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Cassintegrati e disoccupati
 
di Franco Maletti
 

Quanti sono i cassintegrati in Italia? Centomila, trecentomila, mezzo milione, un milione?
Non so esattamente quanti sono. Ma so che sono persone che hanno il privilegio di avere, in alternativa al licenziamento, il posto di lavoro “sospeso” e, a differenza di tutti gli altri un assegno di sostentamento non di breve entità.
Cosa fanno i cassintegrati “condannati” a questo ozio forzoso? Frequentano musei e biblioteche, giocano, si divertono, studiano, si annoiano?
Io credo che sia un grande spreco che esistano persone pagate per fare nulla: soprattutto quando tante amministrazioni comunali avrebbero bisogno di menti e di braccia (ma non hanno i soldi per pagarle) per fare la manutenzione delle strade e delle rive dei torrenti, per fare assistenza, per intervenire dove necessario: ivi inclusi la pulizia e la messa in sicurezza delle scuole, lo sgombero della neve, la raccolta delle foglie, la manutenzione delle aree verdi, il riordino delle biblioteche, il disbrigo delle pratiche in arretrato ecc… Ma, a quanto pare, “non si può”. Anche se nessuno spiega il perché in modo convincente.
E allora che cosa fanno i cassintegrati? Aiutano le mogli e i mariti nei lavori di casa? Danno il bianco? Puliscono la cantina? Benissimo. E poi?
Io credo che molti di loro lavorino in nero, arrotondando il loro sussidio. Si accontentano di poco, pur di “arrotondare”. Così poco da sbaragliare il mercato da qualunque altro concorrente: magari disoccupato da anni e da anni alla ricerca di un lavoro. Tra il cassintegrato che lavora in nero e il datore di lavoro disonesto che accetta la sua prestazione lavorativa si innesta un accordo “perfetto”: da una parte il cassintegrato sa che il datore di lavoro avrà nessun interesse a denunciarlo perché danneggerebbe anche se stesso (evasione fiscale e contributiva), e dall’altra il datore di lavoro sa che non verrà mai denunciato da un cassintegrato che, facendolo, perderebbe immediatamente il sussidio e verrebbe denunciato per truffa ai danni dell’Ente che eroga la cassa.
Se le cose stanno così, (e temo purtroppo di non sbagliare), allora vuole dire che, fino a quando tutti i cassintegrati non verranno riassorbiti dalle loro aziende di provenienza, per tutti coloro i quali sono disoccupati le opportunità di lavoro sono un miraggio. Infatti, anche accettando eventualmente di lavorare in nero, come si può competere con chi si offre a meno di cinque euro l’ora perché tanto quello che percepisce è un “arrotondamento” al suo sussidio? Forse sarebbe ora di intervenire con controlli più severi, magari sanzionando, insieme ai datori di lavoro disonesti, anche i “poveri” cassintegrati che sgarrano. Ma ancora meglio sarebbe abolire il privilegio della cassa integrazione garantendo un sussidio minimo a tutti coloro che sono disoccupati. Occorrerebbe, drasticamente, consentire la licenziabilità dei dipendenti di quelle aziende dove le prospettive di rientro al lavoro sono quasi nulle o abbracciano l’arco di anni. Ma qui ci si scontra con i Sindacati, che difendono i privilegi dei loro iscritti a danno di tutti gli altri lavoratori, magari accampando il rischi di disordini sociali qualora un’azienda di medie o grandi dimensioni chiudesse i battenti per sempre per mancanza di lavoro. E oggi, in Italia, chi ha il coraggio di mettersi contro i Sindacati? Soprattutto quando, anche il “rivoluzionario” Renzi, privilegia per la sua proposta di riforma del lavoro, proprio un sindacalista come Landini? Tutti sanno che in Italia, anche se è molto lungo e complicato riuscire ad aprire un’azienda, chiuderla è forse ancora più complicato.
E stando così le cose, quale interesse può avere per venire in Italia, nonostante i costi proibitivi di gestione, un investitore estero?


Stefano Lepri - 2014-04-03
Il Jobs act di Renzi prevede proprio ciò che tu dici: basta cassa integrazione nel caso di imprese che chiudono. E il Ministro ha detto che i cassintegrati dovranno fare lavori di pubblica utilità.