Che la recente elezione dei membri del Consiglio della Città metropolitana non abbia destato alcun interesse nella pubblica opinione è cosa nota. Come è nota l’osservazione che il tutto si è risolto in una pratica interna e autoreferenziale tra i vari eletti dei Comuni della provincia. Semmai, l’unità novità – peraltro già ampiamente prevista alla vigilia – è stato il “misterioso” comportamento politico che ha portato a una sorta di suicidio assistito di Forza Italia e dell’intero centrodestra nel nuovo organismo. Però, come recita un vecchio adagio, “contenti loro, contenti tutti”!
Ora, si tratta di capire in che cosa si sostanzierà questo singolare e anacronistico Ente che ha soppiantato la Provincia: dalle risorse a disposizione alle competenze istituzionali, dal personale a servizio del futuro Ente alla incidenza concreta che avrà sul territorio.
Per il momento, salvo sempre possibili furbizie e invenzioni di escamotage dell’ultima ora, l’unico punto chiaro è l’assenza di emolumenti per i futuri componenti di questo strano Ente. Elemento sicuramente importante ma non sufficiente per dargli credibilità agli occhi dei cittadini e consistenza nei confronti delle altre istituzioni. Ed è perfettamente comprensibile che l’attenzione adesso si sposti prevalentemente sull’elaborazione dello Statuto della Città metropolitana che dovrà definirne compiutamente funzioni, ruoli e indirizzo.
Uno Statuto, però, che dovrà contenere anche un “preambolo” capace di fugare alla radice tutti i dubbi che hanno accompagnato il dibattito politico, amministrativo e territoriale in questi mesi e prima della elezione del consiglio. E cioè, garantire una piena integrazione tra la città di Torino, la cosiddetta “prima cintura” e – soprattutto – la “seconda cintura” della ex Provincia. Cioè, per entrare nello specifico, l’intero Canavese, il Pinerolese e la Val di Susa, il Chierese, il Chivassese, il Ciriacese e le Valli di Lanzo. Insomma, tutto ciò che fa da contorno alla prima cintura.
Perché, è inutile negarlo, resta questa la preoccupazione centrale che continua a serpeggiare nei territori “periferici” e che fa sponda a quelle sporadiche e un po’ qualunquistiche contestazioni sulla inutilità futura di questa ancora indefinita Città metropolitana.
Una integrazione politica e istituzionale che deve cancellare ogni residuo sospetto di rendere definitivamente periferiche e marginali queste aree rispetto alla metropoli e al suo hinterland.
Ecco perché la stesura dello Statuto non può essere solo uno stanco rito burocratico e protocollare. Proprio attorno allo Statuto si gioca il futuro e la credibilità di questo Ente e la reale partecipazione di quei territori allo sviluppo della intera provincia di Torino. Sono certo che questa consapevolezza politica, culturale e amministrativa è ben presente in chi dovrà stendere questo documento. Ma questo “preambolo” è, comunque sia, necessario e indispensabile. |