La Legge di bilancio, approvata dal Governo nelle settimane scorse, mostra una certa attenzione all'equità sociale e cerca di rilanciare la crescita con gli investimenti pubblici. Una matrice espansiva favorita anche da un contesto economico migliore del previsto.
Sette i principali capitoli lungo cui si snoda il provvedimento: fisco, ammortizzatori sociali, reddito di cittadinanza, pensioni, bonus energetici, imprese e sanità. Protezione sociale e fiscalità le voci su cui si concentrano gli stanziamenti più cospicui, rispettivamente 4,5 ed 8 miliardi.
Sugli ammortizzatori sociali l'obiettivo è di conseguire una protezione universale per tutti i lavoratori indipendentemente dal settore produttivo o dalle dimensioni dell'impresa. Ecco allora l'estensione alle aziende fino a cinque dipendenti della Cassa integrazione ordinaria (Cig), mentre quella straordinaria (Cigs) sarà disponibile per tutte le realtà con più di 15 dipendenti. Inoltre anche i lavoratori discontinui (agricoltura, turismo, ecc..) potranno godere della Naspi (Nuova assicurazione sociale per l'impiego), ossia dell'indennità di disoccupazione.
Sul fisco è già emersa la proposta del Governo per ridurre le aliquote dei redditi delle classi medie. Vedremo se questo assetto, già finito sotto il fuoco incrociato di Confindustria e sindacati, sarà davvero quello definitivo o se invece ci sarà qualche aggiustamento. Non è però di questo che si vuole parlare, in quanto l'argomento, per la sua importanza, merita di venir trattato in maniera più approfondita.
Emergono invece – ed è questo il tema che si vuole mettere a fuoco - almeno tre punti della manovra su cui andrebbe fatta qualche riflessione in sede parlamentare. Il primo punto riguarda il Reddito di cittadinanza. Condivisibile che il beneficiario debba accettare almeno una delle due offerte di lavoro che gli vengono rivolte, perdendo il sussidio in caso di rifiuto. Bisognerebbe però meglio calibrare le offerte. Bene la prima entro gli 80 km di distanza, improponibile la seconda a valere su tutto il territorio nazionale: un'estensione geografica talmente ampia da risultare, in concreto, del tutto impraticabile. Converrebbe piuttosto circoscrivere l'estensione alla sola Regione e per le Regioni più piccole aumentando la distanza a cento chilometri.
Secondo punto il bonus del 110 per cento. Intanto sembra poco meditata la riduzione dello sconto al 70 per cento nel 2023 e al 65 nel 2024. Se proprio si ritiene eccessivo il bonus attuale – cosa su cui si può facilmente convenire - ci si attesti allora su un 90 per cento, stabile per l'intero biennio 2023-24. Del tutto assurda poi l'esclusione dallo sconto, già nel 2022, per le case unifamiliari i cui proprietari hanno un Isee superiore a 25mila euro. Un limite di reddito talmente basso che rischia di penalizzare proprio quelle fasce di ceto medio potenzialmente più disponibili ad effettuare la riqualificazione energetica del proprio immobile. Innalzare la soglia ad almeno a 50mila euro pare la cosa più sensata proprio per incentivare il più possibile questo genere di lavori per le loro ricadute positive sui consumi di energia e, in definitiva, sull'ambiente.
Peccato infine - ed è il terzo punto – aver rinviato al 2023 la tassa sullo zucchero e sulla plastica. Si parla sempre di fiscalità ecologica ma poi, a conti fatti, si rinuncia in partenza a farla decollare. Ricordiamoci che questo è solo l'antipasto di un piatto ben più complicato e sostanzioso: l'ormai prossima abolizione - in ottemperanza agli accordi sul clima - di tutte le agevolazioni fiscali connesse alle emissioni di carbonio nell'atmosfera. Se già adesso si frena sulla plastica, figuriamoci cosa accadrà quando entreranno in campo le spinte corporative per mantenere in vita i sussidi inquinanti.
Sette i principali capitoli lungo cui si snoda il provvedimento: fisco, ammortizzatori sociali, reddito di cittadinanza, pensioni, bonus energetici, imprese e sanità. Protezione sociale e fiscalità le voci su cui si concentrano gli stanziamenti più cospicui, rispettivamente 4,5 ed 8 miliardi.
Sugli ammortizzatori sociali l'obiettivo è di conseguire una protezione universale per tutti i lavoratori indipendentemente dal settore produttivo o dalle dimensioni dell'impresa. Ecco allora l'estensione alle aziende fino a cinque dipendenti della Cassa integrazione ordinaria (Cig), mentre quella straordinaria (Cigs) sarà disponibile per tutte le realtà con più di 15 dipendenti. Inoltre anche i lavoratori discontinui (agricoltura, turismo, ecc..) potranno godere della Naspi (Nuova assicurazione sociale per l'impiego), ossia dell'indennità di disoccupazione.
Sul fisco è già emersa la proposta del Governo per ridurre le aliquote dei redditi delle classi medie. Vedremo se questo assetto, già finito sotto il fuoco incrociato di Confindustria e sindacati, sarà davvero quello definitivo o se invece ci sarà qualche aggiustamento. Non è però di questo che si vuole parlare, in quanto l'argomento, per la sua importanza, merita di venir trattato in maniera più approfondita.
Emergono invece – ed è questo il tema che si vuole mettere a fuoco - almeno tre punti della manovra su cui andrebbe fatta qualche riflessione in sede parlamentare. Il primo punto riguarda il Reddito di cittadinanza. Condivisibile che il beneficiario debba accettare almeno una delle due offerte di lavoro che gli vengono rivolte, perdendo il sussidio in caso di rifiuto. Bisognerebbe però meglio calibrare le offerte. Bene la prima entro gli 80 km di distanza, improponibile la seconda a valere su tutto il territorio nazionale: un'estensione geografica talmente ampia da risultare, in concreto, del tutto impraticabile. Converrebbe piuttosto circoscrivere l'estensione alla sola Regione e per le Regioni più piccole aumentando la distanza a cento chilometri.
Secondo punto il bonus del 110 per cento. Intanto sembra poco meditata la riduzione dello sconto al 70 per cento nel 2023 e al 65 nel 2024. Se proprio si ritiene eccessivo il bonus attuale – cosa su cui si può facilmente convenire - ci si attesti allora su un 90 per cento, stabile per l'intero biennio 2023-24. Del tutto assurda poi l'esclusione dallo sconto, già nel 2022, per le case unifamiliari i cui proprietari hanno un Isee superiore a 25mila euro. Un limite di reddito talmente basso che rischia di penalizzare proprio quelle fasce di ceto medio potenzialmente più disponibili ad effettuare la riqualificazione energetica del proprio immobile. Innalzare la soglia ad almeno a 50mila euro pare la cosa più sensata proprio per incentivare il più possibile questo genere di lavori per le loro ricadute positive sui consumi di energia e, in definitiva, sull'ambiente.
Peccato infine - ed è il terzo punto – aver rinviato al 2023 la tassa sullo zucchero e sulla plastica. Si parla sempre di fiscalità ecologica ma poi, a conti fatti, si rinuncia in partenza a farla decollare. Ricordiamoci che questo è solo l'antipasto di un piatto ben più complicato e sostanzioso: l'ormai prossima abolizione - in ottemperanza agli accordi sul clima - di tutte le agevolazioni fiscali connesse alle emissioni di carbonio nell'atmosfera. Se già adesso si frena sulla plastica, figuriamoci cosa accadrà quando entreranno in campo le spinte corporative per mantenere in vita i sussidi inquinanti.
Ecco la dimostrazione che anche senza essere grandi economisti il buon senso può agevolmente supplire. Bravo Novellini! Meriterebbe infine che qualche specialista commentasse i criteri di calcolo dell’ ISEE, che mi sembra ignorino totalmente gli aspetti di fruibilità della “ricchezza” e si limitino al puro dato numerico.