Il governo Meloni: bagni di realtà… ministri inadeguati… e il disegno proclamato di un progetto conservatore all’altezza dei problemi di oggi. A che punto siamo?
Nelle ultime elezioni abbiamo visto la successiva ascesa fulminea di tre forze politiche nuove (o semi-nuove) il Movimento 5 Stelle, la Lega di Salvini e Fratelli di Italia. Da basse percentuali a una cifra sono arrivati di colpo a percentuali a doppia cifra che le hanno scaraventate a responsabilità primarie di governo. Pur con tutte le diversità del caso queste formazioni hanno dovuto affrontare tre problemi analoghi:
a) abbondanti bagni di realtà,
b) le inadeguatezze della propria classe dirigente nello svolgere funzioni di governo con sufficiente maturità e competenza,
c) la necessità di elaborare (da zero o quasi) una propria visione del Paese, dei suoi problemi e delle risposte da darvi che era invece largamente assente dai loro semplicistici e audaci proclami
elettorali.
Tre sfide non da poco. Le esperienze non proprio entusiasmanti del M5S e della Lega su questi tre fronti le abbiamo viste svolgersi sotto i nostri occhi in particolare durante il primo governo Conte che sommava quei due partiti. Ora è il momento di Fratelli d’Italia e di Giorgia Meloni. Mentre si avvicina il traguardo del primo anno di governo, anche senza tentare un bilancio sistematico si vede bene come queste sfide abbiano segnato la strada del nuovo esecutivo.
I primi bagni di realtà sono stati affrontati da Meloni con un discreto successo. Sia con la prima finanziaria, sia soprattutto con le strategie europee l’attuale capo del governo, anche mettendosi in scia con le scelte del governo Draghi, ha mostrato di voler capire più in fretta e con maggior coraggio dei suoi predecessori Cinquestelle e Lega che la realtà deve far premio sugli slogan ideologici e che stare al governo è un po’ diverso che stare all’opposizione. E, in particolare, che sul piano europeo, se si vuole provare ad ottenere qualcosa (ad esempio sulle questioni migratorie), i propri amici di partito non sono necessariamente gli alleati migliori a Bruxelles.
Naturalmente questo è solo l’inizio di un cammino che richiederà tempo, pazienza e molto lavoro. Tanto per fare un esempio sul fronte migrazioni i risultati sono ben lungi dal vedersi. Il fronte dei bagni di realtà presenterà molte altre sfide nei prossimi mesi; tra poco c’è una nuova finanziaria… e poi ce ne saranno altre se il Governo durerà.
Sul secondo punto, quello della classe dirigente, forse con una o due eccezioni la squadra ministeriale emersa con Fratelli d’Italia appare largamente inadeguata e bisognosa di un bel turnover. Per ora la leader del governo esita a intervenire, ma quanto più passa il tempo tanto maggiori saranno i danni anche perché molto della realizzazione del PNRR e di altri programmi essenziali dipende dai ministri. Qualcosa avverrà forse con le elezioni europee anche se mandare a Bruxelles e Strasburgo alcuni ministri inadeguati non sembra un gran contributo agli importanti nodi da sciogliere nei prossimi mesi in sede comunitaria.
Resta il terzo punto: il disegno per il Paese. Il Governo ha davanti a sé questioni di grande rilevanza: attuare la riforma fiscale, salvaguardare la sanità pubblica, contrastare il lavoro povero, gestire flussi immigratori che invece che diminuire aumentano, mettere a terra il PNRR (con la realizzazione di grandi infrastrutture, transizione ambientale, riduzione dei divari Nord-Sud…), riformare il sistema delle autonomie. Tutto questo tocca da un lato scelte delicate sul fronte delle entrate, della loro adeguatezza ed equità (e qui la riforma fiscale è cruciale) così come su quello delle uscite (qui selezione degli obiettivi prioritari, ma anche gestione oculata delle spese sono centrali).
Condurre avanti tutto questo dovrebbe richiedere non risposte estemporanee per tacitare le diverse anime della coalizione o un semplice discorso ragionieristico ma una visione che colleghi gli interventi di breve termine ad uno sguardo di medio termine capace di dare al Paese una prospettiva.
Meloni si presenta come leader del Partito conservatore europeo e la sua è naturalmente una prospettiva legittima (che la si apprezzi o meno). Ma quali ne sono i contenuti e ancor prima quale è la cultura politica che li sostiene? Qui siamo ancora ampiamente nel vago o in serie contraddizioni che mostrano il deficit di cultura politica del partito.
Bastano pochi esempi. A livello fiscale conservatorismo vuol dire attardarsi a difendere enormi aree di evasione fiscale, concessioni balneari irrisorie, un catasto arretrato, aree di privilegio difficilmente giustificabili o disegnare un sistema fiscale meno farraginoso e meno gravoso per la fetta della popolazione – la classe media – che paga regolarmente e pesantemente le tasse? A livello europeo conservatorismo vuol dire continuare a usare lo slogan della difesa della sovranità nazionale o invece capire che, pur rifiutando certe eccessive pretese di ingerenza di Bruxelles in questioni interne che è giusto rimangano affidate alle competenze degli Stati, un intelligente conservatorismo richiede che in altri campi dove gli Stati non riescono ad affrontare da soli le grandi sfide del nostro tempo (dalla gestione dell’ordine internazionale, ai flussi migratori, alla questione climatica, alla gestione degli shock economici e finanziari) è bene che l’Unione abbia strumenti più forti di azione?
Insomma, nei prossimi mesi vorremmo capire meglio di quale visione conservatrice si tratta. Poi, naturalmente, vorremmo anche capire meglio quale sia la visione alternativa delle opposizioni su questi temi…
(Tratto da www.politicainsieme.com)
Nelle ultime elezioni abbiamo visto la successiva ascesa fulminea di tre forze politiche nuove (o semi-nuove) il Movimento 5 Stelle, la Lega di Salvini e Fratelli di Italia. Da basse percentuali a una cifra sono arrivati di colpo a percentuali a doppia cifra che le hanno scaraventate a responsabilità primarie di governo. Pur con tutte le diversità del caso queste formazioni hanno dovuto affrontare tre problemi analoghi:
a) abbondanti bagni di realtà,
b) le inadeguatezze della propria classe dirigente nello svolgere funzioni di governo con sufficiente maturità e competenza,
c) la necessità di elaborare (da zero o quasi) una propria visione del Paese, dei suoi problemi e delle risposte da darvi che era invece largamente assente dai loro semplicistici e audaci proclami
elettorali.
Tre sfide non da poco. Le esperienze non proprio entusiasmanti del M5S e della Lega su questi tre fronti le abbiamo viste svolgersi sotto i nostri occhi in particolare durante il primo governo Conte che sommava quei due partiti. Ora è il momento di Fratelli d’Italia e di Giorgia Meloni. Mentre si avvicina il traguardo del primo anno di governo, anche senza tentare un bilancio sistematico si vede bene come queste sfide abbiano segnato la strada del nuovo esecutivo.
I primi bagni di realtà sono stati affrontati da Meloni con un discreto successo. Sia con la prima finanziaria, sia soprattutto con le strategie europee l’attuale capo del governo, anche mettendosi in scia con le scelte del governo Draghi, ha mostrato di voler capire più in fretta e con maggior coraggio dei suoi predecessori Cinquestelle e Lega che la realtà deve far premio sugli slogan ideologici e che stare al governo è un po’ diverso che stare all’opposizione. E, in particolare, che sul piano europeo, se si vuole provare ad ottenere qualcosa (ad esempio sulle questioni migratorie), i propri amici di partito non sono necessariamente gli alleati migliori a Bruxelles.
Naturalmente questo è solo l’inizio di un cammino che richiederà tempo, pazienza e molto lavoro. Tanto per fare un esempio sul fronte migrazioni i risultati sono ben lungi dal vedersi. Il fronte dei bagni di realtà presenterà molte altre sfide nei prossimi mesi; tra poco c’è una nuova finanziaria… e poi ce ne saranno altre se il Governo durerà.
Sul secondo punto, quello della classe dirigente, forse con una o due eccezioni la squadra ministeriale emersa con Fratelli d’Italia appare largamente inadeguata e bisognosa di un bel turnover. Per ora la leader del governo esita a intervenire, ma quanto più passa il tempo tanto maggiori saranno i danni anche perché molto della realizzazione del PNRR e di altri programmi essenziali dipende dai ministri. Qualcosa avverrà forse con le elezioni europee anche se mandare a Bruxelles e Strasburgo alcuni ministri inadeguati non sembra un gran contributo agli importanti nodi da sciogliere nei prossimi mesi in sede comunitaria.
Resta il terzo punto: il disegno per il Paese. Il Governo ha davanti a sé questioni di grande rilevanza: attuare la riforma fiscale, salvaguardare la sanità pubblica, contrastare il lavoro povero, gestire flussi immigratori che invece che diminuire aumentano, mettere a terra il PNRR (con la realizzazione di grandi infrastrutture, transizione ambientale, riduzione dei divari Nord-Sud…), riformare il sistema delle autonomie. Tutto questo tocca da un lato scelte delicate sul fronte delle entrate, della loro adeguatezza ed equità (e qui la riforma fiscale è cruciale) così come su quello delle uscite (qui selezione degli obiettivi prioritari, ma anche gestione oculata delle spese sono centrali).
Condurre avanti tutto questo dovrebbe richiedere non risposte estemporanee per tacitare le diverse anime della coalizione o un semplice discorso ragionieristico ma una visione che colleghi gli interventi di breve termine ad uno sguardo di medio termine capace di dare al Paese una prospettiva.
Meloni si presenta come leader del Partito conservatore europeo e la sua è naturalmente una prospettiva legittima (che la si apprezzi o meno). Ma quali ne sono i contenuti e ancor prima quale è la cultura politica che li sostiene? Qui siamo ancora ampiamente nel vago o in serie contraddizioni che mostrano il deficit di cultura politica del partito.
Bastano pochi esempi. A livello fiscale conservatorismo vuol dire attardarsi a difendere enormi aree di evasione fiscale, concessioni balneari irrisorie, un catasto arretrato, aree di privilegio difficilmente giustificabili o disegnare un sistema fiscale meno farraginoso e meno gravoso per la fetta della popolazione – la classe media – che paga regolarmente e pesantemente le tasse? A livello europeo conservatorismo vuol dire continuare a usare lo slogan della difesa della sovranità nazionale o invece capire che, pur rifiutando certe eccessive pretese di ingerenza di Bruxelles in questioni interne che è giusto rimangano affidate alle competenze degli Stati, un intelligente conservatorismo richiede che in altri campi dove gli Stati non riescono ad affrontare da soli le grandi sfide del nostro tempo (dalla gestione dell’ordine internazionale, ai flussi migratori, alla questione climatica, alla gestione degli shock economici e finanziari) è bene che l’Unione abbia strumenti più forti di azione?
Insomma, nei prossimi mesi vorremmo capire meglio di quale visione conservatrice si tratta. Poi, naturalmente, vorremmo anche capire meglio quale sia la visione alternativa delle opposizioni su questi temi…
(Tratto da www.politicainsieme.com)
Lascia un commento