Tra qualche giorno saranno eletti i vertici delle “nuove” Province. Chi segue “Rinascita popolare” conosce la nostra opinione sulla “riforma” che ha colpito la Provincia e introdotto la Città metropolitana. Riteniamo che si sarebbe dovuto seguire la strada indicata dall'Unione delle Province: una riduzione del numero delle amministrazioni provinciali. Su questa questione, deciderà la storia. Ci limitiamo oggi a riflettere sulle immediate conseguenze di una “riforma” che avrebbe dovuto cancellare con legge ordinaria un Ente intermedio, voluto dalla Costituzione; che solo con la revisione della Carta del 1948 potrà essere cancellato. Per ora è stata cancellata la norma che regola l’elezione del Presidente e del Consiglio provinciale. I vertici delle “nuove” Province saranno scelti dai sindaci e dai consiglieri dei Comuni che ne fanno parte, con un voto ponderato (cioè tenendo conto della dimensione demografica dei diversi Comuni) che comunque privilegia il capoluogo.
Dopo avere esaltato l’elezione diretta da parte dei cittadini di tutti i vertici istituzionali, si sta sperimentando un sistema elettorale che cancella del tutto il ruolo democratico degli elettori. Alla regola che assegna il potere di eleggere il presidente “ in secondo grado” da parte dei rappresentanti dei Comuni, fanno eccezione le Città metropolitane, che per onestà intellettuale chiamerò Province metropolitane. In questo caso è presidente della Provincia chi è stato eletto sindaco del capoluogo; pertanto nella Provincia metropolitana di Torino solo gli elettori del capoluogo possono partecipare alla elezione del Presidente della Provincia. Questa norma pone, a mio parere, una delicata ma evidente questione di costituzionalità. E comunque getterà nel caos molte realtà metropolitane: pensiamo alla Provincia metropolitana di Napoli.
Non è tuttavia questo il problema politico su cui siamo invitati a riflettere in questa occasione, quanto quello posto dal clima che sta caratterizzando questo evento nella maggior parte delle realtà provinciali. La riforma avrebbe dovuto portare al superamento di un sistema rappresentativo, che per le Province era basato su candidature uninominali, con elezione diretta del presidente e con ripartizione proporzionale dei seggi del Consiglio provinciale. Ha invece imposto un sistema elettorale “di secondo grado” che esclude i cittadini da ogni scelta politica. Saranno i partiti a scegliere i candidati, e nella realtà i partiti hanno voluto orientare la competizione con “listoni” che mettono insieme candidati appartenenti a partiti diversi, anche radicalmente opposti (come PD e Forza Italia), senza alcuna motivazione programmatica. In qualche caso per mascherare la corsa verso il “partito unico”, si ricorre alla pretestuosa motivazione che si tratta di gestire una fase costituente.
In realtà questa competizione elettorale sta diventando l’occasione per il dilagare di un trasformismo che fa riemergere dalle viscere della storia nazionale gli antichi vizi dell’italietta pre-fascista. Dopo avere criticato il sistema rappresentativo e aver promesso di “cambiare verso” alla politica italiana, si è varata una elezione a “secondo grado”, che esclude del tutto gli elettori dalle scelte politiche fondamentali. Questa “controriforma”, se il testo varato dalla prima lettura del Parlamento non sarà corretto, sarà consolidata in occasione della elezione del Senato delle Regioni. Se questo è il futuro della democrazia, rimpiangeremo il “porcellum”. |