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Città metropolitana, dubbi e opportunità
 
di Giorgio Merlo
 

Ormai è quasi legge. La Provincia di Torino sarà abolita e subentrerà presto la cosiddetta "Città metropolitana". Una gestazione lunga e travagliata, non priva di ostacoli e contraddizioni, e con un enorme punto interrogativo: l'intero territorio della Provincia di Torino sarà meglio, o peggio, governato? Ad oggi, com'è ovvio, non c'è una risposta concreta a questa domanda. Per il semplice motivo che nessuno immagina quale sarà la funzione, il ruolo e l'efficacia della Città metropolitana. I contorni sono oscuri: dal profilo del futuro organo di governo alle competenze specifiche del nuovo Ente, dalla composizione degli organismi agli strumenti concreti per non farne un semplice doppione sbiadito della Provincia.
Ma, al di là delle norme che saranno disciplinate e dando per scontato che si è pagato un prezzo alla demagogia montante della crociata "anticasta" guidata dallo stesso Presidente del Consiglio, credo che alla domanda specifica abbiamo il dovere di dare una risposta credibile. E cioé, al netto della buona volontà del legislatore, è indubbio che è difficile, molto difficile, nel nostro territorio pensare a un governo omogeneo per tutta la Provincia di Torino. La composizione orografica di questo territorio è molto diversa da quello delle altre Province e dalle stesse Città metropolitane in via di formazione. Non si tratta di contrapporre banalmente la Città di Torino e la sua prima cintura con la vasta, variegata e articolata seconda cintura torinese. Ma, molto più semplicemente, prendere atto che senza un Ente che faccia realmente "contare" e "pesare" questi territori lo squilibrio tra la cosiddetta "prima cintura" e "seconda cintura" è destinato a scaraventarsi sulla stessa efficacia e credibilità della Città metropolitana.
E due, allora, sono i nodi da sciogliere al più presto. Innanzitutto le competenze specifiche del futuro Ente. Non può essere un doppione della Provincia e non può neanche trasformarsi in un semplice organismo assembleare, privo di efficacia territoriale. In secondo luogo la composizione degli organismi. Visto che si parla di puro volontariato, è semplicemente impensabile che i sindaci – soprattutto quelli dei piccoli Comuni che sono la stragrande maggioranza della futura Città metropolitana – possano svolgere un compito che assorbe molto tempo. Oltretutto fuori dal proprio Comune dove sono stati eletti direttamente dai cittadini.
Insomma, se è inutile esercitarsi in una contestazione pregiudiziale e preconcetta, è altrettanto indubbio che dalla demagogia anticasta non nasce automaticamente il buon governo. Ogni passaggio della futura e costituenda Città metropolitana di Torino va costruito con equilibrio e buon senso. Le parole d'ordine non possono che essere quelle del pieno coinvolgimento territoriale, della valorizzazione di tutti i territori e del contrasto a ogni forma di emarginazione istituzionale. Per questo anche dalla futura Città metropolitana potrà nascere, o meno, una spinta per rafforzare la democrazia e la partecipazione nel nostro territorio.


marco verga - 2014-04-21
La riforma necessaria in effetti presenti diversi dubbi. Come dice Merlo ancora di più in un'area "metropolitana" come quella attuale della Provincia di Torino che di metropolitano ha poco. Fra l'altro le province erano viste come simbolo dello spreco quando invece forse i maggiori sprechi vengono dalla strutture decentrate dello stato. In ogni caso ora è giunto il momento di ridisegnare tutto il decentramento e speriamo che Renzi riesca in questo importante obiettivo.
giuseppe cicoria - 2014-04-01
L'eliminazione delle Province è un fatto positivo se si raggiunge lo scopo di eliminare sovrapposizioni di decisioni tra i vari enti territoriali per medesimi argomenti. Si elimina un po' di burocrazia e si raggiungono gli scopi con maggiore velocità. Si dovrebbero, però compattare gli uffici con risparmio di personale (graduale) oltre all'eliminazione degli organi politici. Le città metropolitane hanno senso soltanto se vengono organizzate (2° livello) per coordinare l'erogazione dei servizi pubblici essenziali (trasporti, rifiuti, acquedotti, ecc) delle conurbazioni e, per questo basta utilizzare le strutture già esistenti nei vari Comuni, compreso quello politico. Gli altri comuni periferici possono far riferimento a consorzi degli stessi enti e comunque alle Regioni le cui strutture, se vogliono continuare ad esistere debbono espletare funzioni concrete anzicchè gingillarsi in diatribe filosofiche e parolaie ...cessando di sprecare per motivi personali le risorse estorte ai cittadini. Se, invece, si vuol gattopardeggiare cambiando nomi agli enti (area vasta, città metropolitane, con statuti che prevedono addirittura elezioni pubbliche) per continuare a sgovernare,ed, anzi, a peggiorare la situazione, allora è meglio non fare niente! Se Renzi vuol fare una riforma finta e di facciata per mascherare obiettivi di modifiche costituzionali, con derive autoritarie, allora abbiamo passato un bel guaio!
Flavio Rosso - 2014-03-31
Per la definizione territoriale dell'ambito metropolitano ritengo sia importante fare riferimento alle esperienze amministrative passate, non ultima quella della costituzione dei comprensori approvati dalla regione nella seconda metà degli anni 70. Gli studi a quel tempo fatti si erano mossi sulla base di chiari ragionamenti e successive ricerche che avevano portato a individuare tre comprensori che per condizioni socioeconomiche e territoriali avevano elementi di omogeneità. Tutta una serie di funzioni amministrative, necessariamente da esercitare a livello sovraccomunale, (es. la pianificazione territoriale) e tutta una serie di funzioni di natura sociale e occupazionale trovavano, nell'ambito ravvicinato, una vasta articolazione di soluzioni che erano la sommatoria anche solo di opportunità minime. Quindi le opzioni amministrative devono trovare un modello organizzativo che tenga conto delle singole situazioni locali con grande attenzione alla "persona" nei suoi fabbisogni fondamentali: salute, casa lavoro/formazione. E' chiaro come la dimensione dei fenomeni sociali, i grandi numeri, portino fatalmente a tamponare con azioni amministrative nella città dove il malessere può anche diventare oggetto di strumentalizzazioni. Ma una famiglia in stato di bisogno è povera sia a Torino come a Pinerolo