Stampa questo articolo
 
I due forni del PD renziano
 
di Guido Bodrato
 

Le elezioni europee, vinte da Renzi con il 40,8% dei voti, hanno rafforzato la convinzione che si è avviata una “svolta storica”, caratterizzata dalle riforme istituzionali proposte dal leader del PD per“cambiare verso” alla politica italiana.
In realtà questa lettura degli avvenimenti, condivisa da molti commentatori, lascia in ombra il fatto che nelle stesse elezioni europee il 50% degli elettori ha disertato le urne, e il clamoroso successo del “partito del rifiuto” sommato al consenso raccolto dalle liste “populiste”, che hanno sfiorato il 25% dei voti, dimostra che sta dilagando l'anti-politica. È inoltre necessario riflettere sul significato assunto dal successo del PD, che non a caso fa parlare di “Partito di Renzi”; come tutte le rivoluzioni del '900, di destra come di sinistra, anche questa “rivoluzione generazionale”si sta caratterizzando per una forte personalizzazione e per una sempre più evidente concentrazione del potere sul leader, sia nella gestione del partito (con l'emarginazione della minoranza interna) sia nel modello istituzionale che si intende costruire (con una riforma elettorale che porterà a un parlamento dei nominati, per qualche aspetto analogo al “porcellum”).

L'insieme di queste riflessioni ha indotto chi si sente escluso dal “patto del Nazareno”, penso in particolare a Vendola, ad evocare un rischio autoritario che ricorda quello minacciato dalla revisione costituzionale proposta nel 2005 da Berlusconi e Bossi, proposta sconfitta dal referendum popolare.
A questa polemica sul rischio autoritario si sono opposti, nelle ultime settimane, molti politologi di diverso orientamento, i quali hanno fatto notare che la crisi della democrazia rappresentativa e la tendenza a riformare le istituzioni nel senso della “democrazia decidente” (e quindi anche del plebiscitarismo e del “monarca elettivo”, come in Francia), caratterizzano molte società occidentali. Ciò è causato dalla decadenza degli stati nazionali provocata dalla globalizzazione, e dal crescente dominio dell'economia e della finanza sulla politica, che fa prevedere la fine del welfare.
Tuttavia dobbiamo riflettere anche sulle parole pronunciate dal Presidente Napolitano, il quale ha invitato tutti a non esasperare il confronto, a non ricorrere alla polemica sull'autoritarismo, a ricordare che il dibattito sulla revisione della costituzione impone una generale assunzione di responsabilità.

Che siamo alla fine di un ciclo della politica, e in particolare della “repubblica dei partiti”, in una crisi che ha coinvolto anche i partiti nati dalle ceneri della Prima repubblica, è una constatazione che dobbiamo condividere. Ma da questa constatazione deve iniziare una seria e coraggiosa riflessione sulle conseguenze che avrebbe una resa dei democratici alla svolta oligarchica che si è delineata con la stagione berlusconiana.
In realtà Renzi ha potuto “rottamare” il vertice del PD senza trovare una vera resistenza, poiché anche il partito “a vocazione maggioritaria” sta vivendo una profonda crisi di identità. E la necessità di un profondo cambiamento è dimostrata anche dal fatto che dopo le ferie probabilmente non troveremo più nelle edicole i quotidiani che negli ultimi anni hanno sostenuto l'esperienza dell'Ulivo e la politica di centrosinistra, l'Unità ed Europa. Non si tratterà solo di difficoltà finanziarie, ma di una questione di orizzonte politico.
La riflessione dei Democratici dovrebbe soffermarsi, in particolare, su una questione che ricorda i “due forni” di craxiana memoria. Il PD sembra infatti muoversi tra due maggioranze: quella di governo con la destra moderata di Alfano e ciò che resta del centro, e quella delle riforme istituzionali con la destra di Berlusconi, al quale è riconosciuto un diritto di veto che mette con le spalle al muro la stessa minoranza del PD... E ci si dovrebbe ricordare che la maggioranza parlamentare di cui gode il governo Renzi a Montecitorio, è dovuta al “premio” conquistato dalla coalizione del PD con SEL, da cui il PD si è separato subito dopo il voto del 2013...

Io penso che tutti i democratici, anche quelli che non votano per il PD, devono ripensare le crisi storiche delle democrazie del '900, e riflettere sugli errori compiuti prima e dopo la Grande Guerra, di cui tutti i maggiori quotidiani ricordano i cento anni tra 1914/2014.
Quelle vicende storiche non si possono chiudere tra parentesi. Il passato aiuta a riflettere sul futuro.
Un sociologo tedesco, forse il più grande dell'ultimo secolo, convinto difensore del parlamento, si è allora giustificato per aver ceduto – dopo la guerra – all'onda presidenzialista dicendo che “se non eleggiamo il Presidente con il voto, gli uomini che tornano dalle trincee lo eleggeranno con il pugnale”. Max Weber è morto nel 1920; se fosse ancora vissuto, avrebbe giustificato anche l'irresistibile diffondersi delle dittature?


Aldo Cantoni - 2014-08-07
Il "rischio autoritario" non è percepito come tale dalla maggioranza degli Italiani per cui la reazione ad un eccesso di potere è limitata a quei (relativamente pochi) politici che si sentono esclusi dal partecipare al Potere. Prevale un diffuso fatalismo popolare anche perchè la maggioranza degli scontenti (eccetto i pochi fautori della protesta violenta) non hanno alcun riferimento a qualcosa o qualcuno che possa reagire civilmente ed efficacemente alla deriva in atto. La diserzione delle urne temo continuerà.
franco maletti - 2014-08-06
VANITAS VANITATUM Priva di risultati tangibili ed immediati la mitomania vanitosa di Renzi si rivela una specie di ologramma mediatico che si sta lentamente spegnendo. In particolare perchè la debolezza di tutti gli accentratori autoritari come lui sta nella impossibilità di dare la colpa agli altri dei propri fallimenti. Se ci saranno elezioni anticipate vedremo delle sorprese. Anche perchè continuare a fare leggi elettorali blindando le persone da eleggere significa non credere nella saggezza del popolo che si pretende di governare.
giuseppe cicoria - 2014-08-06
Sono stato renziano della prima ora. Ma l'uomo mi ha deluso e preoccupato. Non so se ho capito male io i suoi discorsi o se lui mi ha gravemente ingannato. Sta di fatto che questa affrettata modifica costituzionale, il problema delle province, la legge elettorale, l'accordo con B, le mancate vere riforme, i risparmi spesi prima di farli e lo sperpero delle risorse rubate ai cittadini con corpose patrimoniali (44 miliardi in un anno!), e lo sfascio del PD (esiste ancora un vero partito di sinistra?)mi hanno veramente basito! Avevamo bisogno di riforme ma certamente non questo schifo! Dove sono finite quelle brave persone che conoscevamo per contrastare questa deriva (chiamatela come vi pare)? Si sono nascoste? Hanno paura? O, peggio, si sono velocemente allineate per non perdere la pagnotta?. Penso che a settembre dovremmo vederci per valutare questo cataclisma politico ed ideologico. Cari saluti dal luogo delle vacanze.
giuseppe bonazzi - 2014-08-05
ciao Guido, condivido il tuo ragionamento ma ..alla fine non riesco a capire se tu Renzi lo appoggi o no! Ciao ancora Beppe B.