
Domani 13 febbraio all’Istituto Sturzo di Roma verrà ricordato Franco Marini, leader della CISL e poi della sinistra sociale DC. Questa è la presentazione dell’evento di Giorgio Merlo, stretto collaboratore e amico del leader abruzzese.
L’eredità politica e culturale dei grandi leader politici non ha una scadenza temporale. Per la semplice ragione che la loro testimonianza concreta da un lato e la loro personalità dall’altro sono destinati a durare. Non è un caso, per fare un solo esempio, che ancora oggi si continua ad individuare in molti statisti e leader del cattolicesimo politico del passato un ancoraggio sicuro per orientare le scelte politiche del presente. E questo al di là e al di fuori di qualsiasi tentazione nostalgica. Ma per la semplice ragione che la loro azione continua ad essere di straordinaria attualità, al netto dello scorrere del tempo e del cambiamento profondo della società. E, nel caso specifico, la lezione e, soprattutto, l’azione politica, culturale e sociale di Franco Marini continua ad essere attuale.
A 4 anni dalla scomparsa, possiamo dire tranquillamente che l’eredità del sindacalista e del leader politico Marini resta importante e soprattutto decisiva per i cattolici che vogliono impegnarsi in politica partendo dal “sociale”. Cioè dalle istanze, dalle domande, dalle richieste e dalle ansie dei ceti popolari e di tutti coloro che sono ai margini della società. E Marini, in tutta la sua attività pubblica, ha sempre posto al centro della sua azione sindacale, politica, culturale ed istituzionale la cosiddetta “questione sociale”. Cioè, detta con parole ancora più semplici, qualunque scelta politica e legislativa non poteva mai prescindere da un’attenta valutazione sociale. Da qui la sua militanza nel sindacato della CISL, lo storico “sindacato bianco”. Da qui la sua immediata adesione alla sinistra sociale di ispirazione cristiana prima con Carlo Donat- Cattin nella DC e poi nei partiti che sono seguiti alla DC ma sempre come interprete, e anche leader, di quel filone che si può riassumere come cattolicesimo sociale.
Certo, Marini era un leader con un carisma innato. Come diceva Donat-Cattin in tempi non sospetti, “in politica il carisma o c’è o non c’è. È inutile darselo per decreto”. E questo carisma Marini lo ha declinato prima nel sindacato, poi nel partito e infine nelle istituzioni. Senza mai rinunciare alla sua cultura, alla sua identità e alla sua specificità. Insomma, anche nei partiti cosiddetti “plurali”, Marini non è mai stato una comparsa o un elemento aggiuntivo. Detto con parole ancora più comprensibili, Marini è sempre stato l’esatto opposto della concreta esperienza dei “cattolici indipendenti di sinistra” all’interno del PCI. E questo perché la sua presenza è sempre stata incisiva e determinante nel sindacato prima e, soprattutto, nella politica poi.
Ora, quando si parla dell’eredità di esponenti e leader come Franco Marini, c’è un dato su tutti che risalta. E cioè, l’area e la cultura del cattolicesimo sociale conservano tutt’oggi una straordinaria attualità e modernità, ma ad una condizione. E cioè, che non può mai ridursi a giocare un ruolo gregario, periferico e ornamentale all’interno dei rispettivi partiti. Perché nel momento in cui ci si rassegna ad essere ininfluenti all’interno di un partito si rinnegano le ragioni stesse della cultura, dei valori e del patrimonio del cattolicesimo sociale nel nostro Paese. E questo era, e resta, l’elemento decisivo e determinante che non possiamo dimenticare quando parliamo di uomini che hanno contribuito da un lato a difendere le ragioni del popolarismo e, dall’altro, ad esaltare e a difendere la qualità della nostra democrazia, la credibilità delle nostre istituzioni democratiche e, in ultimo, i valori e i principi della nostra Costituzione.
L’eredità politica e culturale dei grandi leader politici non ha una scadenza temporale. Per la semplice ragione che la loro testimonianza concreta da un lato e la loro personalità dall’altro sono destinati a durare. Non è un caso, per fare un solo esempio, che ancora oggi si continua ad individuare in molti statisti e leader del cattolicesimo politico del passato un ancoraggio sicuro per orientare le scelte politiche del presente. E questo al di là e al di fuori di qualsiasi tentazione nostalgica. Ma per la semplice ragione che la loro azione continua ad essere di straordinaria attualità, al netto dello scorrere del tempo e del cambiamento profondo della società. E, nel caso specifico, la lezione e, soprattutto, l’azione politica, culturale e sociale di Franco Marini continua ad essere attuale.
A 4 anni dalla scomparsa, possiamo dire tranquillamente che l’eredità del sindacalista e del leader politico Marini resta importante e soprattutto decisiva per i cattolici che vogliono impegnarsi in politica partendo dal “sociale”. Cioè dalle istanze, dalle domande, dalle richieste e dalle ansie dei ceti popolari e di tutti coloro che sono ai margini della società. E Marini, in tutta la sua attività pubblica, ha sempre posto al centro della sua azione sindacale, politica, culturale ed istituzionale la cosiddetta “questione sociale”. Cioè, detta con parole ancora più semplici, qualunque scelta politica e legislativa non poteva mai prescindere da un’attenta valutazione sociale. Da qui la sua militanza nel sindacato della CISL, lo storico “sindacato bianco”. Da qui la sua immediata adesione alla sinistra sociale di ispirazione cristiana prima con Carlo Donat- Cattin nella DC e poi nei partiti che sono seguiti alla DC ma sempre come interprete, e anche leader, di quel filone che si può riassumere come cattolicesimo sociale.
Certo, Marini era un leader con un carisma innato. Come diceva Donat-Cattin in tempi non sospetti, “in politica il carisma o c’è o non c’è. È inutile darselo per decreto”. E questo carisma Marini lo ha declinato prima nel sindacato, poi nel partito e infine nelle istituzioni. Senza mai rinunciare alla sua cultura, alla sua identità e alla sua specificità. Insomma, anche nei partiti cosiddetti “plurali”, Marini non è mai stato una comparsa o un elemento aggiuntivo. Detto con parole ancora più comprensibili, Marini è sempre stato l’esatto opposto della concreta esperienza dei “cattolici indipendenti di sinistra” all’interno del PCI. E questo perché la sua presenza è sempre stata incisiva e determinante nel sindacato prima e, soprattutto, nella politica poi.
Ora, quando si parla dell’eredità di esponenti e leader come Franco Marini, c’è un dato su tutti che risalta. E cioè, l’area e la cultura del cattolicesimo sociale conservano tutt’oggi una straordinaria attualità e modernità, ma ad una condizione. E cioè, che non può mai ridursi a giocare un ruolo gregario, periferico e ornamentale all’interno dei rispettivi partiti. Perché nel momento in cui ci si rassegna ad essere ininfluenti all’interno di un partito si rinnegano le ragioni stesse della cultura, dei valori e del patrimonio del cattolicesimo sociale nel nostro Paese. E questo era, e resta, l’elemento decisivo e determinante che non possiamo dimenticare quando parliamo di uomini che hanno contribuito da un lato a difendere le ragioni del popolarismo e, dall’altro, ad esaltare e a difendere la qualità della nostra democrazia, la credibilità delle nostre istituzioni democratiche e, in ultimo, i valori e i principi della nostra Costituzione.
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