragrande maggioranza del PD, la maggioranza di Forza Italia e la variegata e articolata galassia centrista.
Un progetto che rivoluzionerebbe certamente il sistema politico italiano ma che metterebbe in crisi, almeno questa è la mia opinione, antiche convinzioni, radicate culture e consolidate opzioni politiche. Un "partito della nazione" inesorabilmente metterebbe in atto processi politici di spaccatura dei partiti e successive ricomposizioni. Perché difficilmente la sinistra PD accetterebbe uno stravolgimento dell’identità del partito come, sul fronte opposto, anche una quota significativa di Forza Italia forse confluirebbe in altre formazioni politiche. Insomma, saremmo di fronte ad una radicale e straordinaria scomposizione e ricomposizione delle forze politiche italiane.
Ora, è indubbio che il "nuovo corso" della politica italiana sarà sempre più imprevedibile e forse darà vita a un contesto profondamente diverso rispetto a un passato anche recente. Ma è altrettanto indubbio che non si possono stravolgere, pena innescare una confusione totale, le coordinate storiche e culturali largamente consolidate nel nostro Paese.
Certo, se il "partito della nazione" nei prossimi tempi dovesse prendere piede tutto potrebbe succedere, compresa la formazione di una "sinistra ulivista". Ma, per restare all'oggi, credo che sia importante che il PD conservi la sua pluralità culturale e ideale, che mantenga al suo interno sensibilità diverse, anche se a volte apparentemente contrapposte, e che non si riduca a essere un semplice comitato elettorale. Deve invece consolidare la sua natura riformista, democratica e a "vocazione maggioritaria", per dirla con Veltroni.
Un partito, insomma, chiaramente alternativo al centrodestra e alla destra, che mantiene sino in fondo una caratteristica che l'ha contraddistinto sin dal suo esordio nella politica italiana: e cioè, salvaguardare la democrazia dell'alternanza senza dar vita a esperimenti consociativi e trasformistici. Altra cosa è recuperare un consenso, come sta cercando di fare Renzi, anche tra elettori, ceti, gruppi sociali e professionali che da tempo non si riconoscono più nella coalizione di centrosinistra. Ma tutto ciò si può fare anche senza dar vita ad operazioni politiche dettate più dall'avventurismo e dalla spregiudicatezza che dalla coerenza e dal rispetto della propria storia. E il "partito della nazione", almeno secondo me, non risponderebbe affatto ai criteri storici che hanno accompagnato sino ad oggi il percorso politico, culturale e programmatico del Partito Democratico.