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Donat-Cattin e il bonus bebè
 
di Giorgio Aimetti
 

Nella serie di progetti, riforme e provvedimenti sfornati senza sosta dal premier Renzi, l’ultima promessa, il bonus di ottanta euro mensili alle neo-mamme, sembra cogliere nel segno. Forse apparirà ai critici nient’altro che una regalia. Forse si sarebbero potute studiare forme più adeguate alle norme, ma almeno serve a indicare l’attenzione a un problema reale. E fa discutere.
Il tema dell’aiuto alla maternità è da alcuni decenni dimenticato in Italia, e non per caso il nostro Paese rischia di vedere scomparire poco a poco la popolazione autoctona. Recenti studi di istituti internazionali hanno rilevato, tra lo stupore dei commentatori, che la popolazione dell’Italia entro la fine del secolo, in assenza di immigrazione, sarà ridotta a dieci milioni di abitanti. Una cifra che sembra paradossale, ma che ha un solido fondamento scientifico.
Carlo Donat-Cattin già nel settembre del 1986, al convegno di Saint Vincent, aveva ricordato che “al centro del riformismo vi è il recupero di questo valore di solidarietà, che passa attraverso il riconoscimento della partecipazione, delle autonomie, dell’autogoverno, della valorizzazione delle società intermedie, la prima delle quali è la famiglia”. E ammoniva: “Badate che le curve attuariali dicono che nel 2070 l’etnia italiana sarà di poco più di 20 milioni di persone in una penisola abitabile da 100 milioni. Noi costituiamo un ministero dei Beni culturali per dissotterrare le statue, per tenere in piedi gli ‘atrii muscosi’, i ‘fori cadenti’ e abbiamo timore di essere tacciati di fascisti per propaganda demografica; ma non si tratta di propaganda demografica. Quello che l’Italia ha dato alla storia del mondo non può farci trovare cancellati, di modo che di qui a due o trecento anni la gente, i ragazzi che vanno a scuola ascolterebbero: ‘Ecco, c’erano i Sumeri nella pianure del Tigri e dell’Eufrate e c’erano gli Italiani tra gli Appennini e le Alpi’. E lo dico con tutta l’anima anche a tanti che sono qui: è meglio avere figli, anche se ti fanno sanguinare il cuore. Perché questa è la vita, questo è il contributo nel sacrificio, nell’amore, nella pena e nella gioia di vivere, che offre la continuità che dobbiamo dare al mondo, ai doni che da Dio abbiamo ricevuto”.
A noi che c’eravamo, quella perorazione risuona ancora nelle orecchie, così come risuonano gli applausi e ritorna il ricordo della commozione dei presenti, alcuni dei quali, come Flaminio Piccoli, battevano le mani e a un tempo cercavano di asciugarsi le lacrime.
Il provvedimento annunciato con uno spot televisivo da Renzi ha un fondamento maledettamente serio. Tanto più serio dal momento che politici esagitati cercano di far leva su un disagio di pelle per fare voti e promettono l’impossibile cacciata degli immigrati, nuovi cittadini che, lo si voglia o no, diventeranno sempre più necessari alla nostra società, con il diminuire delle nascite tra gli italiani di vecchia stirpe.


Carlo Baviera - 2014-10-29
Ricordo bene quel discorso. Proprio per quel riferimento all'importanza di fare figli per non essere cancellati come etnia, per non diventare specie rara da difendere come i panda. Ma soprattutto lo ricordo per quel "è meglio avere figli, anche se ti fanno piangere il cuore" seguito da un applauso intenso e prolungato; proprio perché pronunciava quella parole dopo la sofferenza provata per il figlio Marco.