Il lancio del Manifesto per la nascita di un “nuovo” soggetto politico d’ispirazione cristiana e popolare, sottoscritto da numerose persone appartenenti a gruppi e associazioni di tutta l’Italia, ha smosso quella varia e ricca entità rappresentata dai cattolici impegnati in politica su fronti diversi, ma non solo loro.
Nasce la Federazione che intende raggruppare partiti e partitini che formano la galassia democratica cristiana, in cui ha un ruolo preminente l’UDC di Lorenzo Cesa. Si riunisce nuovamente, dopo tanto tempo, il Partito popolare di Pierluigi Castagnetti. Carlo Calenda, un po’ eclissato ultimamente su questo fronte, si rimette in movimento proponendo quella che, con l’uso di un brutto termine, è chiamata una “offerta” politica all’insegna di moderatismo e di centro. Di Renzi già sappiamo dalla Leopolda in poi.
Dopo che l’esperienza del bipolarismo è naufragata, si avverte la necessità di una ricomposizione del quadro politico su basi ragionate e ragionevoli. È sempre più diffusa l’esigenza di ridimensionare il ruolo delle pulsioni estremizzanti dei fronti contrapposti, di destra e di sinistra, che hanno finito per portare l’Italia nelle condizioni in cui siamo ridotti.
Noi preferiamo parlare di “centralità”. Centralità dei problemi dei cittadini e delle famiglie, dell’impresa e del mondo del lavoro. Tutto ci porta al riconoscimento della necessità di avviare una radicale trasformazione del Paese.
Bisogna bene intendersi, in ogni caso.
È evidente che “centro” debba significare, nella nostra visione, il partecipare alla creazione di un’entità politica capace di ricostruire un nuovo paradigma di stabilità e operatività istituzionale e legislativa, quale presupposto di un autentico sviluppo. Attorno ad essa può ritrovarsi un’ampia parte di italiani intenzionati a risollevare le sorti nazionali, in maniera realistica, razionale e sostenibile. Sulla base, però, non di un moderatismo che significhi l’accettazione dello status quo. O che timidamente si riferisca a un riformismo di facciata, come quello che ha caratterizzato i nostri ultimi decenni e non più in grado di richiamare la partecipazione della maggioranza sostanziale degli elettori a un processo di profonda revisione del nostro “sistema” Paese.
La “centralità” che concepiamo significa, in termini di operatività politica, essere antitetici all’estrema destra sovranista e demagogica e alternativi alla sinistra che sta sempre più perdendo i collegamenti con i propri tradizionali corpi sociali di riferimento.
Abbiamo l’ardire di pensare che si possa noi costituire la vera opposizione alla linea di Matteo Salvini che propone formule antieuropee insostenibili anche per la struttura produttiva del Nord.
Per quanto riguarda il nostro mondo, potrebbe sembrare che grande sia la confusione sotto il cielo. Che tutto possa finire per essere giocato ancora una volta sulla base del personalismo, dello spirito di conventicola, del battibecco tra i capponi di manzoniana memoria, poi destinati a finire sotto la mannaia del cuoco. In realtà, non è completamente così.
Ci sono vari tentativi d’interpretare l’ansia di partecipazione anche dei cattolici. Mentre quasi tutti questi tentativi dicono di puntare alla convergenza, è inevitabile che la ripresa dell’interesse dei cattolici per la dialettica politica risenta in questa fase delle scorie degli ultimi venticinque anni, caratterizzati da diaspora e d’accasamento presso altrui accampamenti.
In effetti, la Federazione dei democristiani è composta di amici che hanno in gran parte orbitato nel centrodestra berlusconiano e non ancora recidono il cordone ombelicale con Forza Italia, sempre più stremata dall’avanzata di Matteo Salvini. In ogni caso, pare di capire, che anch’essi non intendano far parte del fronte cosiddetto “sovranista”, antieuropeista, ultra nazionalistico e sciovinista.
I Popolari di Castagnetti, e altri gruppi di cattolici tradizionalmente orientati sulla sinistra, continuano a guardare in maniera un po’ speranzosa, persino miracolistica, al PD. Auspicano che Nicola Zingaretti fornisca almeno qualche benevola risposta alle richieste degli ex popolari ed ex DC, che pure molto hanno dato al centrosinistra. Non sempre “ricompensati” abbastanza da quell’apparato post comunista che in molti casi ha finito per fare la differenza e da quella preminente parte del PD decisa a sostenere i diritti “parziali” a scapito di quelli più generali e, così facendo, concorre alla perdita di molto consenso tra l’elettorato di estrazione cattolica e non radicaleggiante.
A nostro avviso, sia a destra, sia a sinistra deve emergere una nuova generazione in grado di avviare processi di modernizzazione e trasformazione di partiti e apparati frutto di una stagione oramai superata.
Noi di Politica Insieme poniamo invece la questione sotto tre altri punti di vista e sulla base dell’accettazione di questi tre punti siamo pronti al dialogo e alla collaborazione con tutti gli animati da buona volontà.
Il primo è una riproposizione dei valori del solidarismo e della giustizia sociale partendo da una proposta di liberazione dallo schema bipolare e di autentica autonomia. Un’autonomia da considerare non secondo la logica di una posizione di schieramento, ma di contenuti. Nessuno dei partiti attuali ci rappresenta. Nessuno di essi risponde pienamente ai nostri riferimenti congiunti alla Costituzione e al Pensiero sociale della Chiesa, storicamente resisi concreti nelle esperienze del popolarismo e dei cristiano democratici. Soprattutto quella dei secondi fu essenzialmente logica della coalizione, ma fondata su un pensiero precisato e su un metodo politico da riscoprire e recuperare.
Le condizioni del Paese richiedono, inoltre, la piena riassunzione della visione sturziana del partito laico e programmatico. Il riferimento all’identità dev’essere tradotto in capacità di affrontare le “cose” che interessano alla gente come finora le presenze dei politici d’estrazione cattolica non sono adeguatamente riuscite ad assicurare. Sulle proposte concrete è possibile convergere con gran parte di quel mondo di credenti e non credenti che vivono le stesse attenzioni e rispetto per il “bene comune” .
Il Paese ha bisogno di volti nuovi, oltre che di linguaggio e atteggiamenti del tutto differenti rispetto a quelli dell’oggi. Non si tratta di un giovanilismo di maniera. Siamo consapevoli che la politica e l’attività legislativa trovino nel pressapochismo e nella mancata esperienza la ragione di tanti guasti. Così, non crediamo nella “ rottamazione” di alcuno.
Abbiamo bisogno, invece, di esperienza e di competenza. Riteniamo, allora, che chi abbia maturato pratiche istituzionali e politiche negli anni passati debba rendere concreta la propria generosità mettendo a disposizione il proprio impegno con uno spirito di servizio e non di primazia. Non per inseguire delle pure comprensibili aspirazioni personali, bensì per favorire l’emersione di nuovi talenti e lasciare alle tante persone presenti nei territori la possibilità e lo spazio per esprimere le proprie capacità. Eventualmente, da coinvolgere anche in competizioni elettorali per le quali si aprano le liste a più fresche energie e a immagini inedite.
Le prossime elezioni regionali in Emilia Romagna e in Calabria potrebbero costituire un banco di prova per una possibile convergenza tra i cattolici democratici e i laici interessati a questo progetto. Si tratta di valutare se tutti quelli che auspicano il “nuovo” intendono, esistendone le condizioni, dare vita a una lista autonoma in grado da lanciare il segnale forte di una presenza originale, creativa e costruttiva.
(Tratto da www.politicainsieme.com)
Nasce la Federazione che intende raggruppare partiti e partitini che formano la galassia democratica cristiana, in cui ha un ruolo preminente l’UDC di Lorenzo Cesa. Si riunisce nuovamente, dopo tanto tempo, il Partito popolare di Pierluigi Castagnetti. Carlo Calenda, un po’ eclissato ultimamente su questo fronte, si rimette in movimento proponendo quella che, con l’uso di un brutto termine, è chiamata una “offerta” politica all’insegna di moderatismo e di centro. Di Renzi già sappiamo dalla Leopolda in poi.
Dopo che l’esperienza del bipolarismo è naufragata, si avverte la necessità di una ricomposizione del quadro politico su basi ragionate e ragionevoli. È sempre più diffusa l’esigenza di ridimensionare il ruolo delle pulsioni estremizzanti dei fronti contrapposti, di destra e di sinistra, che hanno finito per portare l’Italia nelle condizioni in cui siamo ridotti.
Noi preferiamo parlare di “centralità”. Centralità dei problemi dei cittadini e delle famiglie, dell’impresa e del mondo del lavoro. Tutto ci porta al riconoscimento della necessità di avviare una radicale trasformazione del Paese.
Bisogna bene intendersi, in ogni caso.
È evidente che “centro” debba significare, nella nostra visione, il partecipare alla creazione di un’entità politica capace di ricostruire un nuovo paradigma di stabilità e operatività istituzionale e legislativa, quale presupposto di un autentico sviluppo. Attorno ad essa può ritrovarsi un’ampia parte di italiani intenzionati a risollevare le sorti nazionali, in maniera realistica, razionale e sostenibile. Sulla base, però, non di un moderatismo che significhi l’accettazione dello status quo. O che timidamente si riferisca a un riformismo di facciata, come quello che ha caratterizzato i nostri ultimi decenni e non più in grado di richiamare la partecipazione della maggioranza sostanziale degli elettori a un processo di profonda revisione del nostro “sistema” Paese.
La “centralità” che concepiamo significa, in termini di operatività politica, essere antitetici all’estrema destra sovranista e demagogica e alternativi alla sinistra che sta sempre più perdendo i collegamenti con i propri tradizionali corpi sociali di riferimento.
Abbiamo l’ardire di pensare che si possa noi costituire la vera opposizione alla linea di Matteo Salvini che propone formule antieuropee insostenibili anche per la struttura produttiva del Nord.
Per quanto riguarda il nostro mondo, potrebbe sembrare che grande sia la confusione sotto il cielo. Che tutto possa finire per essere giocato ancora una volta sulla base del personalismo, dello spirito di conventicola, del battibecco tra i capponi di manzoniana memoria, poi destinati a finire sotto la mannaia del cuoco. In realtà, non è completamente così.
Ci sono vari tentativi d’interpretare l’ansia di partecipazione anche dei cattolici. Mentre quasi tutti questi tentativi dicono di puntare alla convergenza, è inevitabile che la ripresa dell’interesse dei cattolici per la dialettica politica risenta in questa fase delle scorie degli ultimi venticinque anni, caratterizzati da diaspora e d’accasamento presso altrui accampamenti.
In effetti, la Federazione dei democristiani è composta di amici che hanno in gran parte orbitato nel centrodestra berlusconiano e non ancora recidono il cordone ombelicale con Forza Italia, sempre più stremata dall’avanzata di Matteo Salvini. In ogni caso, pare di capire, che anch’essi non intendano far parte del fronte cosiddetto “sovranista”, antieuropeista, ultra nazionalistico e sciovinista.
I Popolari di Castagnetti, e altri gruppi di cattolici tradizionalmente orientati sulla sinistra, continuano a guardare in maniera un po’ speranzosa, persino miracolistica, al PD. Auspicano che Nicola Zingaretti fornisca almeno qualche benevola risposta alle richieste degli ex popolari ed ex DC, che pure molto hanno dato al centrosinistra. Non sempre “ricompensati” abbastanza da quell’apparato post comunista che in molti casi ha finito per fare la differenza e da quella preminente parte del PD decisa a sostenere i diritti “parziali” a scapito di quelli più generali e, così facendo, concorre alla perdita di molto consenso tra l’elettorato di estrazione cattolica e non radicaleggiante.
A nostro avviso, sia a destra, sia a sinistra deve emergere una nuova generazione in grado di avviare processi di modernizzazione e trasformazione di partiti e apparati frutto di una stagione oramai superata.
Noi di Politica Insieme poniamo invece la questione sotto tre altri punti di vista e sulla base dell’accettazione di questi tre punti siamo pronti al dialogo e alla collaborazione con tutti gli animati da buona volontà.
Il primo è una riproposizione dei valori del solidarismo e della giustizia sociale partendo da una proposta di liberazione dallo schema bipolare e di autentica autonomia. Un’autonomia da considerare non secondo la logica di una posizione di schieramento, ma di contenuti. Nessuno dei partiti attuali ci rappresenta. Nessuno di essi risponde pienamente ai nostri riferimenti congiunti alla Costituzione e al Pensiero sociale della Chiesa, storicamente resisi concreti nelle esperienze del popolarismo e dei cristiano democratici. Soprattutto quella dei secondi fu essenzialmente logica della coalizione, ma fondata su un pensiero precisato e su un metodo politico da riscoprire e recuperare.
Le condizioni del Paese richiedono, inoltre, la piena riassunzione della visione sturziana del partito laico e programmatico. Il riferimento all’identità dev’essere tradotto in capacità di affrontare le “cose” che interessano alla gente come finora le presenze dei politici d’estrazione cattolica non sono adeguatamente riuscite ad assicurare. Sulle proposte concrete è possibile convergere con gran parte di quel mondo di credenti e non credenti che vivono le stesse attenzioni e rispetto per il “bene comune” .
Il Paese ha bisogno di volti nuovi, oltre che di linguaggio e atteggiamenti del tutto differenti rispetto a quelli dell’oggi. Non si tratta di un giovanilismo di maniera. Siamo consapevoli che la politica e l’attività legislativa trovino nel pressapochismo e nella mancata esperienza la ragione di tanti guasti. Così, non crediamo nella “ rottamazione” di alcuno.
Abbiamo bisogno, invece, di esperienza e di competenza. Riteniamo, allora, che chi abbia maturato pratiche istituzionali e politiche negli anni passati debba rendere concreta la propria generosità mettendo a disposizione il proprio impegno con uno spirito di servizio e non di primazia. Non per inseguire delle pure comprensibili aspirazioni personali, bensì per favorire l’emersione di nuovi talenti e lasciare alle tante persone presenti nei territori la possibilità e lo spazio per esprimere le proprie capacità. Eventualmente, da coinvolgere anche in competizioni elettorali per le quali si aprano le liste a più fresche energie e a immagini inedite.
Le prossime elezioni regionali in Emilia Romagna e in Calabria potrebbero costituire un banco di prova per una possibile convergenza tra i cattolici democratici e i laici interessati a questo progetto. Si tratta di valutare se tutti quelli che auspicano il “nuovo” intendono, esistendone le condizioni, dare vita a una lista autonoma in grado da lanciare il segnale forte di una presenza originale, creativa e costruttiva.
(Tratto da www.politicainsieme.com)
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