Chi temeva, sondaggi alla mano, il trionfo di Beppe Grillo e dei suoi compagni di strada è rimasto certamente sollevato dall'esito dell'elezione di domenica scorsa.
In realtà il suffragio per il Movimento 5 Stelle resta molto ampio: per un partito alla sua seconda presenza in lista, il 21% dei voti è un risultato comunque eccellente. Ma la flessione del consenso del movimento grillino è stata accolta in Italia e all'estero in modo tale che persino le borse hanno salutato il "giorno dopo" con un poderoso rialzo, tale da compensare i ripiegamenti delle sedute precedenti.
C'erano tutte le premesse per un successo del comico genovese. Prima tra tutte la frenata dell'economia italiana (uno 0,1% in meno, che sarebbe poca cosa non fosse stato spiegato quasi come un ritorno alla crisi dalla stampa economica); poi l'aumento della disoccupazione, che in particolare tra i giovani sta ormai raggiungendo limiti insopportabili anche per gli anziani che sostengono le finanze dei figli rimasti senza lavoro. Infine, c'è stata l'ormai tradizionale offensiva antipartitica scatenata dai media in seguito alla cresciuta attività dei magistrati in prossimità del voto.
A gonfiare questo "allarme 5 Stelle"sono stati anche i sondaggi di opinione che hanno enfatizzato oltre misura il peso di quella compagine. I sondaggi sono una cosa seria, influiscono nell'economia in modo forte: si lanciano prodotti, si chiudono fabbriche sulla base di indagini di mercato. A decenni di distanza dall'esordio dei poll Gallup, un decente sondaggista non può permettersi di produrre dati tanto sconclusionati.
La storiella sugli italiani che cambiano opinione poche ore prima del voto non ha senso. Lo conferma l'enorme errore commesso anche negli exit poll che descrivono la situazione a voto già espresso (ma non ancora scrutinato). Bene ha fatto la RAI a rinunciare a un rito che ormai si ripete da molti anni. Almeno ha risparmiato quattrini e ha lasciato a Sky e Mentana la figuraccia del caso.
Il grande successo di Renzi ha fatto tirare un gran sospiro di sollievo a molti e ha esaltato i suoi supporter. È legittimo. Forse è persino giustificato dalle promesse fatte (alcune delle quali, come quelle della nuova legge elettorale, noi abbiamo invece criticato). Ma sarebbe bene che esse portino anche a risultati nell'economia, un fatto che finora manca. Il governo deve fare attenzione: i votanti non cambiano opinione nel giro di pochi giorni, ma in un anno il loro giudizio può mutare in modo profondo. E non basterà qualche riforma d'immagine a far crescere il favore verso il governo da parte di chi vede i parenti licenziati, la cassa integrazione che cresce, i pensionati che perdono potere d'acquisto. In fin dei conti, da domenica lo hanno appreso Grillo, Monti e Berlusconi. |