Nel corso dell’ampio e interessante dibattito svoltosi nel corso dell’Assemblea costituente di INSIEME, un punto sovente toccato è stato il posizionamento del “nuovo partito” nel panorama politico italiano, e si è prevalentemente sentito parlare di posizione “di centro”/“moderata”.
La prima idea non può essere solo una collocazione spaziale (la zona centrale dell’emiciclo parlamentare, fra Destra e Sinistra); ha da essere una collocazione valoriale fra quella della Destra e quella della Sinistra. A proposito, Norberto Bobbio ha isolato l’uguaglianza (la giustizia) come criterio di differenziazione fra la Sinistra e la Destra, attribuendo alla prima la scelta della presenza dell’uguaglianza e alla seconda la scelta dell’irrilevanza dell’uguaglianza e della precedenza, invece, della libertà che porti alla gerarchia delle posizioni, alla luce del merito individuale. Alessandro Pizzorno ha suggerito una diversa polarità: inclusione/esclusione, cioè accettazione dell’altro, del diverso, per la Sinistra, e irrilevanza del principio d’inclusione per la Destra, per la quale devono essere salvaguardate le situazioni di privilegio a favore dei ceti e dei gruppi dominanti, rifiutando conseguentemente anche l’inclusione dei soggetti di altre nazionalità, etnie, religioni ecc.
Ora, il Centro è né l’uno né l’altro oppure è interposto, media fra l’uno e l’altro, facendo proprio l’adagio in medio stat virtus? Alla fin fine, non è molto chiaro il panorama dei valori del Centro.
Due parole anche sui sedicenti moderati. La moderazione è una modalità di comportamento, non un contenuto di natura valoriale: indica la scelta di velocità, non di direzione di rotta. I moderati normalmente sono attenti osservatori della realtà per saper cogliere i bisogni, le necessità degli elettori, ma nel dare le loro risposte politiche non dovrebbero guardare al ritorno atteso in termini di voti elettorali, bensì in termini di benefici per la popolazione, alla luce della loro visione di ciò che è bene e ciò che non lo è (giudizio etico) e su questi valori chiedano il consenso elettorale. Il semplice termine “moderato” non è sufficiente per indicare la strada che imboccheranno sul piano operativo; occorrerebbe pertanto esplicitare questa via, definendosi “liberali moderati” o “socialisti moderati” o “cristiani moderati”…
“Cristiani moderati”, appunto, ma quali sono i valori che dovrebbero guidare l’azione politica dei cristiani, che sarà tanto più efficace quanto più i cristiani sapranno compattarsi anziché suddividersi in tanti rivoli scarsamente rilevanti in termini di efficacia operativa? Per i cattolici che qui interessano – che non sono necessariamente i fedeli praticanti le cerimonie religiose e i sacramenti («non chiunque dice “Signore, Signore” entrerà nel Regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» – Matteo 7, 21) – la risposta non può essere trovata che nella Dottrina sociale della Chiesa.
Secondo punto, più rilevante del precedente. Nel Documento politico-programmatico si fa ampio riferimento alla realizzazione del “bene comune”, concetto sulla cui realizzazione tutti concordano, semplicemente perché ognuno lo intende a modo suo, come sempre avviene quando un termine è largamente impiegato. Ma il bene comune, secondo Tizio, può essere identificato con la crescita economica mentre, per Caio, il bene comune s’identifica con l’uguaglianza e l’inclusione di tutte le persone, e i due contenuti potrebbero essere nella realtà in contrapposizione, È quindi essenziale impostare un approfondimento stringente sul contenuto del “bene comune”. Che le persone, specie quelle impegnate in politica, mettano sul tappeto quale è il contenuto che danno al “bene comune”, anziché lasciarlo non spiegato e sottinteso! Questo non può emergere che presentando e confrontando i loro specifici valori, venendo i gruppi a contrapporsi apertamente se i valori differiscono fra gruppo e gruppo.
In effetti, la sana (etica) lotta politica consiste nel tentativo di condurre la polis verso un determinato obiettivo che risulti in contrasto con l’obiettivo di una o più controparti. Non invece nella contrapposizione di gruppi che hanno obiettivi simili (o che non ne hanno) e che si contrappongono solamente perché ognuno di essi vuole acquisire potere di governo, emarginando gli altri gruppi di potere. Questa sarebbe solo lotta di potere senza contenuti etici. Quindi è essenziale saper distinguere in modo chiaro gli obiettivi finali, realizzando i quali il benessere della comunità migliora, e dirlo in modo aperto e chiaro.
Nel Documento politico-programmatico di INSIEME è chiaramente indicato che faro di riferimento è la Dottrina sociale della Chiesa, la quale ha, come suoi principi fondanti, la centralità della persona e la fraternità. La fraternità completa la centralità della persona, dando dignità alla persona stessa, e la DSC fa pienamente proprie la centralità e la dignità della persona, al punto di assumerle quali assiomi di base delle proprie argomentazioni, e indica esse quali unico modo attraverso il quale si realizza lo sviluppo umano integrale (tutti gli aspetti della persona e tutte le persone).
La centralità e dignità della persona si declina con il rispetto della vita umana (dal concepimento alla sua fine naturale), della famiglia (comunità necessaria per lo sviluppo della persona, cellula primaria della comunità, da sostenere e da distinguere dalle altre forme di unioni), dell’educazione e del lavoro: questi due ultimi rivestono primaria importanza per la realizzazione dell’uomo e della donna e, per questo, occorre che essi siano sempre organizzati nel pieno rispetto della dignità della persona e al servizio del bene comune.
La centralità e dignità della persona potrà affermarsi solo se avrà il sostegno di un adeguato ambiente costruito sui valori di verità, libertà, pace, giustizia, uguaglianza, inclusione, partecipazione, responsabilità, rispetto della natura, declinati e vivificati dai principi di solidarietà e di sussidiarietà per la realizzazione della sostenibilità sociale, economica e naturale dell’umanità, di tutta l’umanità.
Ognuno dei predetti valori dev’essere compreso appieno e ciò non può essere fatto che calandolo nella realtà della vita civile, economica e sociale, per averne un ritorno di tipo induttivo. Tutto ciò richiede che, fin dalla sua costituzione, il partito d’ispirazione cristiana s’impegni per fornire programmi di formazione (con approccio sia deduttivo sia induttivo) sulla Dottrina sociale della Chiesa.
Siamo sicuri che tutti i sedicenti cristiani abbiano una conoscenza approfondita della Dottrina sociale della Chiesa? Questa formazione dev’essere offerta anche a coloro che non sono attratti dalla cultura cristiana forse perché non la conoscono; in primis non conoscono la Dottrina sociale della Chiesa, in grado di dare chiare risposte alle problematiche della vita a tutti, non solo ai cristiani.
Termino con uno slogan. Sovente, in presenza di una comunità, di un Paese che si trovi in stato di crisi o di cambiamento epocale, si proclama che occorre ri-formare o di tras-formare. Prima ancora, occorrerebbe formare, poiché non si può superare uno stato di crisi economica, sociale e valoriale, di povertà, di emarginazione economica e sociale, di sottosviluppo senza – per dirla usando i termini usati dagli economisti – un grande investimento educativo e in capitale umano.
La prima idea non può essere solo una collocazione spaziale (la zona centrale dell’emiciclo parlamentare, fra Destra e Sinistra); ha da essere una collocazione valoriale fra quella della Destra e quella della Sinistra. A proposito, Norberto Bobbio ha isolato l’uguaglianza (la giustizia) come criterio di differenziazione fra la Sinistra e la Destra, attribuendo alla prima la scelta della presenza dell’uguaglianza e alla seconda la scelta dell’irrilevanza dell’uguaglianza e della precedenza, invece, della libertà che porti alla gerarchia delle posizioni, alla luce del merito individuale. Alessandro Pizzorno ha suggerito una diversa polarità: inclusione/esclusione, cioè accettazione dell’altro, del diverso, per la Sinistra, e irrilevanza del principio d’inclusione per la Destra, per la quale devono essere salvaguardate le situazioni di privilegio a favore dei ceti e dei gruppi dominanti, rifiutando conseguentemente anche l’inclusione dei soggetti di altre nazionalità, etnie, religioni ecc.
Ora, il Centro è né l’uno né l’altro oppure è interposto, media fra l’uno e l’altro, facendo proprio l’adagio in medio stat virtus? Alla fin fine, non è molto chiaro il panorama dei valori del Centro.
Due parole anche sui sedicenti moderati. La moderazione è una modalità di comportamento, non un contenuto di natura valoriale: indica la scelta di velocità, non di direzione di rotta. I moderati normalmente sono attenti osservatori della realtà per saper cogliere i bisogni, le necessità degli elettori, ma nel dare le loro risposte politiche non dovrebbero guardare al ritorno atteso in termini di voti elettorali, bensì in termini di benefici per la popolazione, alla luce della loro visione di ciò che è bene e ciò che non lo è (giudizio etico) e su questi valori chiedano il consenso elettorale. Il semplice termine “moderato” non è sufficiente per indicare la strada che imboccheranno sul piano operativo; occorrerebbe pertanto esplicitare questa via, definendosi “liberali moderati” o “socialisti moderati” o “cristiani moderati”…
“Cristiani moderati”, appunto, ma quali sono i valori che dovrebbero guidare l’azione politica dei cristiani, che sarà tanto più efficace quanto più i cristiani sapranno compattarsi anziché suddividersi in tanti rivoli scarsamente rilevanti in termini di efficacia operativa? Per i cattolici che qui interessano – che non sono necessariamente i fedeli praticanti le cerimonie religiose e i sacramenti («non chiunque dice “Signore, Signore” entrerà nel Regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» – Matteo 7, 21) – la risposta non può essere trovata che nella Dottrina sociale della Chiesa.
Secondo punto, più rilevante del precedente. Nel Documento politico-programmatico si fa ampio riferimento alla realizzazione del “bene comune”, concetto sulla cui realizzazione tutti concordano, semplicemente perché ognuno lo intende a modo suo, come sempre avviene quando un termine è largamente impiegato. Ma il bene comune, secondo Tizio, può essere identificato con la crescita economica mentre, per Caio, il bene comune s’identifica con l’uguaglianza e l’inclusione di tutte le persone, e i due contenuti potrebbero essere nella realtà in contrapposizione, È quindi essenziale impostare un approfondimento stringente sul contenuto del “bene comune”. Che le persone, specie quelle impegnate in politica, mettano sul tappeto quale è il contenuto che danno al “bene comune”, anziché lasciarlo non spiegato e sottinteso! Questo non può emergere che presentando e confrontando i loro specifici valori, venendo i gruppi a contrapporsi apertamente se i valori differiscono fra gruppo e gruppo.
In effetti, la sana (etica) lotta politica consiste nel tentativo di condurre la polis verso un determinato obiettivo che risulti in contrasto con l’obiettivo di una o più controparti. Non invece nella contrapposizione di gruppi che hanno obiettivi simili (o che non ne hanno) e che si contrappongono solamente perché ognuno di essi vuole acquisire potere di governo, emarginando gli altri gruppi di potere. Questa sarebbe solo lotta di potere senza contenuti etici. Quindi è essenziale saper distinguere in modo chiaro gli obiettivi finali, realizzando i quali il benessere della comunità migliora, e dirlo in modo aperto e chiaro.
Nel Documento politico-programmatico di INSIEME è chiaramente indicato che faro di riferimento è la Dottrina sociale della Chiesa, la quale ha, come suoi principi fondanti, la centralità della persona e la fraternità. La fraternità completa la centralità della persona, dando dignità alla persona stessa, e la DSC fa pienamente proprie la centralità e la dignità della persona, al punto di assumerle quali assiomi di base delle proprie argomentazioni, e indica esse quali unico modo attraverso il quale si realizza lo sviluppo umano integrale (tutti gli aspetti della persona e tutte le persone).
La centralità e dignità della persona si declina con il rispetto della vita umana (dal concepimento alla sua fine naturale), della famiglia (comunità necessaria per lo sviluppo della persona, cellula primaria della comunità, da sostenere e da distinguere dalle altre forme di unioni), dell’educazione e del lavoro: questi due ultimi rivestono primaria importanza per la realizzazione dell’uomo e della donna e, per questo, occorre che essi siano sempre organizzati nel pieno rispetto della dignità della persona e al servizio del bene comune.
La centralità e dignità della persona potrà affermarsi solo se avrà il sostegno di un adeguato ambiente costruito sui valori di verità, libertà, pace, giustizia, uguaglianza, inclusione, partecipazione, responsabilità, rispetto della natura, declinati e vivificati dai principi di solidarietà e di sussidiarietà per la realizzazione della sostenibilità sociale, economica e naturale dell’umanità, di tutta l’umanità.
Ognuno dei predetti valori dev’essere compreso appieno e ciò non può essere fatto che calandolo nella realtà della vita civile, economica e sociale, per averne un ritorno di tipo induttivo. Tutto ciò richiede che, fin dalla sua costituzione, il partito d’ispirazione cristiana s’impegni per fornire programmi di formazione (con approccio sia deduttivo sia induttivo) sulla Dottrina sociale della Chiesa.
Siamo sicuri che tutti i sedicenti cristiani abbiano una conoscenza approfondita della Dottrina sociale della Chiesa? Questa formazione dev’essere offerta anche a coloro che non sono attratti dalla cultura cristiana forse perché non la conoscono; in primis non conoscono la Dottrina sociale della Chiesa, in grado di dare chiare risposte alle problematiche della vita a tutti, non solo ai cristiani.
Termino con uno slogan. Sovente, in presenza di una comunità, di un Paese che si trovi in stato di crisi o di cambiamento epocale, si proclama che occorre ri-formare o di tras-formare. Prima ancora, occorrerebbe formare, poiché non si può superare uno stato di crisi economica, sociale e valoriale, di povertà, di emarginazione economica e sociale, di sottosviluppo senza – per dirla usando i termini usati dagli economisti – un grande investimento educativo e in capitale umano.
La conclusione di questo intervento apre a qualche prospettiva meno scontata: la formazione; dopo questa indigestione di partiti e partitini, cui ci ha abituato la lunghissima crisi succeduta alla ricostituzione di uno Stato libero – crisi che dura da ben oltre mezzo secolo (da Yalta e dal fallimento del progetto di “maggioranza parlamentare” che fu tentata per la seconda legislatura postbellica) – si può sperare in un ripresa del tema della “formazione alla politica”? non solo come preparazione di un’elettorato, ma per una vera azione di orientamento etico e culturale.
Speriamo e lavoriamo per questo