Faccio seguito agli articoli di Alessandro Risso, con la controanalisi rivolta a un lettore che criticava le sue posizioni (CLICCA QUI), e a quello, molto esaustivo, di Giuseppe Ladetto (CLICCA QUI). Premetto di essere in sintonia con le puntuali e lucide analisi dei due autori: aggiungo solo qualche considerazione.
Eravamo in pace con la Russia, il nostro Bel Paese era invaso da turisti post sovietici felici di poter godere delle nostre bellezze e della nostra cucina, di solito generosi ospiti. Putin era ospitato nella casa del nostro premier sul famoso letto e con tanto di seconda casa in Sardegna. Si parlava di ingresso della Russia nella NATO (!!!). Dall’est generose forniture di prezioso gas a buon prezzo: troppa felicità per chi aveva altri piani destabilizzanti, con secondi fini reconditi, ma non troppo.
Cosa si fa in questi casi? Come si è sempre fatto in Africa: si individua un sergente, o meglio un tenente o un generale, ma va bene anche un burocrate, con ambizione e spregiudicato, lo si ricopre di soldi e di armi, gli si dice di arruolare violenti e duri tra gli oppositori, che di solito si trovano sempre facilmente, e si organizza un bel colpo di stato. Nel caso ucraino, l’assoldatore, per sua ammissione, ha nome e cognome: Victoria Nuland, vice ministro USA, a detta di Jeffrey Sachs una delle persone più pericolose che abbia mai ricoperto un incarico negli USA. Il compito viene poi completato da Boris Johnson, che fa saltare accordi di pace quasi firmati, come da dichiarazione dello stesso Zelensky.
Nel frattempo si erano organizzate tre grosse esercitazioni NATO a ridosso del confine russo: provocazione in tutto simile a quella dei missili a Cuba, solo diversa, in questo caso, la statura politica degli attori. L’evidente e clamorosa provocazione viene percepita (gli si può dar torto?) come una minaccia diretta e reale alla sicurezza russa. E allora, banalmente, e mi rivolgo all’interlocutore di Alessandro Risso, mi viene da citare la saggezza romana: Est modus in rebus. È quindi erroneamente strumentale invocare la libertà quando si è incapaci di afferrarne il senso ultimo: libertà di provocare, di bombardare regioni considerate ribelli con 14000 morti prima del febbraio 2022, di proibire l’uso del russo nelle scuole? E via discorrendo, ma libertà poi di opporre contromisure dalla controparte. Il tutto purtroppo nell’assenza politica e diplomatica, molto colpevole, di un’Europa asservita e guidata da personaggi insignificanti, ansiosi solo di obbedire a chi li aveva posti in posizioni di rilievo, senza alcun altro merito che non fosse la loro obbedienza cieca.
Stiamo con tutta evidenza assistendo al fallimento politico dell’Europa, il cui destino è legato a grigi e incapaci burocrati come Borrell, Michel, von der Leyen, che qualcuno chiama “von der Pfizer”, visto che sui suoi negoziati con il capo del gigante farmaceutico, Albert Bourla, sta ora indagando la Procura Europea, l’EPPO. Questi soggetti, in quanto inutili marionette, aborrono la parola negoziato e non concedono alla Pace la benché minima possibilità, mentre vaneggiano di riarmi e di imminenti puntate in Europa di cosacchi a cavallo.
E allora ringraziamo papa Francesco, che ha suggerito a tutti una via d’uscita. Personalmente, l’idea che mi sono fatto è che, verosimilmente (o solo probabilmente), la sua dichiarazione ha fatto seguito a informazioni riservate ricevute riguardo il disimpegno ormai evidente, e che sembra definitivo, degli USA da quello scenario. Tra l’altro, scegliere la TV svizzera come palcoscenico è un fatto di non secondaria importanza. Vi era quindi nelle parole del Papa l’evidente volontà di risparmiare maggiori tragedie per l’Ucraina. L’Europa, rimasta scoperta e priva di padrone, dopo un’auspicabile e sana, anche se tardiva, autocritica sulla propria miopia politica, dovrebbe decidere di diventare finalmente attore politico autonomo. Di conseguenza dovrebbe gestire in prima persona possibili accordi di pace con la Russia, in vista del ripristino delle situazioni quo ante, che permetterebbero la rinascita dell’Ucraina.
Una nuova Helsinki? L’alternativa, ossia il riarmo invocato da alcuni, temendo istericamente un assalto che andrebbe contro ogni ragionevolezza, è solo il frutto dell’evidente non elevata statura politica di chi è stato messo a guidare l’Europa, e che addirittura si ricandida: al peggio non c’è mai fine.
Eravamo in pace con la Russia, il nostro Bel Paese era invaso da turisti post sovietici felici di poter godere delle nostre bellezze e della nostra cucina, di solito generosi ospiti. Putin era ospitato nella casa del nostro premier sul famoso letto e con tanto di seconda casa in Sardegna. Si parlava di ingresso della Russia nella NATO (!!!). Dall’est generose forniture di prezioso gas a buon prezzo: troppa felicità per chi aveva altri piani destabilizzanti, con secondi fini reconditi, ma non troppo.
Cosa si fa in questi casi? Come si è sempre fatto in Africa: si individua un sergente, o meglio un tenente o un generale, ma va bene anche un burocrate, con ambizione e spregiudicato, lo si ricopre di soldi e di armi, gli si dice di arruolare violenti e duri tra gli oppositori, che di solito si trovano sempre facilmente, e si organizza un bel colpo di stato. Nel caso ucraino, l’assoldatore, per sua ammissione, ha nome e cognome: Victoria Nuland, vice ministro USA, a detta di Jeffrey Sachs una delle persone più pericolose che abbia mai ricoperto un incarico negli USA. Il compito viene poi completato da Boris Johnson, che fa saltare accordi di pace quasi firmati, come da dichiarazione dello stesso Zelensky.
Nel frattempo si erano organizzate tre grosse esercitazioni NATO a ridosso del confine russo: provocazione in tutto simile a quella dei missili a Cuba, solo diversa, in questo caso, la statura politica degli attori. L’evidente e clamorosa provocazione viene percepita (gli si può dar torto?) come una minaccia diretta e reale alla sicurezza russa. E allora, banalmente, e mi rivolgo all’interlocutore di Alessandro Risso, mi viene da citare la saggezza romana: Est modus in rebus. È quindi erroneamente strumentale invocare la libertà quando si è incapaci di afferrarne il senso ultimo: libertà di provocare, di bombardare regioni considerate ribelli con 14000 morti prima del febbraio 2022, di proibire l’uso del russo nelle scuole? E via discorrendo, ma libertà poi di opporre contromisure dalla controparte. Il tutto purtroppo nell’assenza politica e diplomatica, molto colpevole, di un’Europa asservita e guidata da personaggi insignificanti, ansiosi solo di obbedire a chi li aveva posti in posizioni di rilievo, senza alcun altro merito che non fosse la loro obbedienza cieca.
Stiamo con tutta evidenza assistendo al fallimento politico dell’Europa, il cui destino è legato a grigi e incapaci burocrati come Borrell, Michel, von der Leyen, che qualcuno chiama “von der Pfizer”, visto che sui suoi negoziati con il capo del gigante farmaceutico, Albert Bourla, sta ora indagando la Procura Europea, l’EPPO. Questi soggetti, in quanto inutili marionette, aborrono la parola negoziato e non concedono alla Pace la benché minima possibilità, mentre vaneggiano di riarmi e di imminenti puntate in Europa di cosacchi a cavallo.
E allora ringraziamo papa Francesco, che ha suggerito a tutti una via d’uscita. Personalmente, l’idea che mi sono fatto è che, verosimilmente (o solo probabilmente), la sua dichiarazione ha fatto seguito a informazioni riservate ricevute riguardo il disimpegno ormai evidente, e che sembra definitivo, degli USA da quello scenario. Tra l’altro, scegliere la TV svizzera come palcoscenico è un fatto di non secondaria importanza. Vi era quindi nelle parole del Papa l’evidente volontà di risparmiare maggiori tragedie per l’Ucraina. L’Europa, rimasta scoperta e priva di padrone, dopo un’auspicabile e sana, anche se tardiva, autocritica sulla propria miopia politica, dovrebbe decidere di diventare finalmente attore politico autonomo. Di conseguenza dovrebbe gestire in prima persona possibili accordi di pace con la Russia, in vista del ripristino delle situazioni quo ante, che permetterebbero la rinascita dell’Ucraina.
Una nuova Helsinki? L’alternativa, ossia il riarmo invocato da alcuni, temendo istericamente un assalto che andrebbe contro ogni ragionevolezza, è solo il frutto dell’evidente non elevata statura politica di chi è stato messo a guidare l’Europa, e che addirittura si ricandida: al peggio non c’è mai fine.
Semplicemente da incorniciare. Non smetto di stupirmi vedendo che i guerrafondai non mollano.
GRAZIE!!
Ah Borrell, quel signore che ci sta dicendo che una guerra convenzionale in Europa è una possibilità… Lo scorso anno Paolo Magri vicepresident di ISPI venne a Torino e tenne una conferenza presso il Sermig. Magri è uomo di grande intelligenza e cultura, brillante, simpatico. D’un tratto si lanciò in uno sperticato elogio di Borrell. Quale il suo merito principale secondo Magri? Raccogliere sistematicamente feed back e informazioni dai ministeri degli esteri dei Paesi membri. Al termine della conferenza, complice un’amica del Sermig, lo avvicinai per una breve chiacchierata. Gli chiesi di motivare meglio le sue espressioni di lode a questo personaggio e lui ripetè quanto aveva asserito in pubblico. Gli dissi che qualche anno prima avevo ricevuto l’incarico dalla banca in cui lavoravo di coordinare un team internazionale che aveva l’obiettivo di analizzare i rischi operativi nei diversi Paesi in cui eravamo presenti; la prima cosa che feci fu creare un format digitale in cui settimanalmente i colleghi stranieri dovevano fornire alcune informazioni standard, confrontabili e quantificabili. Dissi a Magri che la raccolta di dati è ciò che deve fare qualsiasi scalcagnato funzionario di un’impresa con qualche footprint in giro per il mondo. Il minimo sindacale! E questo, gli chiesi, sarebbe il merito distintivo di un personaggio chiamato nientepopodimeno a guidare la politica estera della nostra Europa? Si mise a ridacchiare imbarazzato… ma no ma no vedrà vedrà… Ahimè stiamo vedendo.