Il messaggio natalizio rivolto ieri al mondo da papa Francesco sembra discostarsi in almeno due aspetti fondamentali dalla narrazione sulla guerra che va per la maggiore.
Il primo aspetto, quello più evidente, è che le guerre in corso purtroppo sono molto di più delle due di cui si parla, quella in Ucraina e quella in Terra Santa. Il pontefice ne ha citate una dozzina, la gran parte delle quali si sta svolgendo nel continente africano in un sostanziale disinteresse. Una cappa di silenzio, quella sui conflitti in corso nel mondo, che rischia di non restituirci una rappresentazione affidabile e aderente al reale dell’attuale fase. Perché esiste un filo rosso che collega e unisce queste guerre e le rende dei pezzi di una unica guerra su scala mondiale, come ha ripetutamente avvertito il Santo Padre sin dall’inizio del suo ormai più che decennale pontificato, essendo già nel 2013 ben chiaro quali rischi si sarebbero potuti correre affidandosi alla guerra per dirimere conflitti risolvibili in altro modo.
L’altro aspetto, quello che più si allontana dai luoghi comuni e dalla retorica bellica di ciascuno degli Stati attualmente belligeranti, è costituito dal fatto che il Papa ieri ha lanciato con parole molto dure una dichiarazione di guerra alla guerra, “a ogni guerra, alla logica stessa della guerra, viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse”.
È facile prevedere che non mancheranno reazioni di sorpresa a questo suo giudizio e accuse da fronti opposti. Tuttavia sembra difficile negarne il realismo concreto e ampiamente suffragato dai fatti. Un’affermazione che lungi dal delegittimare i responsabili delle nazioni, pare incoraggiarli a realizzare ciò che i settori più avveduti fra i gruppi dirigenti già avvertono, e che ormai dicono apertamente: la guerra si è rivelata una delusione, è l’ora delle soluzioni diplomatiche. Per l’Ucraina, per il Medio Oriente, per l’Africa. È arrivata l’ora di innescare un’epidemia di accordi sui vari pezzi in cui si articola il conflitto globale in corso, che conduca all’Accordo di cui ha bisogno il mondo, anche per scongiurare non impossibili punti di non ritorno. L’accordo sulla coesistenza e sull’unità di intenti per il bene del genere umano fra le Potenze del nostro tempo.
Operando ora uno stacco netto, dal livello universale e spirituale del messaggio natalizio del Pontefice, al locale ambito della politica italiana, sembra abbastanza chiaro che anche nel Paese di cui il Pontefice è primate, questo suo ultimo messaggio natalizio non potrà esser ignorato. E tantomeno può esserlo da chi, come i Popolari, guarda ai problemi in uno stile di laicità e di distinzione dei piani. Forse l’apporto originale e più utile che possiamo dare nel Centro (e nel PD per chi è nel PD), consiste nel contribuire a far maturare una diversa sensibilità sul perché dei conflitti in corso, a partire dai due che riguardano l’Europa. E sull’inaffidabilità e sull’insostenibilità manifeste della guerra per risolverli. Sapendo che le elezioni europee, e quelle americane, nel 2024 avranno molto da dire al proposito.
In particolare per il Centro sarebbe importante pensare più a esser parte del processo di ricerca di soluzioni ormai non più rinviabili, piuttosto che continuare a cimentarsi in una gara fra i diversi leader per misurare fino al millimetro il loro grado di posizionamento, con il rischio di rimanere con il cerino in mano allorquando il governo, l’Europa, insieme agli alleati americani, sapranno adottare, anche in conseguenza dell’anno elettorale che sta per iniziare, le decisioni ritenute più necessarie alla sicurezza comune.
Il primo aspetto, quello più evidente, è che le guerre in corso purtroppo sono molto di più delle due di cui si parla, quella in Ucraina e quella in Terra Santa. Il pontefice ne ha citate una dozzina, la gran parte delle quali si sta svolgendo nel continente africano in un sostanziale disinteresse. Una cappa di silenzio, quella sui conflitti in corso nel mondo, che rischia di non restituirci una rappresentazione affidabile e aderente al reale dell’attuale fase. Perché esiste un filo rosso che collega e unisce queste guerre e le rende dei pezzi di una unica guerra su scala mondiale, come ha ripetutamente avvertito il Santo Padre sin dall’inizio del suo ormai più che decennale pontificato, essendo già nel 2013 ben chiaro quali rischi si sarebbero potuti correre affidandosi alla guerra per dirimere conflitti risolvibili in altro modo.
L’altro aspetto, quello che più si allontana dai luoghi comuni e dalla retorica bellica di ciascuno degli Stati attualmente belligeranti, è costituito dal fatto che il Papa ieri ha lanciato con parole molto dure una dichiarazione di guerra alla guerra, “a ogni guerra, alla logica stessa della guerra, viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse”.
È facile prevedere che non mancheranno reazioni di sorpresa a questo suo giudizio e accuse da fronti opposti. Tuttavia sembra difficile negarne il realismo concreto e ampiamente suffragato dai fatti. Un’affermazione che lungi dal delegittimare i responsabili delle nazioni, pare incoraggiarli a realizzare ciò che i settori più avveduti fra i gruppi dirigenti già avvertono, e che ormai dicono apertamente: la guerra si è rivelata una delusione, è l’ora delle soluzioni diplomatiche. Per l’Ucraina, per il Medio Oriente, per l’Africa. È arrivata l’ora di innescare un’epidemia di accordi sui vari pezzi in cui si articola il conflitto globale in corso, che conduca all’Accordo di cui ha bisogno il mondo, anche per scongiurare non impossibili punti di non ritorno. L’accordo sulla coesistenza e sull’unità di intenti per il bene del genere umano fra le Potenze del nostro tempo.
Operando ora uno stacco netto, dal livello universale e spirituale del messaggio natalizio del Pontefice, al locale ambito della politica italiana, sembra abbastanza chiaro che anche nel Paese di cui il Pontefice è primate, questo suo ultimo messaggio natalizio non potrà esser ignorato. E tantomeno può esserlo da chi, come i Popolari, guarda ai problemi in uno stile di laicità e di distinzione dei piani. Forse l’apporto originale e più utile che possiamo dare nel Centro (e nel PD per chi è nel PD), consiste nel contribuire a far maturare una diversa sensibilità sul perché dei conflitti in corso, a partire dai due che riguardano l’Europa. E sull’inaffidabilità e sull’insostenibilità manifeste della guerra per risolverli. Sapendo che le elezioni europee, e quelle americane, nel 2024 avranno molto da dire al proposito.
In particolare per il Centro sarebbe importante pensare più a esser parte del processo di ricerca di soluzioni ormai non più rinviabili, piuttosto che continuare a cimentarsi in una gara fra i diversi leader per misurare fino al millimetro il loro grado di posizionamento, con il rischio di rimanere con il cerino in mano allorquando il governo, l’Europa, insieme agli alleati americani, sapranno adottare, anche in conseguenza dell’anno elettorale che sta per iniziare, le decisioni ritenute più necessarie alla sicurezza comune.
Papa Francesco inviti anche le “banche armate” che portano il nome di Santi a non finanziare piu’ le industrie belliche. Ed ancora una domanda al Papa, alla politica, ai partiti ed a tutti noi: chi costruisce armamenti che uccidono, parlo degli operai (Cristiani e no) che li fabbricano e delle famiglie che vivono con il loro stipendio, sono corresponsabili delle morti e delle stragi che questi ordigni provocano? Grazie
Le banche corresponsabili! Possono scegliersi i clienti e gli investimenti
Gli operai no! Non si può chiedere eroismo a chi deve sopravvivere con stipendi, almeno in Italia, da fame e i più bassi d’Europa
La domanda è subdolamente ipocrita ! Se non bellicista-
Ma scrisse don Tonino Bello.“”Certo, se io fossi coraggioso come Giovanni Paolo II, dovrei ripeterti le sue parole accorate: «Siano disertati i laboratori e le officine della morte per i laboratori della vita!». Ma, a parte il debito di audacia, debbo riconoscere che il Papa si rivolgeva agli scienziati. I quali, di solito almeno economicamente, hanno più di una ruota di scorta. Tu invece ne sei privo. E anche le ruote necessarie, se non sono proprio forate, hanno le gomme troppo lisce perchè tu possa permetterti manovre pericolose. Non ti esorto perciò, almeno per ora, a quella forte testimonianza profetica di pagare, con la perdita del posto di lavoro, il rifiuto di collaborare alla costruzione di strumenti di morte. Ma ti incoraggio a batterti perchè si attui al più presto, e in termini perentori, la conversione dell’industria bellica in impianti civili, produttori di beni, atti a migliorare la qualità della vita. E’ un progetto che va portato avanti. Da te. Dai sindacati. Da tutti. Con urgenza. Con forza. (…) Ti abbraccio » .
Egr. G. Davicino,
le parole del Papa sulle guerre? Forti e poi? Per quanto riguarda l’aggressione russa all’Ucraina basterebbe che il Papa chiedesse alla Russia di ritirare le truppe dalle zone invase, devastate, distrutte con massacri e violenze terroristiche di ogni genere. E non avrebbe mai dovuto offrire alla Russia la giustificazione alle sue violenze come risposta ‘’all’ abbaiare di cani alle sue frontiere‘’. In Terra Santa basterebbe che chiedesse che Hamas restituisse gli ostaggi, almeno quelli non ancora uccisi, e si arrendesse. E avrebbe dovuto fin dall’inizio chiamare Hamas e i suoi atti ‘’guerra terroristica‘’, come ha invece fatto per la reazione di Israele. E non avrebbe mai dovuto firmare ‘’Fratelli tutti‘’ con l’Imam di Al-Azar che si è subito dichiarato a fianco di Hamas dopo la strage del 7 ottobre. E non avrebbe mai dovuto firmare il documento di Abu Dabi, anche con uno dei capi di Hamas. Ormai credo che conosciamo questo Papa che la Lucetta Scaraffia definisce amante di apparire buono. Con tutto questo io resto pienamente e convintamente cattolico, considero Papa Francesco il mio attuale Papa e per lui e per la Chiesa soprattutto prego ogni giorno.