15 gennaio 2014: Roberto Cota viene rinviato a giudizio nella Rimborsopoli piemontese. Brilla l’episodio delle “mutande verdi” finite, per errore o no, fra centinaia di migliaia di euro di scontrini, in mezzo a quelli di decine di consiglieri regionali, rimborsi spese fra i più eterogenei e strampalati, dalle cene consumate in contemporanea nei luoghi più lontani alle ricariche telefoniche dei figli, dai campanacci per vacche alle cravatte. Il rinvio a giudizio segue l’annullamento, da parte del TAR, dopo una lunga vicenda giudiziaria, per firme false, delle elezioni regionali che avevano portato Cota ad essere quattro anni fa il Presidente della Regione Piemonte.
Eppure solo nel giugno 2013 Roberto Cota ha compiuto vent’anni di carriera politica. Infatti nel giugno del 1993 Novara – in contemporanea con la Milano di Formentini – vedeva il trionfo della Lega Nord, in solitaria, che presentava come sindaco Sergio Merusi, un docente di cinquant’anni della Bocconi, già DC e poi nicolazziano (ora non più leghista da tempo). Tangentopoli produceva i suoi primi effetti a Novara: un voto di protesta, inatteso e imprevedibile per dimensioni, travolgeva esponenti socialdemocratici, socialisti, democristiani, che avevano detenuto per molti anni posizioni di potere locale e nazionale.
Il galliatese Roberto Cota è allora il segretario cittadino del Carroccio novarese, neanche ventiquattrenne studente di giurisprudenza. Eletto con una manciata di preferenze in Consiglio comunale, entra subito in Giunta con il prestigioso incarico di assessore alla Cultura. Vicesindaco è Luciano Bistaffa, due anni più tardi allontanato dall’incarico e dalla Lega per aver fatto pubblicità a uno studio dentistico privato sul foglio del Comune di Novara, nonostante fosse anche diventato deputato della Lega dal ’94 al ’96.
I 16 consiglieri comunali della Lega presto si assottiglieranno, Forza Italia se ne prenderà qualcuno, la maggioranza lascerà la politica e, addirittura, alla fine del mandato di Merusi il Consiglio comunale rimarrà incompleto per l’indisponibilità dei non eletti a surrogare i tanti dimissionari delusi e subito disaffezionati alla politica. La Lega pagherà l’improvvisazione con lo scotto di cinque anni all’opposizione, con Cota capogruppo in Comune, per tornare nel 2001 alla guida di Novara con Giordano.
Cota viene subito definito – per i modi più civili, il contegno educato, l’eleganza – il “leghista in doppiopetto”. È quello che si difende meglio nei dibattiti, acculturato e che mastica un po’ di politica, anche se gli esordi sono insignificanti: del suo impegno di assessore alla Cultura si ricorda solo una prima di opera lirica con il direttore Veronesi jr., dato in quota alla Lega, e la presenza di Irene Pivetti, presidente della Camera e non ancora star tv, insieme ad attacchi forsennati ai dipendenti e alle altre forze politiche.
Cota però abbraccia subito l’alleanza con Forza Italia, allaccia rapporti con ambienti ecclesiastici, economici, imprenditoriali, si accredita come il nuovo ma non volgare. Fa asse di ferro con l’altro emergente della Lega novarese Massimo Giordano, assessore ai Lavori pubblici nella giunta Merusi, che poi lo seguirà a Torino, dopo essere stato Sindaco di Novara, e qui finirà in rotta di collisione con il suo vecchio/giovane sodale Cota. I due nel tempo si divideranno i ruoli: la politica locale a Giordano che sarà sindaco di Novara per due mandati, ben 9 anni, che frutteranno alla Lega un quasi 20% di consensi in Novara; a Cota la politica nazionale, la Camera, il sottosegretariato all’anticontraffazione, uno dei cavalli di battaglia della Lega. Giordano, da attaccante delle burocrazie comunali, ben presto candida la Lega ad essere il partito anche dei dirigenti comunali, il partito del territorio e dei suoi problemi, e delle sue istanze anche spicciole da far valere a Roma.
Determinante è la fedeltà che Cota e Giordano dimostrano al capo Umberto Bossi: se perfino Maroni ad un certo punto tentenna fra Berlusconi e il Senatur, Giordano e Cota sono sempre fedelissimi, una roccaforte sicura per Bossi nelle frequenti scissioni della Lega.
Fedeltà alla Lega, alle sue battaglie, da quelle contro le moschee ai cartelli stradali in vernacolo, dagli attacchi alla Caritas perché assiste gli extracomunitari alla battaglia per il crocifisso, ma anche capacità di bucare il folclore per presentarsi come un partito giovane, dinamico, efficiente, concreto.
Per molti anni la retorica del partito diverso contro “Roma ladrona”, che ha spazzato la vecchia corrotta politica, annega però molti ragionamenti e principi, anche con un occhio di superiorità rispetto al berlusconismo e al personale politico locale novarese di Forza Italia, in parte proveniente dai vecchi partiti della Prima Repubblica. Alla Lega novarese di Cota e Giordano si avvicinano anche professionisti, imprenditori, insegnanti, giovani anche di estrazione cattolica e moderata.
Per ingrandirsi però la Lega di Cota non guarda tanto per il sottile e qualche volta imbarca riciclati e un po’ di tutto, specie dopo aver vinto in volata la corsa alla presidenza del Piemonte; soprattutto in ambienti come la sanità pubblica e privata, dove la vicinanza al Governatore può giovare.
Le elezioni regionali del 2011 segnano però la crisi del rapporto Cota-Giordano e Lega-Novara: Cota vorrebbe imporre il suo “spin-doctor Giuseppe Cortese, Cota non vuole e il candidato prescelto sconosciutissimo mancherà di poco il ballottaggio per poi perdere contro Andrea Ballarè, PD di radici popolari.
Poi, in pochi mesi, la Bossi’s Family, un po’ balcanica e un po’ meridionale, l’emarginazione del Senatur, il crollo della Lega a livello nazionale, l’ascesa di Maroni e Salvini, le mutande verdi, la decadenza decisa, pur a passo lento, dal TAR.
Se Cota si era presentato come un “rottamatore” degli anni ’90, oggi, poco più che quarantenne, si ritrova rottamato. |