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Preferenze sì, ma senza furbizie
 
di Giorgio Merlo
 

Il nuovo sistema elettorale non è ancora definito ma già fioccano, come da copione, svariate obiezioni sul dopo Porcellum. Dopo la prima versione dell’Italicum, che riproponeva sostanzialmente il Porcellum con le liste bloccate, seppur “corte”, adesso c’è l’intenzione di correggerlo al Senato reintroducendo significative correzioni. A cominciare dalla introduzione delle preferenze e dal ritocco delle cosiddette “soglie” di sbarramento.
Queste due variabili, a parziale correzione della prima versione dell’Italicum, sono significative. Ma, sia per trovare un indispensabile punto di mediazione con altre forze politiche – a cominciare da Berlusconi e Forza Italia – e sia per correggere le storture del passato si corre il serio rischio di varare un sistema elettorale del tutto anacronistico.
Mi soffermo innanzitutto sulle “soglie” dei vari partiti per accedere in Parlamento. Certo, tutti siamo contro una eccessiva frantumazione della rappresentanza parlamentare. Ma è indubbio che il pluralismo politico, soprattutto nel nostro paese, non può essere compresso. Non è possibile tanto per fare un esempio, che un partito che ottiene 2/3/4 milioni di voti non trovi una adeguata rappresentanza in Parlamento se decide di non allearsi con nessun’altra forza politica. Quella rappresentanza è utile non solo per garantire e riconoscere il pluralismo ma anche, e soprattutto, per canalizzare quel consenso politico lungo i rivoli istituzionali. Anche quando si tratta di forze antisistema o vagamente estremiste.
Ma è sulla introduzione delle preferenze che le proposte in campo rischiano di peggiorare ulteriormente la situazione. Se, come pare, si vuole imporre per legge che nei diversi collegi territoriali – dove si dovrebbero eleggere dai 4 ai 5 deputati – il primo della lista di ciascun partito non è soggetto al voto degli elettori ma è direttamente designato dal partito, la preferenza subisce immediatamente un secco ridimensionamento, se non uno sfregio per l’intero impianto della legge elettorale.
È persin ovvio ricordare che con un marchingegno simile ogni partito elegge decine e decine di deputati – a seconda del consenso che ottiene dagli elettori – senza passare dal filtro elettorale. Una metodologia, francamente, curiosa e singolare. Ovvero, le preferenze – se si introducono – devono mettere tutti i candidati sullo stesso filo di partenza per evitare corsie preferenziali e trappole elettorali che possono minare alla radice la credibilità dell’intero progetto.
Certo, tra la preferenza e il collegio uninominale credo continui a non esserci paragone. Ritengo che il collegio uninominale garantisca un miglior e maggior raccordo tra l’eletto e l’elettore, una drastica riduzione dei costi della campagna elettorale e conservi una vera rappresentanza territoriale. Ma l’opposizione di Forza Italia impedisce, purtroppo, questa soluzione.
Dopodiché, sulla reintroduzione delle preferenze persiste una polemica – come traspare anche da vari editoriali sui principali giornali italiani – che evidenzia come questa soluzione sia carica di ricadute negative, dalla potenziale corruzione al voto di scambio, dal costo abnorme delle campagne elettorali alla competizione violenta e selvaggia all’interno dello stesso partito.
Ecco perché quando si parla di “ritorno” delle preferenze occorre sgombrare il campo da equivoci e trappole varie. Anche le preferenze vanno bene, purché il regolamento che le disciplina non sia viziato da escamotage furbeschi e da trappole che avrebbero il solo obiettivo di ridicolizzare il voto del cittadino.