Vaccini, tra obbligo e green pass



Massimo Molteni    6 Settembre 2021       2

Il vaccino anticovid è uno strumento fondamentale nel contrasto alla pandemia Covid.

Ogni sforzo deve essere fatto affinché le persone siano aiutate a comprendere come, allo stato attuale delle conoscenze, il vaccino sia uno strumento efficace per controllare la diffusione del virus, ridurre la probabilità di contrarre il virus, ridurre in maniera significativa la possibilità di contrarre in forma grave la malattia.

Vaccinarsi è un dovere morale e civile, oltre che un dovere deontologico per alcune specifiche professioni.

L’obbligo normativo, per legge, generalizzato e diffuso a tutta la popolazione è invece una opzione assai discutibile e non giustificata per tutti coloro che fondano il loro agire politico e sociale sul concetto di “personalismo”, nell’accezione di Mounier, di Guardini, e su questa visione dell’uomo nel suo incedere esistenziale e sociale che ha in san Paolo VI un suo epigono fondamentale.

La persona con i suoi diritti, le sue libertà, anche i suoi errori, se è il centro dell’agire politico e sociale, non può essere subordinata a nessuna altra ragione etica superiore, se non per periodi brevi e in situazioni del tutto eccezionali.

Il dramma della pandemia, ha profondamente segnato questi ultimi due anni del nostro vivere comune e ha fatto scoprire tutte le fragilità di un mondo globale e interconnesso, ma nel contempo privo di una profonda consapevolezza sociale e comunitaria: l’individualismo assurto a divinità assoluta, che fa tanto comodo al capitalismo globale e al suo mercato libero da ogni vincolo, ha reso evidente i suoi pericolosi limiti strutturali.

La dimensione personalistica, se messa al centro dell’agire sociale e politico, implica il rispetto della persona, anche quando sbaglia, e pone un limite invalicabile alla invasività dello Stato e di qualsiasi altra entità organizzata.

Chi assume come bussola del proprio vivere il personalismo, sa bene che ciò implica una consapevole assunzione di responsabilità e di doveri verso gli altri e verso la collettività: una politica coerente deve agire per promuovere e facilitare tutti i comportamenti individuali e sociali che concorrono a valorizzare la responsabilità individuale (ecco perché, per inciso, un partito fondato sul personalismo ha l’obbligo di proporre sistemi di voto proporzionali e con la libera espressione delle preferenze: il sacrosanto problema della “governabilità” non può essere risolto negando il valore prioritario della libera scelta individuale e la responsabilità di adempiere conseguente al proprio ruolo di cittadino eletto).

Indurre un comportamento sociale, anche virtuoso, comprimendo per legge una libertà personale, non appare metodo corretto e coerente con lo sviluppo di una società responsabile. È diritto indiscutibile e conquista etica e sociale della cultura occidentale, il pieno rispetto della libertà di cura di ciascuna persona: ogni sforzo va effettuato per rendere ciascuna persona correttamente informata circa le opzioni di cura e i rischi derivanti dalla strategie scelte (e anche nel caso di una imperfetta capacità comunicativa, nessuno è autorizzato a limitare il diritto di scelta di un bene – la salute – che è un bene primario della persona ed è indubitabilmente “indisponibile” a qualsiasi altra entità.)

La presenza di un Sistema sanitario nazionale (confuso nella percezione prevalente come una sorta di assicuratore pubblico) rende a volte più difficile comprendere come anche un servizio sanitario pubblico è a servizio di questa essenziale condizione di libertà personale e individuale: le cure devono essere rese disponibili a tutti i cittadini a prescindere dai loro personali convincimenti e dai loro modelli e stila di vita o dalle loro scelte individuali e i vincoli economici di sistema, anche quando ragionevoli e legittimi, non devono produrre discriminazioni tra i cittadini.

Si può legittimamente dissentire da alcune scelte di vita e si può anche agire per fare in modo che queste scelte siano sottoposte a giudizio critico e sperabilmente modificate, ma non è lecito, in uno stato democratico e liberale, discriminare chi ha diritto di essere curato e chi no: anche un omicida o un terrorista, anche quando è giustamente in carcere, non cessa di avere diritti fondamentali in quanto persona, che lo Stato, deve garantire.

Obbligare alla cura, e il vaccino al di là delle implicazioni epidemiologiche e di salute pubblica che pure ci sono è una “forma di cura”, è possibile solo in condizioni eccezionali e per periodi di tempo molto limitati: non a caso il TSO, trattamento sanitario obbligatorio, è possibile solo in pochi e ben delimitati casi.

Ci sono situazioni di salute pubblica – ed è questo il caso – dove è possibile e lecito sospendere temporaneamente la libertà di scelta personale, in alcune particolari situazioni: bene è stato fatto a porre l’obbligo vaccinale per gli operatori socio-sanitari perché la loro funzione e la precarietà della situazione complessiva imponeva una scelta coraggiosa, anche se limitativa della libertà personale. Semmai, il rammarico è vedere il venire meno di quella deontologia professionale che avrebbe dovuto rendere superflua la necessità di un obbligo normativo, pur temporaneo. E uguale rammarico vedere gli ordini professionali scivolare sempre di più verso una difesa corporativa e prevalentemente “sindacale” delle professioni sanitarie, invece di rinsaldare e far accrescere il senso di appartenenza a una professione che, anche in tempi di scarso riconoscimento sociale, è votata alla difesa e alla cura dell’altro anche oltre il proprio tornaconto personale.

Con una copertura vaccinale che si avvicina al traguardo dell’80% della popolazione generale vaccinabile non appare giustificabile un obbligo generalizzato di vaccinazione che – ricordiamolo – non impedisce completamente la diffusione del virus, attenua ma non impedisce eventuali nuove infezioni e non fa venir meno gli obblighi di distanziamento e di utilizzo di quei presìdi – come la mascherina – che attenuano il rischio di trasmissione del virus: l’obbligo vaccinale per legge a tutta la popolazione appare una ingiustificata forzatura che non trova sufficienti ragioni emergenziali tali da rendere accettabile una limitazione del diritto di scelta individuale.

Sono stupefacenti le giustificazioni di chi invoca l’obbligo così da “obbligare” lo Stato al risarcimento in caso di danni post-vaccinali: ulteriore esempio di mercificazione della vita umana!

Stupisce e preoccupa che proprio il ministro della Salute Speranza non sappia cogliere il valore fondamentale del rispetto delle libertà di cura delle persone, cui anche il SSN deve inchinarsi, anche quando i comportamenti assunti non sono condivisibili e anche quando si è impegnati in una difficile azione di salute pubblica.

Ugualmente non trova ragioni oggettive l’obbligo vaccinale al personale scolastico: non è una professione di cura, oltre il 90% del personale si è vaccinato e anche nel caso si verificassero problemi legati a eventuali focolai pandemici che, combinati ad una organizzazione scolastica di solito non particolarmente efficiente, potrebbero creare difficoltà organizzative, queste non sembrano ragioni sufficienti per limitare la libertà di scelta delle persone.

Non vaccinarsi è una scelta sbagliata: ma quante sono le scelte “sbagliate” che quotidianamente vengono fatte senza che nessuno – per ora – abbia mai pensato che, per evitare gli errori, “meglio che decida uno per tutti”? In Cina lo fanno, ma è una altra cultura.

Discorso differente è quello del green pass: nella sua accezione iniziale, era un modo per rendere possibile una serie di eventi ad elevata pericolosità di diffusione del contagio, così da lasciare a ciascuna persona la facoltà di decidere se partecipare oppure no a specifiche manifestazioni in virtù delle proprie scelte di cura, legittime, ma potenzialmente impattanti sulla salute altrui.

La libertà di scelta di cura è un diritto personale incoercibile: la partecipazione ad eventi sociali nella misura in cui la propria legittima libertà di scelta costituisce un rischio per gli altri può essere temporaneamente limitata, anche perché non lede diritti individuali fondamentali.

Il diritto ad essere felici partecipando ad un evento – ad esempio sportivo – può essere temporaneamente limitato quando costituisce un rischio per gli altri, considerando che ci sono altre modalità per cercare la propria felicità senza mettere a rischio la salute degli altri.

L’estensione del green pass ai ristoranti, per certi versi giustificata dalle particolari condizioni che si verificano all’interno di una sala ristorante quando si mangia, appare una condizione “limite”: discutibile invece l’estensione ai mezzi di trasporto a lunga percorrenza perché alcune persone potrebbero essere impossibilitate ad agire, ad esempio, spostamenti essenziali per la loro vita: distanziamento, sanificazione, mascherine, e ricircolo d’aria sono presidi che potrebbero sopperire alla mancata vaccinazione di un utente.

Appare invece sbagliata la scelta che ha fatto la regione Puglia di impedire agli accompagnatori senza green pass di accedere alle strutture sanitarie e socio-sanitarie: se può essere ragionevolmente accettabile questo divieto nel caso di accesso a luoghi di ricovero (degenze ospedaliere o RSA), non lo è nel caso di accompagnamento a visite specialistiche di particolari categorie di persone fragili: bambini, disabili, anziani invalidi o con patologie ad alto impatto assistenziale o donne nell’ultimo periodo della gravidanza: senza accompagnamento queste categorie non possono accedere alle cure in autonomia: ne impediamo le cure perché l’accompagnatore con triage negativo non può accompagnare il malato pur rispettando il distanziamento e indossando correttamente la mascherina prevista?

È preoccupante lo scadimento del dibattito politico e sociale attorno a temi di elevatissima complessità e che chiedono a tutti uno sforzo aggiuntivo di discernimento: la libertà di scelta nella cura non può essere limitata se non per ragioni eccezionali e emergenziali di salute pubblica o di tutela sociale collettiva, limitate nel tempo e dopo attenta ponderazione.

Le necessità organizzative e le legittime aspettative di business non sono ragioni sufficienti per imporre un obbligo normativo generalizzato che limiti le libertà personali.

Credo che un partito che si fonda sulla dottrina sociale della Chiesa e di conseguenza sul “personalismo cristiano” debba prendere posizione pubblica, senza temere di essere confuso con i no-vax o altre forze politiche. Fare politica nuova, vuol dire anteporre a possibili convenienze tattiche la difesa dei principi fondativi.

(Tratto da www.politicainsieme.com)


2 Commenti

  1. Seguendo il ragionamento di Massimo Molteni possiamo arrivare a dire che anche la scelta di non curarsi in caso di malattie gravi e irreversibili è una scelta da rispettare in quanto diritto personalistico?

  2. Io e molti altri cittadini italiani confidiamo in un rapido ritorno alla vita “normale”, e con normalità intendo anche buon senso e solidarietà.
    Grazie della pubblicazione dell’articolo.

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