UE: dopo il voto serve uno spirito costituente



Giuseppe Davicino    15 Giugno 2024       2

Nonostante l'avanzata della destra estrema in Germania e Francia, nel complesso il voto europeo non ha cambiato gli equilibri tra le varie famiglie politiche. Popolari, socialisti e liberaldemocratici continuano ad essere il perno di qualunque nuova maggioranza al Parlamento europeo. E questo indipendentemente dall'esito delle prossime legislative francesi di luglio. In ogni caso a Bruxelles vi sarà bisogno di una maggioranza molto ampia, e di una intesa altrettanto larga fra gli Stati membri per fare quelle riforme senza le quali è a rischio l'avvenire dell'Unione Europea.

Ciò che serve in questa fase storica è uno spirito costituente e allo stesso tempo pragmatico, per avviare ora, e non più rimandare, il percorso verso un'economia e un bilancio comune che permetta di gestire a livello comunitario quelle competenze che i singoli Stati faticano a gestire da soli, in un mondo caratterizzato dall'emergere di mercati e di sistemi di alleanze di dimensioni tali che solo un'Europa capace di presentarsi in modo unitario potrà essere alla pari con gli altri protagonisti globali.

Un altro dato che si impone all'attenzione, è l'alta percentuale di astensione avutasi per queste elezioni europee, che nell'insieme è stata di poco inferiore al 50%, e in Italia ha superato il 50%. Quando, circa la metà del corpo elettorale rinuncia a esercitare il proprio diritto di voto, emerge un grande problema di rappresentanza. La politica non si può fermare ai rappresentati e ai garantiti ma deve trovare il modo di parlare a tutti, anche a coloro che per motivi economici, sociali o pregiudizialmente hanno smesso di nutrire fiducia in essa. La nuova questione sociale, generata dalle trasformazioni tecnologiche, dalla speculazione sulla globalizzazione, dall'instabilità e dai conflitti internazionali va messa al centro delle preoccupazioni delle forze politiche, prima che possa degenerare in questione democratica.

Infine, il voto dello scorso 8-9 giugno è stato anche un test per la politica italiana. I pur buoni risultati conseguiti dai due partiti maggiori, Fratelli d'Italia e il Partito Democratico, che insieme superano di poco il 50% dei voti validi (e sono minoranza rispetto al corpo elettorale) dicono pure che la polarizzazione del voto non è un destino. Pur essendo stato il voto col sistema elettorale proporzionale, ha espresso delle indicazioni sulle coalizioni. In termini di voti centrodestra e centrosinistra all'incirca si equivalgono. La differenza la fa la capacità del centrodestra di costituire un'alleanza politica fra tutte le forze alternative alla sinistra, cosa che, sinora, non è riuscita a fare il centrosinistra.

Il voto europeo ha anche fornito alcune indicazioni rispetto alle varie opzioni di impegno politico della galassia del cattolicesimo democratico, sociale e popolare. Chi sta nel PD dovrà fronteggiare il fatto che il buon risultato alle Europee, ottenuto anche con l'apporto dei candidati dell'area riformista, ha rafforzato la segretaria Schlein e la sua linea radicale, e trovare un modo per incidere sulle scelte di quel partito, sorto con l'ambizione di esprimere una sintesi delle culture riformatrici, ma divenuto con l'attuale segreteria a tutti gli effetti il partito della sinistra, erede del solo PCI.

Chi guarda al centro, deve registrare l'ennesimo insuccesso dei partitini che da anni si contendono quell'area politica. Questa volta a schiantarsi sul muro del mancato quorum delle Europee sono stati i partiti di Renzi e Calenda. Ciononostante appare scontato che per le prossime politiche vi sarà comunque una gamba di centro nella coalizione di centrosinistra. Si tratterà di capire quale grado di autonomia potrà vantare rispetto al PD, di quali numeri potrà disporre per fare da contrappeso al rischio di derive ideologiche di un eventuale governo Schlein-Bonelli.

Infine, sempre fra coloro che guardano al centro, il fatto che Forza Italia, pur ancora col nome, divisivo, del fondatore nel simbolo, abbia scavalcato la Lega, non può passare inosservato. Insieme alla guida ispirata al buonsenso e alla moderazione dei toni, di Antonio Tajani (che sta dando prova di grande equilibrio anche come ministro degli Esteri) e insieme al riferimento alla famiglia politica europea dei Popolari.

È presto per parlare di una possibile evoluzione verso un centro autonomo di tutte le forze che guardano al PPE, forze non socialiste, non di destra o nazionaliste o conservatrici. Ma è un processo sul quale credo valga la pena di discutere, e che potrebbe incidere nel futuro in maniera significativa sugli equilibri della politica italiana.


2 Commenti

  1. Nessun dorma! Leader deboli vittime di un sistema massonico imperante e senza speranza di risorgere, Stoltemberg e Biden sostenuti da un medesimo comun denominatore. Europa azzoppata. governata da una sinistra arcobaleno ridicolo, decadente e relativizzato. G7, Meloni: “Raggiunto l’accordo sugli asset russi: 50 miliardi all’Ucraina”. Zelensky: grato a tutti. A mio avviso è una decisione sbagliata, che non tiene conto della storia: “lo strapotere della Nato”, un pericolo per riportare la guerra in Europa, con sanzioni che danneggeranno ulteriormente i ceti più deboli degli italiani e che fanno lievitare i prezzi al consumo, con il debito pubblico a 2.900 miliardi entro fine giugno 2024. D’altra parte, il Documento di economia e finanza (DEF) 2024 prevede il possibile superamento della soglia dei 3 mila miliardi di euro dal 2025 e anche le Previsioni economiche di primavera della Commissione europea indicano un trend di crescita del debito italiano. Dal 137,3% del PIL nel 2023, al 138,6% nel 2024, al 141,7% nel 2025. La bussola va impazzita all’avventura e il calcolo dei dadi più non torna.

  2. La settimana iniziata con i risultati elettorali relativi alle elezioni europee e conclusasi con le risultanze del G7 ha manifestato due evidenze prorompenti:
    1) L’astensionismo elettorale pari al 50% degli aventi diritto al voto;
    2) Le prime parole pronunziate da Papa Francesco ai convitati del G7 – La Politica è la più alta forma di carità (riprese da Papa Paolo VI) -.
    Non vi è dubbio alcuno che la rilevanza del contesto ove l’erede a pieno titolo di Pietro ha pronunciato quelle autorevoli parole, ne fanno un moltiplicatore di spessore politico oltre che etico e culturale. Molto oltre il ruolo di primate spirituale globale. La citazione magistralmente e modestamente espressa in siffatta circostanza deve indurre a ulteriori riflessioni coloro che hanno ancora nel mirino il servizio al bene comune. Possibilmente depurandole dalle tossine destrorse, sinistrorse, centrodestrorse e centrosinistrorse.
    L’astensionismo registrato nei seggi elettorali può e deve indurre nuovi ragionamenti, ormai nell’oblio da molto tempo, circa la possibilità, per coloro che si richiamano al “POPOLARISMO” Sturziano, De Gasperiano e Moroteo, autenticamente “Liberi e Forti”, di costruire una “rinnovata” proposta politica popolare. Pur con la consapevolezza che l’automatismo astensione/richiesta di centro politico e elettorale non è ineluttabile. Come non va confuso il “POPOLARISMO” sintesi delle istanze dei movimenti politici di ispirazione cristiana laicale e non solo, con l’indefinito titolo di “cattolicesimo democratico”, sintesi giornalistica priva di portato politico. Questa questione la approfondirò in altra occasione.
    Queste brevi considerazioni portano a leggere i risultati elettorali con qualche speranza e molte perplessità. Indifferibile per chiunque si ritenga europeista operare per l’approdo ad una convergenza politica vera e autonoma delle attuali Istituzioni Europee. Indipendentemente dalle legittime identità delle varie famiglie Europee. Solo un soggetto politico istituzionale come l’Europa unita e indivisibile (non mi è più possibile utilizzare il titolo Stati Uniti d’Europa, indegnamente e surrettiziamente usurpato da un piccolo personaggio affetto da “nanismo con mania di grandezza”) potrà concorrere alla costruzione di un mondo migliore filtrato dalle ambizioni imperialiste “cino-russe”, diverse tra loro ma confluenti come ho più volte richiamato. Nel dettaglio è bene la conferma della centralità parlamentare della maggioranza “Ursula” uscente, seppur aritmeticamente meno consistente; tuttavia è ancor meglio per l’Italia che la maggioranza colga l’occasione per allargarsi e consolidarsi aritmeticamente e, possibilmente, politicamente. Certo è che in tale situazione la Signora Presidente del Consiglio dei Ministri Italiana gioca tutte le sue carte di possibile interlocutore autorevole e di peso politico sulla capacità di costruire una solida alleanza con la “maggioranza Ursula uscente”. A tutto vantaggio Italiano. L’abilità di tessere tali “costruzioni politiche” è sempre stata tutta e solamente appannaggio dei Democratici-Cristiani. A lei il compito di esercitare una azione da leader al servizio dell’Italia e dell’Europa, al tempo stesso cerniera verso un maggior tasso di “democraticità” dei suoi attuali alleati e autodepurante delle tossine destrorse che ancora prevalgono tra i suoi colleghi di partito. Vedremo, se son rose fioriranno, se son cachi fuori stagione…..
    Considero “coraggiosa” la riflessione sulla moderazione manifestata, con merito, dal nostro Ministro degli esteri e dal suo movimento politico, depurato finalmente da un Berlusconismo che ha fatto danni irreparabili nel nostro Paese. Senza farsi troppe illusioni ma con “interessata” attenzione.
    Segnalo ai più attenti la desecretazione, quasi contemporanea, con conseguente pubblicazione, degli atti relativi alla Conferenza di Yalta del 1945 e dei documenti segreti dell’MI6, il Servizio Segreto di Sua Maestà, per capirci quello di James Bond. Su Yalta riprenderò la consueta riflessione un’altra volta; sui servizi segreti britannici annoto due brevi certezze:
    a) Si conferma il ruolo del servizio segreto di Sua Maestà nel redigere le false lettere di richiesta di bombardare Roma nel 1944 attribuite a De Gasperi (che costarono un anno di galera – scontato – a Giovannino Guareschi);
    b) Emerge anche con assoluta chiarezza il ruolo degli stessi servizi nell’attribuire a Enrico Mattei la frase, che mai avrebbe pronunciato di suà volontà, circa la distruzione della NATO; operazione che serviva a screditare Mattei presso le Sette Sorelle del Petrolio e soprattutto presso gli USA, per impedirgli di “destabilizzare” il quadro energetico gestito dai “commensali” di Yalta. Con buona pace di chi improvvidamente ne ha abusato anche su questo sito.

    Maurizio Trinchitella

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