Un Piano in cerca di anima e corpo



Daniele Ciravegna    29 Gennaio 2021       0

Nel prossimo febbraio, il Parlamento italiano sarà impegnato nell'approvazione del Piano nazionale per la ripresa e resilienza (PNRR), atto formale necessario per concorrere al beneficio di cospicue risorse finanziarie (sovvenzioni o prestiti) nell'ambito del Programma Next Generation EU (NGEU). (Talvolta si sente parlare di recovery plan, che fu introdotto come nome comune, poi definito ufficialmente col nome proprio di Next Generation European Union. Analogamente, si usò inizialmente il nome comune recovery fund per indicare un fondo, colonna portante del NGEU – da creare con la raccolta di capitali da parte dell'UE nei mercati finanziari – ma successivamente esso è stato definito col nome proprio di Recovery and Resilience Facility. Il NGEU include, come fonte di finanziamento, quest'ultima facility più altre risorse acquisite da sei programmi europei già in essere).

Il predetto Piano deve essere inviato a Bruxelles entro il 30 aprile, unitamente al Programma nazionale di riforme, nel quale dovrà essere definito il programma di interventi strategici che il Paese intende fare al fine di eliminare gli elementi che pongono ostacoli rilevanti alla ripresa e resilienza dell'economia e della società. Diversi governi europei hanno già preparato preliminari del PNRR e anche il nostro ne ha prodotti tre in sequenza temporale, tutti e tre sottotitolati Next Generation Italia. Il primo varato dal Comitato Interministeriale per gli Affari Europei e approvato dal Parlamento il 13 ottobre 2020; il secondo approvato dal Consiglio dei ministri il 6 dicembre 2020; il terzo approvato sempre dal Consiglio dei ministri il 12 gennaio 2021 e che dovrebbe andare in Parlamento, appunto, a febbraio.

Il primo aveva il titolo Linee Guida per la definizione del PNRR, le quali recepivano le Linee Guida Europee, approvate nel luglio 2020 dalla Commissione Europea e dal Consiglio Europeo, basate su una serie di criteri, fra i quali particolare rilevanza hanno:

- i quattro Principi guida della Strategia per lo sviluppo sostenibile per il 2021: sostenibilità ambientale, crescita della produttività, equità, stabilità macroeconomica;

- il contributo effettivo alla transizione verde, allo sviluppo dell'economia circolare e alla trasformazione digitale;

- il rafforzamento del potenziale di crescita, della creazione di posti di lavoro e della resilienza sociale ed economica dello Stato membro;

- la coerenza con le raccomandazioni specifiche per ogni Paese date dal Consiglio Europeo (per i cicli 2019 e 2020).

I predetti criteri vengono scomposti in “principi guida”, “linee guida strategiche”, “direttrici d'intervento”, “progetti faro” e “missioni”, le quali sono denominazioni di specie ampiamente ripetitive e non illuminanti ai fini della comprensione dei punti essenziali che devono essere contenuti nei PNRR nazionali. Sono elencazioni senz'anima, senza indicazione delle priorità all'interno di ogni classificazione e non evidenziano bene la distinzione fra obiettivi finali e obiettivi intermedi, questione dirimente nel caso in cui i finali e gli intermedi siano, almeno in parte, in contrasto fra di loro.

Così, fra i principi guida della Strategia per lo sviluppo sostenibile per il 2021, la sostenibilità ambientale e l'equità sono obiettivi di elevato livello finale, poiché concorrono a definire la dignità delle persone in termini individuali e sociali, e lo stesso potrebbe dirsi a proposito della crescita della produttività purché l'elevata produttività fosse accompagnata da elevata disponibilità di beni, e di beni di elevata qualità personale e sociale. Invece, la stabilità macroeconomica è un mero obiettivo intermedio rispetto agli altri tre, che potrebbe anche essere di contrasto rispetto a questi, come la gestione della politica economica europea nel corso del secondo decennio di questo secolo ha chiaramente evidenziato: “austerità” per la stabilità macroeconomica che ha bloccato la crescita economica e la sostenibilità sociale dell'UE.

Inoltre, transizione verde, sviluppo dell'economia circolare e trasformazione digitale non sono sullo stesso livello di finalizzazione: se fatta in modo corretto, la transizione verde è un obiettivo con elevato livello di finalizzazione, mentre l'economia circolare, la transizione digitale, il rafforzamento del potenziale di crescita, la resilienza sociale ed economica del Paese membro hanno natura di obiettivo intermedio così come lo è la generica creazione di posti di lavoro. Per essere con elevato livello di finalizzazione occorre che il posto di lavoro abbia elevati livelli di qualità; precisamente il posto di lavoro ha da essere “libero, decente, creativo, partecipativo, solidale; deve avere una remunerazione giusta, avere una buona copertura di tipo previdenziale, produrre cose buone per il lavoratore, la sua famiglia e per il bene comune della comunità, rispettare l'ambiente naturale”, come sempre ci ricorda Papa Francesco.

Annotiamo comunque le quattro “linee guida strategiche” indicate nel piano in esame.

Modernizzare il Paese, che significa, innanzitutto, disporre di una PA efficiente, digitalizzata, ben organizzata e sburocratizzata, efficace nei servizi che eroga. Significa, inoltre, creare un ambiente favorevole all'innovazione, promuovere la ricerca e utilizzare al meglio le tecnologie disponibili per incrementare la produttività dell'economia e la qualità della vita.

Transizione ecologica, che dovrà essere la base del nuovo modello di sviluppo su scala globale. In primo luogo, occorre ridurre drasticamente le emissioni di gas clima-alteranti, in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo. In secondo luogo, sarà necessario migliorare l'efficienza energetica delle filiere produttive, degli insediamenti civili e degli edifici pubblici e la qualità dell'aria dei centri urbani e delle acque interne e marine.

Inclusione sociale e territoriale, che vuol dire ridurre le disuguaglianze, i divari e la povertà che impediscono a tutti i cittadini di partecipare pienamente alla vita economica, sociale e culturale e di godere di un tenore di vita e di un benessere considerati accettabili. A tal fine è necessario garantire un livello più uniforme di accesso all'istruzione e alla cultura, con particolare riferimento alla conoscenza degli strumenti digitali. Favorire l'inclusione presuppone il miglioramento della qualità della vita nei centri urbani e nelle aree periferiche, la riduzione dei gap infrastrutturali, di quello occupazionale nonché nell'accesso ai beni (essenzialmente servizi) pubblici, soprattutto fra Nord e Sud.

Parità di genere, la cui realizzazione richiede d'intervenire sulle molteplici dimensioni della discriminazione in essere nei confronti delle donne, che riguardano prioritariamente: la partecipazione al mondo del lavoro, la retribuzione e la qualità del lavoro, l'accesso alle risorse finanziarie, le disuguaglianze tra donne e uomini nell'allocazione del tempo dedicato al lavoro di cura, al lavoro domestico e alle attività sociali, l'uguaglianza di genere nell'accesso alle posizioni decisionali a livello politico, economico e sociale.

E queste sono le sei “missioni”:

1. digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo,

2. rivoluzione verde e transizione ecologica,

3. infrastrutture per la mobilità,

4. istruzione, formazione, ricerca e cultura,

5. equità sociale, di genere e territoriale,

6. salute,

che ritroveremo, a parte alcune variazioni tutto sommato marginali, nei successivi PNRR prodotti nel nostro Paese.

Il secondo PNRR (quello del 6 dicembre 2020) conferma le quattro linee strategiche e le sei missioni e queste ultime sono presentate con indicazione degli importi delle risorse assegnate, che il documento indica col termine di “investimenti”, quindi “investimenti” come sinonimo di “spese”, mentre una parte delle spese non potrà non essere data da “consumi pubblici” (ad esempio, per il personale pubblico assunto).

Con questo PNRR – si può dire – il disegno del NGEU prende corpo a livello italiano, anche se, per il momento, non c'è certezza sulla sua massa complessiva. Questo perché vi è una strana oscillazione degli importi delle risorse finanziare che il Next Generation EU per l'Italia dovrebbe apportare. All'inizio, dopo il Consiglio Europeo del 21 luglio 2020, si cominciò a parlare di circa 209 miliardi di euro che sarebbero dovuti arrivare all'Italia per effetto del NGEU; la prima bozza di PNRR nazionale contenente anche dati quantitativi (quella del dicembre 2020), indicò, all'inizio, l'importo in parola in 208,6 miliardi, che però poi corresse in 196 miliardi – come conseguenza di sopravvenuti aggiustamenti contabili. La versione del 12 gennaio 2021 parte da un importo di 209,9 miliardi (la cui fonte non è indicata), cui ne aggiunge 13 provenienti dal Fondo ReactEU, per un totale di 222,9 miliardi. Ma il NGEU, fin dall'inizio, includeva risorse acquisite sui mercati finanziari con il Dispositivo per la ripresa e la resilienza più altre provenienti da sei Programmi europei già in essere, fra i quali anche il ReactEU. Non è che l'aggiunta dei predetti 13 miliardi introduce una duplicazione nell'indicazione delle risorse ReactEU contabilizzate nell'importo del nostro NGEU?

Altra differenza fra il PNRR del gennaio 2021 e quello del PNRR del dicembre 2020, rispetto a quello dell'ottobre 2020, riguarda le linee guida strategiche che, nel primo, diventano assi strategici e scendono da quattro a tre: Digitalizzazione e innovazione, Transizione ecologica, Inclusione sociale (anziché Modernizzare il Paese) Transizione ecologica, Inclusione sociale e territoriale, Parità di genere. L'operare dei tre assi strategici dev'essere comunque corroborato da tre priorità trasversali: Parità di genere, Giovani, Mezzogiorno e riequilibrio territoriale.

Sintetizzando l'analisi delle variazioni nei valori percentuali avute fra i due PNRR (12.02.2021 rispetto a 6.12.2020), si può osservare. (vedi Tabella pubblicata in calce):

Missione 1): incidenza che diminuisce nel complesso per il prevalere della diminuzione della componente Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo rispetto all'aumento della componente Turismo e cultura, ferma restando l'incidenza della componente Digitalizzazione, innovazione e sicurezza della P. A.

Missione 2): incidenza che diminuisce nel complesso, soprattutto per effetto della forte diminuzione della componente Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici, in presenza di flessioni limitate per le componenti Impresa verde ed economia circolare e Transizione energetica e mobilità locale sostenibile e in presenza di un contenuto aumento della componente Tutela e valorizzazione del territorio e della risorsa idrica.

Missione 3): incidenza pressoché stabile sia per il totale sia per le due componenti.

Missione 4): incidenza con significativo aumento, sia per il totale sia per le due componenti.

Missione 5): incidenza che aumenta per l'apporto delle componenti Politiche del lavoro e Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore; costante rimane invece la componente Interventi speciali di coesione territoriale.

Missione 6):incidenza che quasi raddoppia nel totale, soprattutto per l'apporto della componente Innovazione, ricerca e digitalizzazione dell'assistenza sanitaria,

Si osservi peraltro che, nel Piano del 2021, si fa (limitato) riferimento alle riforme che dovranno essere realizzate per rendere il nostro Paese più sostenibile e inclusivo, con un'economia più avanzata e dinamica; riforme che mirano a rafforzare l'ambiente imprenditoriale, a ridurre gli oneri burocratici e a rimuovere i vincoli che hanno ostacolato o rallentato la realizzazione degli investimenti o ridotto la loro produttività.

In particolare, il Piano indica come corresponsabili dell'ingessatura dell'economia italiana i seguenti: la complessità e la lentezza della Giustizia, alcune componenti del Sistema tributario, la presenza di meccanismi presenti nel Mercato del lavoro che creano iniquità e che non facilitano o incentivano il processo di formazione continua e ricorrente dei lavoratori. Queste dovranno essere le riforme di carattere generale, a fianco delle quali dovranno essere attuate specifiche riforme di settore, che vengono poi segnalate nel corso dell'analisi delle singole linee d'intervento e da attuare ai fini del migliore perseguimento delle singole missioni.

Le spiegazioni che vengono fornite nel PNRR hanno però soprattutto il sapore di motivazioni d'ordine politico e tecnico sul significato delle linee d'intervento indicate, necessarie per dimostrare, in contraddittorio con la Commissione europea, la necessità di interventi indispensabili per coprire le carenze presenti nei diversi campi o per avviare nuove linee di sviluppo, utili per poter impostare i progetti di massima, prima, e i progetti operativi, poi.

A questo proposito, nel documento in parola – come nei precedenti PNRR – il termine “progetto” è impiegato in modo improprio. Questo in quanto si può parlare di “progetto” solo se si va oltre l'indicazione del campo in cui l'intervento si muove e dell'obiettivo finale (e degli eventuali obiettivi intermedi) che l'intervento si prefigge di raggiungere, per scendere nel dettaglio delle operazioni attuative, dei tempi di attuazione, della quantificazione dei costi e dei benefici preventivati. Gran parte dei precedenti elementi caratterizzanti un “progetto” non sono riportati nei progetti riportati nei tre Next Generation Italia, con l'eccezione (in parte) dell'ultimo, nel quale sono stati inseriti anche “progetti in essere” che dovrebbero essere finanziati con le risorse provenienti dal NGEU.

In assenza delle informazione e dei dati sopra indicati, è impossibile fare valutazioni sull'adeguatezza o no dei sedicenti progetti alle necessità del nostro paese!

Osservazione importante è anche che, in tutti i PNRR finora presentati e approvati, non è data alcuna indicazione riguardo al processo che verrebbe seguito per passare, per ogni linea d'intervento, ai progetti (o al progetto) veri e propri. Come vengono raccolti i vari progetti: progetti elaborati direttamente dal ministero o dai ministeri competenti oppure progetti predisposti da soggetti terzi e acquisiti a seguito di bando pubblico o per licitazione privata o per trattativa privata, fra il ministero o i ministeri competenti e i proponenti esterni, oppure seguendo procedimenti poco o nulla trasparenti?

E poi è assurta a questione politica di primaria importanza l'individuazione del soggetto che avrà il compito di controllare il cantieramento dei progetti, di monitorare e controllare le diverse fasi dell'attuazione degli stessi, di verificare la coerenza dei risultati con i progetti (originali o modificati in itinere, nel rispetto delle procedure corrette) e controllare la liquidabilità (in itinere o finale) delle somme richieste da soggetti terzi.

Il fatto, poi, che la PA italiana sia indicata – dall'UE così come nei PNRR – come uno dei punti più pesantemente deboli della nostra economia e società, la cui profonda riorganizzazione sarebbe imprescindibile, al punto che, se non la si facesse seriamente e approfonditamente, le possibilità di ripresa e di resilienza della nostra economia e società sarebbero ridotte a zero, o quasi, può spiegare perché da più parti si chiede che le rilevanti e delicate attività predette non possono essere svolte dalle strutture pubbliche in essere, bensì attribuite a una o più task force di esperti esterni (tecnici e manager) e che le strutture ministeriali competenti possano sì controllare l'operato di questi esterni, senza mettere, per amore di burocratismo, i bastoni fra le ruote dei soggetti terzi, pena l'implosione dell'intero progetto.

Ritengo non condivisibile questo modo di affrontare uno degli eventi di maggiore impatto dopo la ricostruzione postbellica della Seconda guerra mondiale. Il recupero dell'ammalata PA italiana non deve avvenire estraniando la PA stessa dalla gestione del Next Generation Italia, ma facendo sì che la PA migliori lavorando. Mi sembra infatti che questa sia una questione del tipo che l'ammalato deve partecipare attivamente al suo recupero funzionale e non rimanere inattivo in attesa che arrivi dal di fuori la manna ricostituente.

Non è neanche il caso di creare nuove strutture politiche all'interno della PA centrale. Esiste tuttora il CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica), ora (dal 1° gennaio scorso) ridenominato Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS). Il CIPE, organo strategico dell'esperimento di programmazione economica nazionale, costituito nella seconda metà degli Anni Sessanta del secolo scorso, non è mai decollato. Occasione da non perdere: che il cambio di nome venga a coincidere con l'evento dell'impiego epocale del Next Generation EU: il CIPE(SS) potrebbe cominciare a far vivere al CIPE una vita nuova!

TABELLA – Valori assoluti (in miliardi di euro 2018 ) e percentuali delle Missioni e delle Componenti funzionali.

(2021)                         (2020)

%                                      %

1) Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura:                                 46,2            20,7                 48,7        24,9

- Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella P. A.                                         11,5              5,2                 10,1           5,2

- Digitalizz., innovazione e competitività del sistema produttivo.                     26,7            12,0               35,5        18,1

- Turismo e cultura.                                                                                                      8,0               3,6                 3,1           1,6

2) Rivoluzione verde e transizione ecologica:                                                        68,9            30,9               74,1         37,9

- Impresa verde ed economia circolare.                                                                    6,3               2,8                6,3           3,2

- Transizione energetica e mobilità locale sostenibile.                                         18,2             8,2               18,5            9,4

- Efficenza energetica e riqualificazione degli edifici.                                           29,4            13,2              40,1        20,5

- Tutela e valorizzazione del territorio e della risorsa idrica .                              15,0              6,7                9,4           4,8

3) Infrastrutture per una mobilità sostenibile:                                                       32,0            14,3              27,7          14,1

- Alta velocità ferroviaria e manutenzione stradale                                                28,3            12,7              23,6         12,0

- Intermodalità e logistica integrata.                                                                            3,7              1,7                 4,1           2,1

4) Istruzione e ricerca:                                                                                                    28,5            12,8             19,2        9,8

- Potenziamento delle competenze e diritto allo studio.                                        16,7               7,5              10,1         5,2

- Dalla ricerca all'impresa.                                                                                             11,8              5,3                9,1         4,7

5) Inclusione e coesione:                                                                                                27,6            12,5              17,1        8,7

- Politiche del lavoro.                                                                                                      12,6               5,5               7,4         3,8

- Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore                                    10,8               4,8                5,9         3,0

- Interventi speciali di coesione territoriale.                                                              4,2               1,9                 3,8          1,9

6) Salute:                                                                                                                          19,7              8,8                 9,0         4,6

- Assistenza di prossimità e telemedicina.                                                                 7,9              3,5                   4,8         2,4

- Innovazione, ricerca e digitalizz. dell'assistenza sanitaria.                                 11,8               5,3                  4,2         2,1

TOTALE                                                                                                                         222,9              100               196,0     100


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