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I Popolari nel PD di Renzi
 
di Alessandro Risso
 

Le primarie del Partito Democratico sono alle spalle e hanno incoronato Matteo Renzi segretario. Ai fini del nostro dibattito sul popolarismo nel PD questo passaggio non cambia nulla, dato che la vittoria del sindaco di Firenze era ampiamente scontata. Possiamo aggiungere due sole annotazioni.
La prima. Veltroni, con il suo “partito a vocazione maggioritaria” era riuscito nell’intento – voluto o meno che fosse – di tenere fuori dal Parlamento i comunisti. Da quella batosta elettorale Rifondazione & C. non si sono più ripresi, pur in una situazione di crescente disagio sociale che non riescono politicamente a intercettare. Nella “ditta” (copyright Bersani) Renzi è riuscito nell’impresa di ridimensionare il “socio di maggioranza” al deludente 18% ottenuto da Cuperlo. La dirigenza ex DS capeggiata da D’Alema è destinata, volente o nolente, a finire nelle retrovie, come già è capitato agli ex Margherita. Rimangono ancora in campo Fassino e Franceschini, lesti a salire sul carro del vincitore annunciato, ma ormai il passaggio generazionale è avvenuto. Come ha ben dimostrato la composizione della nuova segreteria nazionale appena nominata da Renzi.
Seconda osservazione. L’affluenza ai seggi ha tenuto. A tre giorni dalla chiusura dei seggi continuano a mancare i dati definitivi – strano – ma prendiamo per buono numero fornito da Epifani, di 2.900.000 votanti. Un anno fa erano stati circa 200.000 in più, ma alla vigilia si temeva un calo di partecipazione ben maggiore, causato anche dal diffuso malcostume del tesseramento gonfiato da truppe cammellate di vario orientamento. Il “popolo delle primarie” mantiene la sua consistenza e si è espresso per la discontinuità con una maggioranza schiacciante dell’80%, se sommiamo il consenso di Civati a quello ottenuto da Renzi.
La netta vittoria di quest’ultimo rende ancora più necessaria la riflessione su come evolverà il suo PD e su come noi Popolari ci troveremo. A pochi giorni di distanza rimane interamente valida la base di discussione che ho esposto nel precedente articolo (“Nel PD è morto il popolarismo”) che ha innescato un ampio dibattito. Grazie a tutti coloro che sono intervenuti. I tre interventi più articolati – di Baviera, Merlo e Tolardo – sono anche stati proposti come articoli autonomi.
Raccolgo degli spunti per precisare qualche concetto e rilanciare il nostro confronto.
Non entro qui nel tema sollevato da Mila e mi limito a constatare la ribadita contrarietà del nostro mondo alla possibilità di adozione per le coppie gay: scelta che non riguarda solo i diritti di due adulti, ma coinvolge anche un minore. Così come non mi addentro sul vasto tema delle Autonomie locali posto da Cicoria: il decentramento sin qui visto ha dei limiti, ma la risposta non è il neo centralismo, bulimico e inefficiente, dello Stato a cui si aggiunge quello delle Regioni. Ma torneremo su questo argomento. Rimango alle forti divergenze tra Renzi e i valori del popolarismo. Prendo atto che nessuno degli intervenuti contesta nel merito la “presa di distanza” dal neo segretario sulle questioni esposte. Anzi, c’è chi ha aggiunto all’elenco delle critiche la sua volontà di confluire senza porsi problemi nel gruppo del Partito socialista europeo (Campia), l’assoluta contrarietà – che riteniamo una scivolata demagogica – a qualunque forma di finanziamento pubblico dei partiti (Canalis), e il fastidio provato verso la Consulta che, liquidando il “porcellum”, ha complicato il veloce ritorno a elezioni anticipate (Tolardo). Malgrado le molte riserve, tanti lo hanno votato nella convinzione che sia stata necessaria una “spallata” per disarcionare la vecchia ed egemonica dirigenza post-comunista, autentica zavorra per il partito.
Come ha scritto Carlo Baviera, “urge qualcuno che interpreti i contenuti che tu indicavi in dissenso rispetto al renzismo e abbia capacità comunicative per farle diventare progetto politico, candidandosi a un ruolo di leader per le prossime occasioni”. E questo, a parere suo e di Monica Canalis, ancora dentro al Partito Democratico. Dopo tutto persino gli amici del “io l’avevo detto” (Cantoni e Campia) sono così onesti da ammettere che alternative al PD non ce ne sono. Anche se Giorgio Merlo esplicita la possibilità che i cattolici democratici “possano convergere tutti, seppur con altre esperienze e altri apporti, in un medesimo soggetto politico (…) politicamente e culturalmente più affine, più coerente e più funzionale alla nostra storia, ai nostri valori e alla nostra cultura”.
Ma le idee camminano con le gambe delle persone, e oggi nel PD – e fuori dal PD – non si vede chi possa farsi paladino della nostra tradizione e delle nostre proposte. Forse Enrico Letta una volta libero da lacci, compromessi e veti incrociati della sua attuale, prestigiosa ma scomoda, carica? O forse riterrà più utile per il suo futuro rimanere il più possibile super partes – in un ruolo alla Giuliano Amato, per intenderci – rinunciando a entrare nella contesa politica interna al partito?
C’è la possibilità concreta che il PD si trasformi in PDR, Partito di Renzi. Non posso dire che questo sia un male in assoluto, vista la necessità di cambiare tante cose che non funzionano in questo disastrato Paese e aprendo un credito verso il nuovo leader del PD come motore del cambiamento. Ma “cambiare verso” dove?
Come ha scritto il nostro amico senatore, e convinto renziano, Stefano Lepri sul suo blog, “ora abbiamo la forza per mettere definitivamente da parte il ‘verso’ dell’Italia e del PD che non sopportiamo più: il vizio egemonico, il consociativismo, la melma di sistemi elettorali che non fanno decidere e aumentano il debito pubblico, la protezione delle solite categorie e professioni, lo strapotere della burocrazia, l’influenza indebita della politica nella giustizia e viceversa, gli intrecci perversi tra banche, imprese e cosa pubblica, l’egoismo di chi ha avuto di più e si lamenta pure, la trascuratezza dei beni più preziosi cioè l’educazione, la cultura, il territorio…”.
Come sempre conteranno i fatti, non i proclami. Staremo a vedere se, una dopo l’altra, le decisioni prese andranno a favorire riforme all’insegna dell’efficienza e dell’equità – colpendo al cuore ingiustificati privilegi, corruzione, evasione fiscale – oppure se assisteremo principalmente a furbizie di demagogia mediatica, scivolando sempre più verso una inesorabile deriva personalistica e plebiscitaria.


Stefano Godizzi - 2014-01-22
Analisi molto pertinente, che contrasta col bla bla che quotidianamente congestiona le cronache politiche. Purtroppo abbiamo la tentazione di lasciarci andare alle suggestioni anzichè andare al nocciolo delle questioni ed analizzarle senza pregiudizi. Ora che il trionfo del nuovo ci promette nuove frontiere dovremmo essere comunque guardinghi e concreti. Il PD non può essere un partito personale o padronale. Ne va della sua stessa esistenza. Il popolarismo ha ancora molte molte cose da dire...
Beppe Mila - 2013-12-18
Non sempre si possono addossare agli altri le colpe (non dico di un fallimento) ma di un progetto non sviluppatosi come avremmo voluto che si sviluppasse. Vedo che il tema dei popolari nel PD è molto dibattuto e in generale tutti quelli che hanno dato il loro contributo lo hanno fatto con cognizione di causa e in modo propositivo. Mi pare che manchi però un po’ di autocritica , autocritica seria e che guardi al presente non al passato. Premetto che personalmente penso che in un Paese come l’Italia, il cittadino medio, per la sua storia, per il suo modo di vivere non amante degli eccessi e delle fughe in avanti, che cerca sicurezza, non potrebbe che essere un democratico popolare, se non lo è più bisogna domandarsi il perché. Credo che le cose non avvengano mai per caso. Se un quarto degli elettori sceglie un demagogo arrabbiato come Grillo, se l’80% dei votanti ad una competizione sceglie un determinato candidato è perché è successo qualcosa. È successo che i Popolari con tutto il loro rispettabile bagaglio culturale e politico non sono stati in grado di garantirsi un terreno sociale favorevole. A forza di tollerare e mai dire nulla si arriva agli estremismi di piazza dei Forconi, a forza di dire sempre che gli extracomunitari salvano la nazione mentre tutti sono incazzati per i pedaggi abusivi che devono pagare nei posteggi e altri piccoli soprusi quotidiani si arriva a considerare il grillismo come un dogma. È vero che se non ci fossero gli immigrati , tanti lavori non sarebbero più svolti, ma è altrettanto vero che in Italia su 60.000 detenuti, ben 20.000 sono extracomunitari, quando si parla occorre spiegare sempre bene le due facce di una medaglia). Ma rimaniamo molto vicino al mondo del popolarismo, cito due esempi soli, uno locale tutto piemontese, l’altro nazionale. Caso Piemonte: a fronte di una sentenza passata in giudicato sulla truffa di Giovine che con la sua lista dei pensionati fece vincere Cota, il Piemonte continua ad essere governato con sicumera dalla destra. La battaglia per invalidare questo risultato è stata condotta in splendida solitudine da Mercedes Bresso. Ora, per molti la Bresso sarà pure una mangiapreti, ma è stata ed è un’esponente di primo piano del centrosinistra, non aiutarla in questa battaglia ha allontanato da noi ulteriori fette di elettorato. Pensate che la gente queste cose non le noti? Suvvia… Caso nazionale: dell’eroica carica dei 101 franchi tiratori che hanno impallinato Prodi molto si è detto, ma il mondo popolare non mi pare che si sia stracciato le vesti per l’eliminazione di Prodi, eliminazione avvenuta in modo stupido, prima ancora che cattivo e autolesionistico. Pensate che dico ciò perché sono un inguaribile vecchio romantico prodiano? Si, lo sono anche, ma sono in buon compagnia, vi suggerisco un piccolo test: leggetevi il libro di Sandra Zampa “I tre giorni che sconvolsero il PD” dove l’ultima parte (da pag.120 a pag. 157) riporta fedelmente e testualmente un campionario delle lettere e e-mail inviate agli organi dirigenti del PD in quel frangente. Scoprite quante sono e soprattutto di che tenore sono… E poi ci ingarbuglia per capire come mai Renzi raccoglie l’ottanta per cento dei voti? Ma dai , insomma, siamo seri. E meno male che alla fine Gianni Cuperlo ha avuto il coraggio di scrollarsi di dosso il peso dei fans delle orecchiette pugliesi e dei tortelli emiliani e accetterà la presidenza del partito. Invece sempre per rimanere a livello locale trovo che la mancata elezione all’assemblea nazionale di un personaggio del calibro di Gianna Pentenero, semplicemente perché era nella lista sbagliata sia un altro dei danni collaterali che il popolarismo sta subendo . In ultimo, giusto per la cronaca e non per autocelebrazione, nel libro di Zampa è riportata anche la lettera che scrissi in primavera e che venne pubblicata sul sito “Perildomani” con il titolo “Devo spegnere la luce”, lettera che ovviamente non ricevette alcuna risposta . P.S. Giusto per ricordare come vanno le cose: nella settimana in cui è decaduto Berlusconi, Romano Prodi su invito di papa Francesco si è recato dopo anni in Vaticano per tenere la prima di un ciclo di quattro Lectio Magistralis. Va rimarcato che nella campagna elettorale del 2006 il cardinale Ruini emise un diktat in cui si proibì a qualsiasi giornale cattolico di intervistare Romano Prodi. La CEI aveva scelto Berlusconi. A posteriori un pensierino sul comportamento dei cattolici in questo frangente non andrebbe fatto?
Arnaldo Reviglio - 2013-12-16
Quante parole! Questo risultato era più che mai necessario, e non era scontato con così largo margine. E aggiungendo il risultato di Civati si deduce che la necessità di cambiare verso era indilazionabile. La speranza è che ora Renzi possa lavorare e che i Popolari lo aiutino (almeno tutti quelli che non ne potevano più). Se il popolare Renzi non avesse avuto tanto ostruzionismo un anno fa forse non saremmo in questa situazione. Sicuramente contano i fatti, ma da come eravamo messi non potevamo aspettarci ancora qualcosa. Se non altro ora possiamo sperare.
beppe mila - 2013-12-14
Solo perchè non tutti possono avere letto il mio intervento precedente, scrivo perchè in questo articolo sembra che io sia pro-gay, nulla di più sbagliato, anzi... ( e mi fermo). Però bisogna prender atto che ci sono, sono potenti, o meglio sono molto fashion e bisogna quindi tenerne conto. E' un pò come dire che non amiamo i cinesi per il loro basso costo etc. etc., però la Cina c'è e bisogna tenerne conto. Tutto qui.
giuseppe cicoria - 2013-12-13
Naturalmente concordo con l'utilità e necessità di discutere sul delicato argomento del destino dei "popolari cattolici". Ho votato Renzi perchè ha modificato alcune sue idee sopratutto sul progetto di modifica dell'art. 138 della Costituzione, dimostrando, così, di essere attento a quello che la gente suggerisce, e ciò senza essere tacciato con l'orrida parola di "populista". Ovviamente mi spavento se il partito possa anche provocatoriamente essere definito con la sigla PDR. Non ho mai guardato con interesse le formazioni politiche che si identificano con un "leader" perchè il prevalere di un uomo è sempre foriero di guai; e noi, in Italia, ne sappiamo qualcosa!
Tiziano Muliere - 2013-12-12
Sono completamente d'accordo,il centro del problema è proprio quello di cui sopra,essendo anch'io figlio del popolarismo e del Cattolicesimo Democratico ossia sentendomi anch'io pur'avendo solo 24 anni figlio del Cristianesimo Democratico e del Cattolicesimo Politico,penso che questo é un dibattito utile per noi Popolari come scrive Giorgio Merlo ed utile anche per il PD.
giorgio merlo - 2013-12-11
Ottima sintesi politica e giornalistica. Comunque sia, un buon dibattito e un salutare confronto di idee. Utile a noi Popolari e, credo, utile anche al Pd. Vedremo.