Avevamo già rilanciato un articolo che metteva in primo piano la barbarie della guerra in Siria e la disinformazione che regna in Occidente. Proponiamo ora – sempre inserito nella sezione EUROPA, illustre assente – un pezzo pubblicato da “Il Giornale” lo scorso 26 aprile, che denuncia il dimenticato conflitto in Yemen, un’altra delle “sporche guerre” in corso di cui è meglio non far saper troppo…
Il sangue in Yemen continua a scorrere. Incessante. E i morti aumentano, lenti e inesorabili, come granelli di sabbia in una clessidra. La stessa sabbia del deserto dove la strage non sembra finire mai.
La guerra in Yemen è un abisso di disperazione. Bombardamenti che colpiscono i civili, carestia, epidemie di colera, profughi che cercano la via disperata del mare. In quello stretto di Bab el Mandeb che, per tragica ironia del destino, significa proprio “porta del lamento”.
La coalizione a guida saudita non cessa di colpire indistintamente sulla popolazione yemenita dove si pensa che si annidino i ribelli houti. Negli ultimi quattro giorni, gli aerei della coalizione araba hanno ucciso almeno 45 civili, compresi donne e bambini. Secondo le Nazioni Unite, le vittime sono state tutte causate da tre raid, compiuti tra venerdì 20 e domenica 22 aprile nei governatorati di Taiz e Hajja. Venerdì, il primo attacco: un aereo saudita ha bombardato un veicolo civile che viaggiava nel distretto di Mawza, nel governatorato di Taiz. Tutti morti innocenti, tutte vittime civili. Nella stessa zona, un altro bombardamento della coalizione araba, ha ucciso altri 21 civili, tra cui cinque bambini.
Domenica, la carneficina del matrimonio a Bani Qais, nel governatorato di Hajja. Almeno 19 persone, tutte che festeggiavano le nozze, sono state barbaramente uccise nel raid. Altre fonti parlano di un numero di morti che oscilla tra le 23 e le 33. Ma sono inermi che non descrivono la tragedia. Sono solo numeri, che siamo abituati ormai ad osservare come fossimo di fronte a un inquietante segnapunti.
In quel matrimonio, il sangue ha colpito tutte vittime inermi. Questa non è una guerra, è una barbarie. E le immagini della carneficina dovrebbero essere viste da tutti coloro che stanno facendo in modo che questo orrore continui. In particolare un’immagine: un video di circa un minuto di un bimbo, ferito alle gambe, che piange accanto al cadavere del padre. I medici e i soccorritori cercano di spostarlo dal corpo del papà, ma lui non si sposta. Lo sguardo sgomento e denutrito già dice tutto. Non c’è sentenza che possa condannare chi ha commesso un tale crimine.
Come si può continuare ad ammettere che in quel Paese continuino ad avvenire certe efferatezze? Di fronte a queste scene, di fronte a migliaia di bambini morti di colera o di malnutrizione, gridano vendetta davanti al cielo gli editoriali di quei pontefici del mainstream che tessono le lodi di un principe saudita che si presenta come il nuovo perché apre gli stadi alle donne e i cinema in città. Dove sono quegli opinionisti che parlano di Ghouta? E perché in molti tacciono sullo Yemen?
C’è evidentemente qualcosa di sinistro. Non si può attaccare apertamente un alleato dell’Occidente come l’Arabia Saudita. Né si può attaccare la coalizione da lei capeggiata, comprensiva di Emirati Arabi Uniti e interventi delle forze speciali occidentali. È una guerra sporca che non può, evidentemente, essere raccontata troppo bene, perché gli interessi sono troppi. Ma se la compassione la fa da padrona quando gli “elmetti bianchi” mandano video di presunti attacchi chimici, deve esserci la stessa compassione di fronte a questi innocenti.
Il sangue in Yemen continua a scorrere. Incessante. E i morti aumentano, lenti e inesorabili, come granelli di sabbia in una clessidra. La stessa sabbia del deserto dove la strage non sembra finire mai.
La guerra in Yemen è un abisso di disperazione. Bombardamenti che colpiscono i civili, carestia, epidemie di colera, profughi che cercano la via disperata del mare. In quello stretto di Bab el Mandeb che, per tragica ironia del destino, significa proprio “porta del lamento”.
La coalizione a guida saudita non cessa di colpire indistintamente sulla popolazione yemenita dove si pensa che si annidino i ribelli houti. Negli ultimi quattro giorni, gli aerei della coalizione araba hanno ucciso almeno 45 civili, compresi donne e bambini. Secondo le Nazioni Unite, le vittime sono state tutte causate da tre raid, compiuti tra venerdì 20 e domenica 22 aprile nei governatorati di Taiz e Hajja. Venerdì, il primo attacco: un aereo saudita ha bombardato un veicolo civile che viaggiava nel distretto di Mawza, nel governatorato di Taiz. Tutti morti innocenti, tutte vittime civili. Nella stessa zona, un altro bombardamento della coalizione araba, ha ucciso altri 21 civili, tra cui cinque bambini.
Domenica, la carneficina del matrimonio a Bani Qais, nel governatorato di Hajja. Almeno 19 persone, tutte che festeggiavano le nozze, sono state barbaramente uccise nel raid. Altre fonti parlano di un numero di morti che oscilla tra le 23 e le 33. Ma sono inermi che non descrivono la tragedia. Sono solo numeri, che siamo abituati ormai ad osservare come fossimo di fronte a un inquietante segnapunti.
In quel matrimonio, il sangue ha colpito tutte vittime inermi. Questa non è una guerra, è una barbarie. E le immagini della carneficina dovrebbero essere viste da tutti coloro che stanno facendo in modo che questo orrore continui. In particolare un’immagine: un video di circa un minuto di un bimbo, ferito alle gambe, che piange accanto al cadavere del padre. I medici e i soccorritori cercano di spostarlo dal corpo del papà, ma lui non si sposta. Lo sguardo sgomento e denutrito già dice tutto. Non c’è sentenza che possa condannare chi ha commesso un tale crimine.
Come si può continuare ad ammettere che in quel Paese continuino ad avvenire certe efferatezze? Di fronte a queste scene, di fronte a migliaia di bambini morti di colera o di malnutrizione, gridano vendetta davanti al cielo gli editoriali di quei pontefici del mainstream che tessono le lodi di un principe saudita che si presenta come il nuovo perché apre gli stadi alle donne e i cinema in città. Dove sono quegli opinionisti che parlano di Ghouta? E perché in molti tacciono sullo Yemen?
C’è evidentemente qualcosa di sinistro. Non si può attaccare apertamente un alleato dell’Occidente come l’Arabia Saudita. Né si può attaccare la coalizione da lei capeggiata, comprensiva di Emirati Arabi Uniti e interventi delle forze speciali occidentali. È una guerra sporca che non può, evidentemente, essere raccontata troppo bene, perché gli interessi sono troppi. Ma se la compassione la fa da padrona quando gli “elmetti bianchi” mandano video di presunti attacchi chimici, deve esserci la stessa compassione di fronte a questi innocenti.
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