In uno dei suoi ultimi articoli per “Rinascita popolare” – Gli europei devono svegliarsi da un sogno – Guido Bodrato aveva manifestato tutta la sua delusione per l’impasse di mediocrità in cui è sprofondata l’Unione europea, avvitata negli egoismi nazionali e incapace di una visione, quella che avevano i confinati a Ventotene, quella di Schumann, Degasperi e Adenauer. Una visione più che mai necessaria in un mondo che sta sempre più marcando le ragioni della divisione e del conflitto rispetto a quelle della cooperazione e della pace.
Il pessimismo di Guido mi aveva colpito, conoscendo la sua capacità di cogliere i segnali di speranza anche nei periodi bui. E poiché mi pare stia diventando di tutta evidenza che solo un ruolo forte dell’Unione sarebbe in grado di mantenere l’Occidente europeo tra i protagonisti dello scenario mondiale, con un polo forte della sua ineguagliabile cultura, dell’economia, della tecnologia e ricerca all’avanguardia, il mio ingenuo ottimismo avrebbe prefigurato uno sforzo per la definizione di una posizione europea segnata dal rispetto dei diritti umani, in primis dal diritto alla vita messo in crisi dal ritorno della guerra, il “male assoluto”, sul Vecchio continente. E questo anche affermando una posizione autonoma rispetto all’alleato storico americano, restio a recedere dal ruolo di dominatore della scena mondiale – comprensibile dopo la caduta del muro di Berlino, ma ora non più dopo trent’anni segnati da un mondo in vorticoso cambiamento e da guerre sbagliate (Iraq) e inutili (Afghanistan) – e a calarsi in una dimensione multipolare della geopolitica.
Ebbene, Bodrato – ancora una volta – aveva correttamente letto per primo la desolante realtà dell’Europa unita, obiettivo che sta a cuore a tutti i Popolari. Oggi possiamo riconoscere che il voto dell’altro giorno all’Assemblea generale dell’ONU ha segnato il punto politico più basso e sconcertante dell’unità europea.
La risoluzione presentata da 40 Stati, in gran parte mediorientali e africani, per chiedere l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza, tutele per la popolazione civile palestinese e garanzie per evitarne l’esodo forzato, ha dimostrato la totale assenza di non dico una strategia comune, ma almeno di un tentativo di composizione europea. Non pareva difficile, ispirati dal comune senso di pace, concordare sulla condanna della barbarie e sul rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale. Invece l’Europa ha brillato per divisione. Il testo ha ottenuto 120 voti a favore, tra cui Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Irlanda, Lussemburgo e Malta. Tra i “grandi” hanno votato sì Russia, Cina e Brasile. I contrari sono stati 14: ovviamente Israele e Stati Uniti, e le europee Austria, Croazia, Repubblica Ceca e Ungheria.
L’Italia si è collocata tra i 45 astenuti insieme a Germania, Regno Unito (un po’ ha sorpreso il suo non allineamento agli USA), Olanda, Svezia, Polonia, Slovacchia, Bulgaria e Romania; in questo gruppo anche India e Giappone. La risoluzione è stata approvata avendo ottenuto la maggioranza necessaria dei due terzi, esclusi dal conteggio gli astenuti.
Ora, non stiamo a sindacare nel merito il documento. Lo si poteva votare condividendo ciò che chiedeva, la protezione umanitaria della popolazione di Gaza, oppure respingerlo per ciò che mancava, la condanna del raid terroristico di Hamas e ogni riferimento agli oltre 200 ostaggi in mano agli estremisti palestinesi. Oppure ci si poteva astenere proprio per queste carenze.
Ma, vivaddio, era troppo chiedere una posizione comune, magari espressa con un diverso ordine del giorno, più completo ed equilibrato? Invece si è plasticamente dimostrata l’inconsistenza politica, l’assenza di una strategia dei Paesi dell’Unione, ognuno in ordine sparso.
È andata in scena la Disunione europea.
Uno spettacolo penoso. Guido almeno se lo è risparmiato.
Il pessimismo di Guido mi aveva colpito, conoscendo la sua capacità di cogliere i segnali di speranza anche nei periodi bui. E poiché mi pare stia diventando di tutta evidenza che solo un ruolo forte dell’Unione sarebbe in grado di mantenere l’Occidente europeo tra i protagonisti dello scenario mondiale, con un polo forte della sua ineguagliabile cultura, dell’economia, della tecnologia e ricerca all’avanguardia, il mio ingenuo ottimismo avrebbe prefigurato uno sforzo per la definizione di una posizione europea segnata dal rispetto dei diritti umani, in primis dal diritto alla vita messo in crisi dal ritorno della guerra, il “male assoluto”, sul Vecchio continente. E questo anche affermando una posizione autonoma rispetto all’alleato storico americano, restio a recedere dal ruolo di dominatore della scena mondiale – comprensibile dopo la caduta del muro di Berlino, ma ora non più dopo trent’anni segnati da un mondo in vorticoso cambiamento e da guerre sbagliate (Iraq) e inutili (Afghanistan) – e a calarsi in una dimensione multipolare della geopolitica.
Ebbene, Bodrato – ancora una volta – aveva correttamente letto per primo la desolante realtà dell’Europa unita, obiettivo che sta a cuore a tutti i Popolari. Oggi possiamo riconoscere che il voto dell’altro giorno all’Assemblea generale dell’ONU ha segnato il punto politico più basso e sconcertante dell’unità europea.
La risoluzione presentata da 40 Stati, in gran parte mediorientali e africani, per chiedere l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza, tutele per la popolazione civile palestinese e garanzie per evitarne l’esodo forzato, ha dimostrato la totale assenza di non dico una strategia comune, ma almeno di un tentativo di composizione europea. Non pareva difficile, ispirati dal comune senso di pace, concordare sulla condanna della barbarie e sul rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale. Invece l’Europa ha brillato per divisione. Il testo ha ottenuto 120 voti a favore, tra cui Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Irlanda, Lussemburgo e Malta. Tra i “grandi” hanno votato sì Russia, Cina e Brasile. I contrari sono stati 14: ovviamente Israele e Stati Uniti, e le europee Austria, Croazia, Repubblica Ceca e Ungheria.
L’Italia si è collocata tra i 45 astenuti insieme a Germania, Regno Unito (un po’ ha sorpreso il suo non allineamento agli USA), Olanda, Svezia, Polonia, Slovacchia, Bulgaria e Romania; in questo gruppo anche India e Giappone. La risoluzione è stata approvata avendo ottenuto la maggioranza necessaria dei due terzi, esclusi dal conteggio gli astenuti.
Ora, non stiamo a sindacare nel merito il documento. Lo si poteva votare condividendo ciò che chiedeva, la protezione umanitaria della popolazione di Gaza, oppure respingerlo per ciò che mancava, la condanna del raid terroristico di Hamas e ogni riferimento agli oltre 200 ostaggi in mano agli estremisti palestinesi. Oppure ci si poteva astenere proprio per queste carenze.
Ma, vivaddio, era troppo chiedere una posizione comune, magari espressa con un diverso ordine del giorno, più completo ed equilibrato? Invece si è plasticamente dimostrata l’inconsistenza politica, l’assenza di una strategia dei Paesi dell’Unione, ognuno in ordine sparso.
È andata in scena la Disunione europea.
Uno spettacolo penoso. Guido almeno se lo è risparmiato.
L’Ue, al di là dei suoi limiti, per demeriti o per un condizionamento storico che pesa, è stata spinta dagli eventi in un vicolo cieco. Quasi del tutto assente in Medio Oriente, e alle prese con una guerra in Ucraina che non ha fatto abbastanza per evitare, e che ora la sta dissanguando, l’Europa, se non trova il coraggio di fermarla, ritornando ad una trattativa per la neutralità dello sventurato Paese invaso dalla Russia.
Speriamo che dalle prossime elezioni europee esca una classe dirigente capace di muoversi in un modo adeguato ad un mondo che è profondamente mutato, non più governabile dalle sole Washington e Bruxelles.
La mia impressione è che molti abbiano già capito la necessità dell’autonomia dell’Europa sulla scena globale, invocata, da Alessandro Risso, ma che esitino a venire allo scoperto, in attesa di qualcuno, o qualche cosa, che dia il là. Questo ora credo sia il compito prioritario di chi vuole “rinnovare l’Europa”.
E, forse, è anche ora di avere una politica con un indirizzo preciso e coerente che porti rapidamente alla Federazione dell’Europa, con un nucleo di Stati che condividono i valori e gli altri (che sono più incerti, o non convinti per quanto riguarda tutti i diritti e il pluralismo) in seconda fascia. L’Europa più è grande e meglio è, ma non è un hotel comodo per chi vuole solo beneficiare di alcuni aspetti. Ci vuole condivisione, altrimenti siamo un pseudo Stato Brancaleone. Siamo in 27 che tirano ognuno da una parte diversa: non è serio e non consente una politica seria e autorevole. Poi probabilmente ci sono anche i cittadini che si sentono ancora troppo nazionalisti e poco europei, e hanno della democrazia un concetto diverso da quello di Spinelli, Schuman, De Gasperi, Adenauer, Monnet, Spaak. E neanche di Dossetti, di Langer, di Khol, di Granelli e Bodrato, di Delors: e questo può rappresentare un grosso problema.
Egregio Direttore,
mi pregio esprimerTi ancora una volta un plauso per la riflessione sulla disunione europea.
Finalmente è emerso il vero snodo cruciale della geopolitica contemporanea.
Ne avevamo riflettuto più volte con Guido, in tempi non sospetti, soprattutto durante la visita a Strasburgo e Bruxelles, quando serviva da deputato la causa europeista.
Senza il compimento del processo politico avviato da De Gasperi, Adenauer e Schumann, sostenuto da Sturzo e Monnet tra gli altri, proseguito con il Trattato di Maastricht entrato in vigore trent’anni fa nella ricorrenza di Ognissanti, senza il compimento di quel processo politico oggi alla deriva, non vi sarà un approdo di Pace. Per due ragioni fondamentali:
A) La storia, il diritto, la cultura, sintesi romanica e cristiana che l’Europa esprime da due millenni e soprattutto la Pace conseguente all’esercizio della Libertà e della democrazia praticata dal secondo dopoguerra ad oggi, fanno dell’Europa Politica l’unico attore capace di proporre e mediare soluzioni di Pace per un nuovo Ordine Internazionale Globale;
B) Gli Stati Uniti d’Europa o l’Unione Politica Europea o come la si vorrà chiamare, all’atto pratico, rimetterebbe in discussione i seggi al Consiglio Permanente di Sicurezza dell’ONU imponendo “IPSO FACTO” una revisione dei Patti di Yalta che tutt’oggi governano il mondo, con gli evidenti risultati noti.
Non è pensabile immaginare nuovi scenari globali allargando la base imponibile dei decisori politici senza trovare una comune piattaforma; e soprattutto senza un nuovo attore proiettato verso un futuro di Pace (l’Europa politica di cui sopra) capace di proporla e mediarla. USA, Federazione Russa, Cina e purtroppo anche UK e Francia non hanno né possono avere alcun interesse a ribaltare l’ordine costituito. Il diritto di veto consente loro di praticare qualsivoglia nefandezza politica o militare, a seconda dei casi, senza possibilità di interdizioni adeguate, al massimo sanzioni economiche dal lento e non sempre efficace risultato. Inoltre occorre riflettere sullo stato di necessità, cioè su come impedire e bloccare sul nascere le attività di vari gruppi terroristici, che occultamente finanziati, fomentano intensivamente, dall’avvento del terzo millennio, lo scontro tra le civiltà che i popoli stessi delle varie civiltà non hanno nessuna volontà né interesse a sostenere. L’anelito comune è rivolto alla convivenza civile ed alla Pace. Vi è poi un’ultima considerazione che attiene all’antiamericanismo e direi quasi all’antioccidentalismo che traspare in molti articoli; non basta più definirlo ingeneroso, è qualcosa di più. A me pare che il ruolo dell’occidente e degli USA in particolare, in quanto Potenza Maggiore e quindi guida in qualche modo di molti percorsi di garanzia nei vari scenari globali, abbia contribuito a sostanziali equilibri di ruoli, pur tra molti errori, Biden ne ha appena riconosciuto uno importante. Tutto ciò in un contesto globale nel quale gli USA sono stati la Potenza Economica e Finanziaria principale. Ora non è più così. La Cina contende tale primato e altri attori competeranno a medio termine. Non credo che gli Usa, a dispetto delle dichiarazioni o delle ambizioni di questo o quel politico o Agenzia che dir si voglia, abbiano né la volontà né soprattutto la forza economica di reiterarsi come Principal Global Player. Ecco su queste basi varrebbe la pena riflettere meglio sugli eventi succeduti alla fine della guerra fredda. A cominciare dai sostegni alla Cina Comunista senza contropartita, in termini di diritti civili, che l’hanno portata al ruolo di competitor freddo, cinico e soprattutto alieno a qualunque regola globale. Mentre un dimenticato Putin ricostruiva un tentativo di ruolo imperiale. La riflessione dovrebbe comprendere anche altri importanti sviluppi di attori globali. In sintesi una nuova comunità internazionale “si annuncia”. Passare “dall’Idea al Fatto” è imperativo non auspicabile. Altrimenti il nuovo ordine internazionale sarà dettato da scenari sempre più truculenti e a noi europei non resterà che subirli. Passivamente. Per inciso, l’aggressione russa in Ucraina non è un’invenzione propagandata dall’occidente ma la dura, cruda e tragica realtà dei fatti che i sopravvissuti raccontano.
Maurizio Trinchitella