Già in passato avevamo messo in dialogo Ladetto e Davicino. Nella comune profonda convinzione del ruolo dell’Europa unita, il primo ritiene che solo un asse tra Francia e Germania possa crearne le condizioni, mentre il secondo pensa che entrambe abbiano già fallito la loro occasione.
La riunificazione tedesca aveva posto le premesse per un’Europa a guida franco-tedesca. Le due nazioni hanno avuto gli ultimi trent’anni a disposizione per esercitare la loro guida. Nei fatti sono andate al seguito dell’agenda della NATO sull’allargamento ad Est, la Francia non ha condiviso né il suo arsenale atomico né il suo posto di membro permanente del Consiglio di Sicurezza ONU. La Germania ha usato la sua supremazia economica, fondata essenzialmente su rapporti di buon vicinato con la Russia, per crescere a scapito delle altre economie europee e addirittura degli Stati Uniti. E se non era per Draghi alla BCE, la Germania non avrebbe neanche salvato la moneta comune europea, che pure le aveva dato enormi benefici.
Lo scoppio del conflitto in Ucraina, innescato un decennio fa principalmente dai neoconservatori americani in posizioni chiave nelle Amministrazioni che si sono susseguite, forzando il loro stesso mandato, mirava all’obiettivo di staccare l’Europa continentale dal’Eurasia, ormai il primo mercato mondiale. Una strategia deleteria per l’Europa che Parigi e Berlino non hanno voluto, o potuto, fermare.
Ora, con l’invasione russa dell’Ucraina, ha vinto l’Anglosfera, attiva anche nel sabotaggio delle infrastrutture energetiche che avevano assicurato energia russa a basso costo alla Germania. La continuazione il più a lungo possibile della guerra in Ucraina, consolida i suddetti rapporti di forza.
In un tale contesto non mi pare realistico attribuire all’asse franco-tedesco una capacità di guida che ha dimostrato di non possedere.
Credo che le sfide per l’UE siano altre, soprattutto quelle indicate ripetutamente da Mario Draghi. L’assoluta necessità e urgenza di procedere a una maggiore integrazione attraverso la via della sussidiarietà sui temi che non possono più esser affrontati solo a livello nazionale, come la difesa, la transizione energetica e quella digitale. Sfide che richiedono fisco e debito comune dell’UE per consentire gli investimenti necessari. Se l’UE intende sedersi al tavolo delle potenze mondiali di questo secolo, insieme a Stati Uniti, Cina, India e Russia per definire insieme una nuova governance globale multilaterale nel quadro delle Nazioni Unite, deve adottare politiche molto diverse da quelle ordoliberiste praticate, per miope ed egoistico diktat tedesco, nel decennio scorso. Altrimenti gli altri grandi si accorderanno senza l’UE e a scapito dell’Europa.
In questo senso trovo molto interessanti le riflessioni di Giuseppe Ladetto, perché solo dibattendo il tema dell’identità europea, si possono trovare le ragioni di una coesione necessaria per affrontare riforme richieste dai tempi. Perché o l’UE acquisisce rapidamente la massa critica degli altri blocchi mondiali (per popolazione, investimenti per l’innovazione e la difesa, capacità di cooperazione su basi di autonomia e di reciproco rispetto della sovranità) oppure corre il rischio di venire relegata ai margini della storia di questo secolo.
La riunificazione tedesca aveva posto le premesse per un’Europa a guida franco-tedesca. Le due nazioni hanno avuto gli ultimi trent’anni a disposizione per esercitare la loro guida. Nei fatti sono andate al seguito dell’agenda della NATO sull’allargamento ad Est, la Francia non ha condiviso né il suo arsenale atomico né il suo posto di membro permanente del Consiglio di Sicurezza ONU. La Germania ha usato la sua supremazia economica, fondata essenzialmente su rapporti di buon vicinato con la Russia, per crescere a scapito delle altre economie europee e addirittura degli Stati Uniti. E se non era per Draghi alla BCE, la Germania non avrebbe neanche salvato la moneta comune europea, che pure le aveva dato enormi benefici.
Lo scoppio del conflitto in Ucraina, innescato un decennio fa principalmente dai neoconservatori americani in posizioni chiave nelle Amministrazioni che si sono susseguite, forzando il loro stesso mandato, mirava all’obiettivo di staccare l’Europa continentale dal’Eurasia, ormai il primo mercato mondiale. Una strategia deleteria per l’Europa che Parigi e Berlino non hanno voluto, o potuto, fermare.
Ora, con l’invasione russa dell’Ucraina, ha vinto l’Anglosfera, attiva anche nel sabotaggio delle infrastrutture energetiche che avevano assicurato energia russa a basso costo alla Germania. La continuazione il più a lungo possibile della guerra in Ucraina, consolida i suddetti rapporti di forza.
In un tale contesto non mi pare realistico attribuire all’asse franco-tedesco una capacità di guida che ha dimostrato di non possedere.
Credo che le sfide per l’UE siano altre, soprattutto quelle indicate ripetutamente da Mario Draghi. L’assoluta necessità e urgenza di procedere a una maggiore integrazione attraverso la via della sussidiarietà sui temi che non possono più esser affrontati solo a livello nazionale, come la difesa, la transizione energetica e quella digitale. Sfide che richiedono fisco e debito comune dell’UE per consentire gli investimenti necessari. Se l’UE intende sedersi al tavolo delle potenze mondiali di questo secolo, insieme a Stati Uniti, Cina, India e Russia per definire insieme una nuova governance globale multilaterale nel quadro delle Nazioni Unite, deve adottare politiche molto diverse da quelle ordoliberiste praticate, per miope ed egoistico diktat tedesco, nel decennio scorso. Altrimenti gli altri grandi si accorderanno senza l’UE e a scapito dell’Europa.
In questo senso trovo molto interessanti le riflessioni di Giuseppe Ladetto, perché solo dibattendo il tema dell’identità europea, si possono trovare le ragioni di una coesione necessaria per affrontare riforme richieste dai tempi. Perché o l’UE acquisisce rapidamente la massa critica degli altri blocchi mondiali (per popolazione, investimenti per l’innovazione e la difesa, capacità di cooperazione su basi di autonomia e di reciproco rispetto della sovranità) oppure corre il rischio di venire relegata ai margini della storia di questo secolo.
Certo l’intesa franco tedesca non ha dato i frutti promessi. Anzi ha fatto molti passi indietro rispetto a quando Jacques Chirac e Gerhard Schroder ebbero il coraggio di opporsi all’intervento americano in Iraq rivendicando di fatto una autonoma politica europea. Per questo, i loro Paesi furono esplicitamente minacciati da Washington, che contrappose ad essi la “Nuova Europa” degli ex satelliti sovietici, totalmente allineata alle sue direttive.
Non sono però convinto, come l’amico Giuseppe Davicino, della capacità della classe dirigente dei Paesi della attuale UE di realizzare l’alternativa proposta. Ed altrettanto non ho fiducia nei progetti di Mario Draghi, perché non credo che uno strenuo atlantista come lui voglia o possa prendere le distanze dall’anglosfera e dall’imperante turbocapitalismo di marca anglosassone. E’ infatti quest’ultimo a condizionare negativamente il destino del mondo assai più di quanto possano fare i tedeschi o altri.