Troppo poco è stato il risalto dato alla morte di Emilio Colombo, ultimo costituente, scomparso un paio di settimane fa, all’età di 93 anni. Eppure un personaggio di quella levatura avrebbe meritato ben altro spazio sui giornali, soprattutto se si confronta il suo spessore umano e culturale con quello di certi figuri che si aggirano nella nostra misera politica attuale.
Colombo potrebbe venir definito il centrista moderato per eccellenza, lui che nella DC, entrato giovanissimo dopo l’esperienza nella FUCI, riuscì sempre a restare in perenne equilibrio, al di fuori delle grandi correnti dello scudo crociato. Poco tentato dai grandi disegni della sinistra morotea ma nello stesso tempo troppo legato alle questioni sociali della sua terra, la Basilicata, per rinchiudersi nell’ala conservatrice del partito, sorda a qualsiasi conato riformista.
Nato nel 1920 a Potenza, venne eletto ad appena 26 anni alla Costituente, uno dei più giovani deputati della prima assemblea legislativa scelta dai cittadini dopo il ventennio fascista. Da lì in poi una carriera politica contrassegnata da una lunga permanenza ministeriale. Nel corso degli anni lo troviamo all’Agricoltura, al Tesoro, al Bilancio, agli Esteri: lo sguardo puntato sulla politica nazionale senza però dimenticare mai la sua Basilicata, per affrancarla da una cronica arretratezza e collegarla ai grandi assi dello sviluppo. Il grande salto avviene nel 1970, quando dopo la crisi del governo Rumor, fu chiamato a Palazzo Chigi a guidare un quadripartito DC-PSI-PRI-PSDI, senza particolari orizzonti riformatori da inseguire, quasi un esecutivo di decantazione, tipico di quelle lontane stagioni politiche. Dopo l’esperienza come premier lo ritroviamo nuovamente ministro in successivi governi. Nel 1977 viene eletto presidente del Parlamento europeo, carica che manterrà per un biennio.
Del resto l’europeismo è la sua vera caratura, come è naturale per un esponente del cattolicesimo politico a vocazione internazionalista. Con la fine della DC si schiera con il PPI, mai tentato (in questo degno erede di De Gasperi) da qualsiasi scivolamento verso la destra conservatrice. Vorrebbe forse il ritorno della DC o, per lo meno, un PPI non troppo legato al carro della sinistra, ma i tempi sono quelli che sono, con un bipolarismo che obbliga tutti a schierarsi. Da un parte o dall’altra, senza ombra di possibili mediazioni.
Partecipa nel 2001, con Andreotti e D’Antoni, al tentativo di Democrazia Europea (un nome, un programma) di scardinare i poli, proponendo una forza di centro nel bel mezzo dello scacchiere politico. Ma ormai gli italiani sono abituati al sistema bipolare e, in questo senso, Colombo è quasi un sopravvissuto, erede di una stagione che è davvero consegnata alla storia. Nel 2003 viene nominato senatore a vita e rientra nell’arena pubblica dalla porta principale. Quest’anno lo ricordiamo a Palazzo Madama nel mese di marzo a presiedere, come membro più anziano, la seduta inaugurale della XVII legislatura. Per poche settimane, dopo la morte di Andreotti, rimane l’ultimo costituente ancora in vita.
Figlio davvero di un’altra epoca sotto tutti i profili. Epoca di forti idealità e di grandi contrapposizioni ideologiche. L'europeismo democratico cristiano, il solidarismo interclassista, una libertà mai disgiunta dall'equità sociale, sono stati la bussola della sua lunga vita politica. Una bussola tuttora valida e con la quale si potrebbe davvero riaprire una nuova e proficua fase politica per il nostro Paese. |