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PD, verso il “partito della Nazione”
 
di Giorgio Merlo
 

L’ultima Direzione nazionale del PD ha avuto un’importanza superiore alle aspettative. Convocata per discutere, stancamente, sul modello organizzativo e politico del partito, si è trasformata in una ghiotta occasione per capire il reale obiettivo politico di Matteo Renzi sul come vuole “cambiare” e “trasformare” definitivamente il partito.
Per dirla in termini semplici e chiari, da “partito di sinistra o di centrosinistra” a “partito della Nazione, o del Paese”. Insomma, una trasformazione profonda di un partito che era nato come alternativo alla destra, o al centrodestra, ed era vissuto, per alcuni anni, come il semplice prolungamento della storia, seppur aggiornata, della sinistra italiana. E, inoltre, un partito che era nient’altro che l’unità di alcuni riformismi: quello della sinistra democratica, quello cattolico-democratico, quello ambientalista e quello liberal-democratico.
Il partito tratteggiato invece da Renzi con la consueta chiarezza e con il consueto coraggio, è un partito diverso, molto diverso. Sull’onda di una legge elettorale che forse sarà non bipolare ma bipartitica, si pensa ad un “partito della Nazione” che acchiappa tutto, dove può convergere chiunque, aperto a tutte le istanze, di qualunque genere siano. Destra, sinistra, centro, laici, cattolici, poveri, ricchi, borghesi, proletari, operai, imprenditori e chi più ne ha più ne metta. Appunto,l un partito “del Paese” dove le sfumature politiche e culturali sono quasi impercettibili e addirittura non richieste. Un partito che chiude definitivamente la stagione della sinistra, o del centrosinistra contrapposto al centrodestra o alla destra. Un partito che si piazza al centro dello schieramento politico ma che resta aperto a qualsiasi contributo e a qualsiasi apporto elettorale.
È persino banale ricordare che un partito del genere non ha una forte e precisa caratterizzazione identitaria, politica o, peggio ancora, ideologica. È un partito profondamente e irreversibilmente post-ideologico. Un partito, quindi, che chiude anche definitivamente la stagione della “seconda Repubblica” dove è prevalsa la storica dicotomia tra berlusconiani e antiberlusconiani. Una stagione dove si poteva parlare tranquillamente di alternatività politica e programmatica tra centrodestra e centrosinistra. Il “cambiamento” profondo introdotto da Renzi, forte del 40 per cento dei consensi ottenuto alle recenti elezioni europee, archivia definitivamente quella pagina e ne apre una del tutto nuova e inedita.
Certo, immancabilmente i commentatori hanno ripreso a parlare di una oggettiva “somiglianza” con la DC, ovviamente aggiornata ai tempi contemporanei. E cioè, un partito a “vocazione maggioritaria”, spiccatamente interclassista e rappresentativo delle più svariate istanze sociali e politiche che attraversano il Paese. Ora, al di là della sostanziale impossibilità di tracciare una “somiglianza” tra l’architrave della prima repubblica, cioè la DC, e forse il “partito pigliatutto” della ormai prossima “terza Repubblica”, cioè il PD, ci sono due elementi di fondo che ne evidenziano la profonda diversità. Al netto delle diverse condizioni storiche, politiche e culturali in cui sono chiamati a operare.
E le due condizioni sono semplici ma, al contempo, denotano, la profonda diversità di questi soggetti politici. La DC era un partito con una chiara connotazione politica e culturale e si reggeva attorno a una rappresentanza politica, culturale e sociale che si articolava e si poggiava sulle note e collaudate “correnti”. Era, cioè, una sorta di “confederazione” di correnti. In secondo luogo, era un partito dominato e caratterizzato da una profonda democrazia interna. Una democrazia che faceva precedere ogni scelta politica da una forte e anche violenta discussione ma che poi si rispecchiava in una altrettanto forte e convinta unità politica all’esterno.
Due condizioni sostanzialmente assenti nel PD. E questo sia per il profilo di un partito che punta ad essere “pigliatutto”, o partito “della Nazione” o del Paese”, e quindi politicamente non caratterizzato. E sia perché è un partito che si regge esclusivamente sul “valore aggiunto” e sull’impatto determinante e quasi esclusivo della sua leadership. Cioè, un partito a forte trazione “carismatica”.
Ecco perché l’intervento di Renzi alla Direzione nazionale del partito, del resto già annunciato in altre occasioni, ha assunto un’importanza decisiva in vista del futuro e della prospettiva politica del Partito Democratico.
Una proposta, questa, con cui adesso occorre fare i conti. Piaccia o non piaccia. Sapendo, comunque vada a finire, che si è chiusa, forse definitivamente, il primo tempo della stagione del PD. Quella, cioè, che ha caratterizzato il partito dal 2007 sino ad oggi. Adesso è il momento del varo del “partito della Nazione”. Cioè un’altra pagina e un’altra storia.


Arnaldo Reviglio - 2014-11-04
Non vedo nell'analisi di Giorgio Merlo e nei commenti successivi una presa di coscienza della situazione in cui ci troviamo. Sembra che si preferisca lo status quo antecedente. Le priorità in Italia sono ben altre e solo aiutando Renzi abbiamo ancora un minimo di speranza. Il voto di fine maggio non lo ha dimostrato ? Così non si può andare avanti e la fiducia in Renzi cadrà quando non arriveranno risultati (il Governo ha solo poco più di 8 mesi di vita). Si vuole questo o vogliamo contribuire a far risorgere l'Italia ? A mio avviso non solo collaborando per far affermare la solidarietà e far migliorare la qualità della vita, ma anche ad eliminare gli Enti inutili, anche a diminuire della metà o quasi tutte le indennità a cominciare da ministri, parlamentari, consiglieri e assessori regionali, no ai vitalizi se non una pensione minima per chi ha problemi (la gratuità della politica dov'è andata a finire ?). La politica è servizio, deve tornare ad essere esclusivamente servizio. Chi lo fa per guadagnare e sistemarsi deve andare a far altro. E basta fomentare le polemiche. Basta con le opere inutili e dannose. Aiutiamo a far partire una miriade di piccole opere e così avremo sì occasioni di lavoro vere. E no al patto di stabilità così come concepito attualmente.
giuseppecicoria - 2014-11-03
L'analisi mi sembra appropriata ma mi spaventa. Mi sembra un minestrone di culture ed interessi messi insieme da una furba affabulazione ingannatrice. Spero che quando il gioco perverso verrà scoperto dagli ingnari italiani, i danni non saranno irreversili (vedi legge elettorale e modifiche costituzionali). Altrimenti avremo il Partito Nazionale Renzista (PNR). La storia non si ripete mai in forme uguali, ma.....
Carlo Baviera - 2014-10-31
E mi pare che proprio per quello che dici, Giorgio, chi è stato popolare, chi è stato un democratico cristiano di sinistra, non possa accettare un partito leaderistico (chiunque sia il leader) nè un partito in cui c'è tutto e il suo contrario. Alcuni valori e punti fermi programmatici, e l'amore costituzionale e i suoi contenuti non possono che esserne alla base
Antonio R. Labanca - 2014-10-31
Il 40% del 58,69% degli aventi diritto al voto = 23,476% degli Italiani. Meno di 1/4. Per l'elezione dei rappresentanti in Europa. Con nessun candidato Renzi Matteo in lista. Dopo la distribuzione di 640 euro all'anno a beneficio di chi ha un'Irpef al di sotto di 26.000 euro l'anno. ...
Andrea Griseri - 2014-10-31
la DC ....", era un partito dominato e caratterizzato da una profonda democrazia interna"...anche Bobbio scriveva che il problema è non solo la democrazia "fra" i partiti ma "nei" partiti. Forse i miei ricordi sono appannati ma... in Italia un Partito Nazionale con un leader allergico alle critiche non lo si era già visto? E non era la DC, la DC è venuta dopo e ha rappresentato l'architrave, certo fra mille contraddizioni, dell'Italia libera e democratica.