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Si apre una nuova fase politica
 
di Giorgio Merlo
 

Il dibattito che si è scatenato nel PD attorno all’articolo 18 e alla intera riforma del mercato del lavoro può avere esiti politici imprevedibili. È appena sufficiente scorrere i vari giornali per rendersi conto che tra ipotesi di “scissione”, aumento dei “convertiti” della sinistra interna al renzismo, divaricazione profonda tra le varie sensibilità culturali presenti nel PD, la confusione rischia di dilagare. Il tutto avviene, però, nel sostanziale silenzio delle altre forze politiche. E questa è la vera novità del momento.
La destra, quasi tutta la destra, condivide nella sostanza il progetto avanzato dalla stragrande maggioranza del PD. Addirittura il leader indiscusso del centro destra, Silvio Berlusconi, invita il PD a “cacciare definitivamente i comunisti”, obiettivo che lui ammette di non essere riuscito a centrare. Il NCD non fa testo essendo solo legato alle poltrone e avendo come unico obiettivo quello di non andare alle elezioni. Il movimento di Grillo sbanda paurosamente sul terreno della progettualità politica e, normalmente, si ferma di fronte al merito delle varie questioni. Nel caso specifico, sul giudizio della riforma del mercato del lavoro avanzata da Renzi.
Pertanto, tutto il dibattito politico è riconducibile al PD, alle sue divisioni, alla sua vivacità e al suo dinamismo. Gli altri osservano, commentano, parteggiano, tifano, ma sono sempre e solo spettatori. Certo, il panorama politico è cambiato profondamente rispetto a un passato anche recente. Per lunghi vent’anni siamo stati abituati a un maldestro bipolarismo dove si confrontavano, in modo confuso e contraddittorio, il centrodestra e il centrosinistra. Il tutto inzuppato di un violento e a volte pregiudiziale antiberlusconismo, in una sorta di derby permanente: da un lato l’obiettivo – prevalentemente immaginario ma efficace a livello politico ed elettorale – era quello di colpire i “comunisti” e la “sinistra”. Dall’altro lato, tutta la corazzata politica, culturale, editoriale, televisiva, giudiziaria e salottiera era focalizzata ad eliminare il “caimano”.
Con l’avvento alla segreteria nazionale del PD di Renzi – e soprattutto con il suo ingresso a Palazzo Chigi – tutto ciò è scomparso. L’ultimo tentacolo di questo derby fu la “ribellione” della base del PD contro la candidatura di un padre fondatore del PD stesso alla Presidenza della Repubblica, Franco Marini. Il motivo di questa ribellione? Semplice. Si sussurrava di un accordo con il centrodestra, cioè con Berlusconi. Che, detto tra di noi, è un fatto del tutto naturale quando si tratta di eleggere il Presidente della Repubblica. Ma quello fu l’ultimo sussulto – ovviamente strumentale – dell’antiberlusconismo politico, culturale e ideologico. Dopodiché è cambiato radicalmente lo scenario politico.
Ora, per tornare all’art.18 e alla riforma del mercato del lavoro, è solo il PD che deve decidere. Con quanti voti, con quale strategia parlamentare e con quali linee programmatiche. Il centrodestra, che lo voti o no, condivide la strategia complessiva e quindi non entra in partita se non per le sfumature. E cioè, incitare il premier a chiudere al più presto la partita con la sinistra interna al PD o chiedere di rafforzare l’approccio liberista della riforma dell’intero settore. Insomma, commenta, analizza e tifa. Ma non entra in partita.
Di fronte a questo scenario, per alcuni versi singolare e del tutto imprevedibile sino a qualche mese fa, c’è una sola domanda a cui prima o poi si dovrà dare una risposta politica credibile e lungimirante: quale sarà il bipolarismo del futuro? Come sarà il futuro partito di centrosinistra? Nascerà un partito della sinistra democratica che sia realmente alternativo alla destra senza riproporre il caravanserraglio dell’antiberlusconismo militante? Resterà tutto unito il PD, al netto della convenienza dei parlamentari di approvare il tutto e il contrario di tutto pur di non andare alle elezioni anticipate?
Sono domande legittime a cui tutti, prima o poi, si dovrà dare una risposta. Perché una cosa sola è certa: la fase politica che stiamo vivendo è profondamente cambiata rispetto a quella degli ultimi vent’anni. E la discussione sull’articolo 18 è stata, comunque vada a finire, una ghiotta occasione per aprire definitivamente questo dibattito politico e dirci anche alcune verità che sino a qualche mese fa era tabù affrontare.


Stefano Godizzi - 2014-10-09
La politica ci offre un caravanserraglio di cose sconclusionate e prive di costrutto: coerenza? E' meglio una comparsata tv! Valori? Guardiamo i sondaggi e vediamo cosa cavalcare! In questo paese, che si scalda solo se lo metti contro qualche "casta", la politica sembra una cosa da marziani. La confondono con le baruffe degli studi tv. Siamo proprio al nulla assoluto. Oggi aboliamo le provincie, domani il senato, dopo qualche altro pezzo di stato e... voilà! Al posto della Camera ci troveremo Bruno Vespa con Porta a Porta. Magari con la scusa che la pubblicità copre i costi....
giuseppe cicoria - 2014-10-03
Quando ho dato in passato fiducia a Renzi e l'ho votato e supportato non immaginavo minimamemte quello che sta succedendo in questo momento. Oggi si ha la conferma che il partito militante del PD non esiste più. Si sono autoespulsi in un anno, "volontariamente", ben 400.000 iscritti! Evidentemente queste persone (compreso il sottoscritto) non si fidano più di Renzi e della sua politica piena di pasticci,chiacchiere e giravolte. Essi sono nel limbo, in attesa di ricollocamento. La modifica o eliminazione dell'art. 18, ho già detto in altra occasione, forse sarà la "goccia che farà traboccare il vaso". La svolta chiaramente populista di destra del nostro "ragazzo" lo porterà a fare il pieno da un'altro contenitore ma perderà la vecchia base, quando questa capirà meglio chi è veramente questo signore.