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Il vento degli interessi locali contro l'Europa
 
di Giorgio Aimetti
 

L'avanzata dei movimenti nazionalisti e di protesta nell'Europa dell'euro e non solo assume giorno per giorno aspetti ammonitori.
L'ultimo segnale proviene da oltre confine, dove Marine le Pen ha guidato il Front National a importanti successi nel sud della Francia e ha messo paura sia ai socialisti orfani di Mitterrand sia al tradizionale centrodestra orfano di De Gaulle.
Dati per vincitori (con maggioranza relativa) in Gran Bretagna e Olanda, forti in Austria e Italia (grazie a Grillo e alla Lega) questi schieramenti difficilmente unificabili, ma che esprimono comuni idiosincrasie verso i partiti al potere, raccolgono grandi suffragi in tutti i Paesi dell'Est dove si confondono con i conservatori e rappresentano una deriva inquietante per il futuro del continente.
Ogni movimento nazionalista, o regionalista (sia composto da indipendentisti scozzesi, baschi o catalani, veneti, siciliani o lombardi) rappresenta una minaccia per il futuro della democrazia rappresentativa e porta con sé un'illusione irrealizzabile. Chi chiede l'indipendenza di un pezzo di Paese potrà certo avere la sollecita approvazione d'oltre Atlantico, dove le tendenze isolazioniste si sposano con un disegno antieuropeo tendente a stroncare le speranze di affermazione e di rinascita del vecchio continente, ma si fa portatore di un pericoloso focolaio di tensioni interne e internazionali.
La conseguenza è sotto gli occhi di tutti: il sostegno dato all'Ucraina filo occidentale ha causato la secessione della Crimea. E annuncia scenari inquietanti persino da noi, dove il Veneto è stato chiamato a votare su un'impossibile indipendenza e ha visto, a quanto dicono gli organizzatori, una valanga di sì.
Impossibile indipendenza, occorre dire, dal momento che smembrare il Paese sarebbe la stessa cosa che discutere in modo furibondo sulla ricchezza e sul debito pubblico: si dovrebbe pensare a come si sono creati, e penso che sarebbe una sorpresa per i serenissimi veneziani scoprire che il grande sviluppo del Nordest è stato finanziato, dallo stato democristiano o berlusconiano, in modo assai più ricco di quanto non è avvenuto nei decenni per l'intero Meridione.
Tant'è. L'indipendenza è vista dai cittadini come un modo di riappropriarsi della politica, cioè delle cose concrete da fare, proprio nel momento in cui l'Italia è preda di portatori di interessi forti: banchieri (magari di stato), economisti liberisti, tecnici, industriali più o meno di successo che – al pari della Magistratura – si pongono sopra agli esponenti del potere politico.
C'è, come rivalsa, una richiesta di contare che il popolo del web sfoga verso Il Movimento 5 stelle, e il cittadino comune nella protesta contro la casta che nel contempo riduce, invece che allargare, gli spazi destinati al potere dell'elettore.
Ed ecco l'abolizione delle Province (che sono un luogo nel quale la gente comune può avere voce per la gestione di strade, edifici delle scuole, igiene pubblica) che dovranno pure essere sostituite da altri centri decisionali, probabilmente affidati a tecnici scelti in modo non democratico.
Ed ecco una legge elettorale che una volta di più esclude drasticamente il cittadino dall'esprimere preferenze, e affiderà nel prossimo futuro a una forza politica priva del consenso della maggioranza assoluta dei cittadini il controllo completo dell'apparato dello Stato.