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Domande su Mafiacapitale
 
di Giorgio Merlo
 

Ritorna la "questione morale". E ritorna il clima del 1993.
Insomma, respiriamo il clima di Tangentopoli. E questo non solo perché lo dice Raffaele Cantone, presidente dell'Anticorruzione nonché autorevolissimo magistrato e attualmente in prima linea per battere il malaffare e ripristinare la legalità nel nostro Paese. Ma perché questo è il sentimento che corre nel Paese e che taglia orizzontalmente il dibattito politico e culturale. C'è poco da fare.
Non bastano più le indignazioni, le lamentele, le analisi, le rapide ed equivoche dissociazioni e i repentini e singolari "non conosco", "non ricordo", "non li ho mai frequentati" e amenità varie... Sono troppe, per restare all'ultimo e clamoroso scandalo, le contraddizioni e le anomalie politiche e personali che accompagnano la fogna di "Mafiacapitale". E chi si preoccupa di dissociarsi subito e senza attenuanti rischia di essere persin patetico. Purtroppo, il marcio di Roma coinvolge la politica romana e anche quella italiana. Nessuno escluso.
Certo, non tutta la politica, per fortuna e grazie a Dio, è "Mafiacapitale". Ma ci sono domande a cui, prima o poi, si dovrà dare una risposta credibile. E cioè, come è possibile che questa corruzione, così strutturata e così diffusa nel sistema politico romano da svariati anni, sia passata quasi inosservata nelle diverse stagioni politiche? Come è possibile che persone che svolgevano ruoli e che avevano incarichi di primissimo piano nella pubblica amministrazione o nel sistema cooperativo – attualmente in galera – abbiano potuto liberamente tessere i propri affari illeciti, senza che nessun organismo politico e istituzionale se ne accorgesse? Come è possibile che, se non fosse intervenuta la magistratura, come sempre, il tutto sarebbe proseguito senza colpo ferire e all'insaputa di chi in pubblico predicava a giorni alterni cambiamento, rinnovamento, moralità, pulizia, trasparenza e bla bla bla?
Sono, queste, banali domande che un cittadino normale si pone e che sono alla base di una indignazione che ci riporta indietro di vent’anni. Anche se, detto fra di noi, le vicende di Tangentopoli sono al confronto una sorta di scuola per educande. Ed è questo l'humus in cui matura una radicale diffidenza verso la politica, i politici – tutti i politici, anche i cosiddetti "sepolcri imbiancati" che nulla sanno, nulla conoscono e nulla sentono –, e le stesse istituzioni democratiche.
E fanno bene i vari talk televisivi a denunciare con forza e determinazione questa ennesima, e ancor più devastante rispetto alle puntate precedenti, degenerazione della vita pubblica italiana.
Ora, per non limitarsi alla rassegnazione e all'impotenza, si tratta di capire cosa fare e, soprattutto, come reagire. Certo, le prediche moralistiche sono sempre importanti e necessarie. Ma, al di là di questa recita scontata e normalmente un po' ipocrita, la ricetta politica e culturale credibile è solo quella che riesce a coniugare la riflessione con l'azione e, soprattutto, con il comportamento.
Diceva un grande storico e intellettuale cattolico democratico, Pietro Scoppola, che la vera scommessa resta sempre quella di saper unire la "cultura del progetto con la cultura del comportamento". Ovvero, fare accompagnare i solenni pronunciamenti pubblici con i comportamenti concreti conseguenti. Senza moralismi e senza prediche altisonanti. E, soprattutto, senza accampare superiorità morali o diversità etiche, oggi semplicemente ridicole se non grottesche.
E questo lo dico, a maggior ragione, dopo il recente voto regionale in Emilia Romagna e in Calabria. Se non vogliamo che il massiccio astensionismo elettorale si consolidi e si intrecci con la comprensibile e naturale reazione al malcostume dilagante, la politica deve "ribellarsi" e deve recuperare quella credibilità oggi sostanzialmente azzerata. Ma per centrare questo obiettivo, nobile e sempre più necessario, non bastano le prediche pubbliche per poi non modificare di un centesimo le prassi – a tutti ben note – che albergano nei partiti quando parte la dinamica della
raccolta del consenso. Qualunque sia la consultazione elettorale o anche i singoli congressi di partito. Per non parlare di una definitiva e trasparente riforma degli appalti.
D'ora in poi, saranno solo e soltanto i comportamenti pubblici a dirci se si vuole realmente invertire la rotta. Ai comizi e alle promesse ormai, non ci crede più nessuno. Anzi, più si fanno e più aumentano le distanze tra il cosiddetto " Paese legale" e il "Paese reale".
È bene saperlo in anticipo.


Carlo Baviera - 2014-12-11
Condivido in pieno il commento di Cicoria. Per il resto penso che una delle riforme debba essere quella che garantisce a tutti di ottenere ciò di cui si ha diritto (casa, salute, pensioni, documenti, ecc.) senza dipendere ancora dagli amici degli amici. L'altra è quella dell'istruzione, che porti i cittadini a essere persone libere e coscienti dei loro comportamenti, non soggetti a pressioni o a scambi elettorali (dalle primarie, alla scelta dei vertici di partito, al voto amministrativo). E infine un sistema di concorsi e di appalti trasparente, compreso il rapporto con il mondo cooperativo: che deve essere cooperazione vera, non dipendenti sottopagati o malpagati di aziende (magari Onlus) che fanno affari o sono di supporto a personaggi o ad ambienti che trafficano col "potere"
Luchino Antonella - 2014-12-11
A me pare che il piano di un certo Signor Gelli non sia mai stato fermato ma anzi, piano piano, stia arrivando alla sua attuazione, con il pericolo di una nuova stagione dittatoriale. Gli scandali usciti in questi giorni, sommati a quelli del recente passato, non fanno altro che alimentare, giustamente, sdegno nei cittadini e aumentare l'astensionismo negli elettori. Domanda: tutti i soldi pubblici sperperati, come verranno fatti rientrare nelle casse dello Stato?
giuseppe cicoria - 2014-12-10
A me sembra un vortice inconfessato ma fortemente voluto da un potere, chiamiamolo occulto, che tende allo sfascio totale per alimentare nella gente un forte desiderio di un potere forte (traduzione della parola dittatura). Non si fanno leggi che puniscano veramente i corrotti ed i ladri; i politici, nella fase della gestione delle risorse pubbliche , ritengono queste, nella loro personale disponibilità. Si alimenta lo scontento e si diffonde il convincimento che l'inquinamento politico è colpa delle preferenze e del voto di scambio e, quindi, si auspica l'eliminazione di esse. Secondo costoro è meglio che siano i "partiti" a decidere chi è degno di essere eletto....! conseguenza: addio democrazia rappresentativa! Si alimenta, quindi, l'astensionismo e, poi, "dulcis in fundo" si fa votare una legge elettorale eversiva che consente ad un partito maggioritario ma di scarsa rappresentanza rispetto al totale dei cittadini, di arraffare il potere assoluto con un pugno di voti. Opla' il gioco è completo. Meditate gente, meditate tenendo,però, d'occhio i figli, figliocci e simpatizzanti di un certo sig. Gelli!