I dazi, l’arma dei sovranisti nel mondo



Intervista ad Alessandro Diotallevi    17 Febbraio 2025       1

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha presentato il Piano dei dazi reciproci per eguagliare quelli che gli altri Paesi applicano alle importazioni di prodotti statunitensi al fine di ‘eliminare gli squilibri commerciali’: in tal modo si apre un nuovo scenario e, soprattutto, un sempre più certo scontro economico, sia con gli alleati che con gli altri competitors.

Dallo Studio Ovale, il Presidente Usa si appella a motivi di equità, ma la realtà è che il linguaggio politico di Washington sta cambiando, di ora in ora, modificando il codice dei rapporti che pensavamo consolidati: cambia anche il vocabolario, per dar spazio ad un altro linguaggio che è difficile decifrare nelle sue conseguenze.

L’amministrazione Trump insiste sul fatto che i nuovi dazi equiparerebbero la capacità di competere dei produttori statunitensi. Ma c’è molto di più dietro alle parole, c’è il nuovo universo americano che si chiama ‘trumpismo’.

Ma c’è soprattutto una semantica da decifrare nella parola dazi.

Ne abbiamo parlato con l’avvocato Alessandro Diotallevi, esperto di Diritto Costituzionale, che non usa mezzi termini: “I dazi rappresentano il modo di fare la guerra di tutti i sovranisti del mondo. È fin troppo banale l’osservazione circa le diffuse sensazioni di pessimismo che attraversano il mondo in questi tempi che, piuttosto che dalla pace, sono segnati da sentimenti bellicosi, di ogni genere. Per la verità, nonostante la chiarezza della narrazione, non si può dire che la questione dei dazi susciti paura nell’opinione pubblica generale. È un errore. Un errore in qualche modo determinato, in particolare nell’Occidente, dall’assuefazione alla pace”.

Pensa che oggi ci sia un’insensiblità critica rispetto ai rischi di nuovi conflitti, una specie di anestesia mentale nell’area occidentale?

La pace la diamo per scontata, oggi più di quanto non avvenisse nei tempi dei blocchi e delle connesse politiche di equilibrio militare. Ma non è così. il messaggio dato da questo Papa di “un tempo bellicoso e guerresco”, quello attuale, sovrasta ogni sforzo dei potenti della Terra di mascherare il pericolo. C’è una ragione: i potenti sono sempre preparati alla guerra, i popoli no. Di tutte le esperienze che conosciamo, in questi termini, resta la verità che dai confronti inaspriti tra i Governi, tra gli Stati, tra le economie, gli interessi dei potenti restano intatti.

L’era digitale potrebbe rappresentare un nuovo scenario storico meno resistente ai conflitti?

Le Industrie, i grandi commerci, oggi i potentati globali potrebbero tranquillamente sopportare la disgregazione e resistervi e proiettare, intatti, i loro interessi nel futuro.

Ma i dazi perché riproporli ora?

E’ noto che si tratti di misure superate, dal punto di vista economico e finanziario. Farvi ricorso denota un arretramento culturale, integra una grave caduta di intelligenza globale

I dazi, lo fece notare anni fa il Presidente Mattarella al Presidente degli Stati Uniti Trump, con linguaggio diplomatico, ma diretto, costituiscono la tomba delle relazioni tra i Paesi, tra le culture, tra le economie. Purtroppo perfino organismi internazionali creati con approccio evolutivo, per regolare i commerci internazionali, mi riferisco al WTO (Organizzazione del Commercio Internazionale), alla fine delle loro istruttorie non hanno trovato di meglio che autorizzare dazi per chiudere vari confronti tra gli Stati. Forse sono stati anche necessari, in qualche tempo. Ma questi dazi, quelli di cui parliamo oggi, sono punitivi, assomigliano molto, anzi integrano, delle sanzioni.

Cosa significano quindi i dazi, nella loro funzione più complessa?

Servono a ridurre le aree di autonomia degli Stati nazionali. Sono lo strumento principale cui fanno ricorso i sovranisti di ogni parte del globo. Servono a dissimulare un conflitto tra le parti, una specie di ‘guerra non dichiarata’. Mentre per la guerra palese funziona ancora la capacità deterrente degli organismi internazionali, dall’ONU a quelli regionali, i dazi si insidiano reciprocamente nella riduzione delle autonomie nazionali.

Ma esiste attualmente un antidoto di contrasto, un altro pensiero dominante?

Servirebbe che classi politiche più illuminate riuscissero a spiegarsi e a spiegare all’opinione pubblica globale che la salvaguardia della pace (che è un interesse di tutti) dovrebbe poggiare su modelli sociali riequilibrati nel mondo, con l’uso pacifico e accorto dei carichi di costo per la produzione di beni e servizi. Se, cioè, gli organismi internazionali diventassero la sede nella quale gli Stati si aprissero ad un confronto riequilibrato sulle linee di un umanesimo integrale, globale, saremmo sulla giusta direzione. Per ottenerlo, questo risultato, occorrerebbe la dose di intelligenza che lo stesso Confucio richiedeva come medicina per le grandi crisi sociali e politiche di ogni tempo e di ogni luogo.

Si rischia così di entrare nell’utopia e di perdere di vista il cammino proponibile.

Allora, per provare a dare una conclusione, conviene essere chiari sul punto che il tema dei dazi non può e non deve essere affrontato esclusivamente in chiave di difesa di questo o quel prodotto, vanno invece denunciati per essere portatori di instabilità e di pulsioni bellicose. Chi li usa si candida ad entrare nella storia tra le figure che hanno determinato i peggiori disastri per le comunità nazionali di ogni dove.

Intervista di Marzia Giglioli

(Tratto da www.heglobaleye.it)


1 Commento

  1. Sono d’accordo e mi complimento con Alessandro Diotallevi per la solita sua lucidità e chiarezza. Beninteso: non sono da escludere a priori ed in assoluto, i dazi: ma vanno gestiti con alte, accorte e collaboratrici intese fra Stati e negli organismi internazionali.

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