La surrogazione di maternità tra etica e diritto



Primo Fonti    5 Agosto 2023       0

Non vi è dubbio che la surrogazione di maternità implica questioni complesse di natura etica, antropologica e sociale prima ancora che giuridica.

I problemi biogiuridici sono molteplici e variano dall’esistenza o meno di un diritto al figlio, alla mercificazione del corpo e/o delle sue parti; dal possibile conseguente aborto stabilito per contratto all’applicazione dei principi di diritto privato alla maternità surrogata.

Per affermare l’esistenza di un diritto al figlio si deve considerare l’essere umano alla stregua di un oggetto piuttosto che una persona; i due concetti sono nettamente separati. Il che implica l’adesione a differenti modelli etico-filosofici con differenti conseguenze giuridiche.

È però un dato empirico che l’embrione è un oggetto biologico molto particolare; che si tratta di una forma di vita umana sia pure in nuce con un suo patrimonio genetico; che alla base delle fasi di sviluppo del concepito che nasce, cresce e diviene adulto non può che esserci la sua umanità. Insomma, come scrive Tertulliano, “È già un uomo colui che lo sarà ”.

La questione della mercificazione del corpo della donna costituisce un vero e proprio atto di disposizione limitativo della libertà e lesivo della dignità della donna mettendo perfino a rischio la sua integrità psico-fisica. Taluni affermano, invece, che la possibilità di affittare il proprio utero sarebbe una conquista della tecnica che contribuirebbe all’autodeterminazione delle persone. Costoro considerano l’affitto dell’utero un mero contratto di scambio ignorando, o facendo finta di ignorare, ogni altra dimensione che lo rende molto più simile alla schiavitù.

Infine la questione dell’aborto contrattualizzato. Se il concepito è in esubero o è diverso da quello ordinato, cosa succede? E separare i gemelli perché è stato “ordinato” un solo bambino? E se il bambino è affetto da sindrome di down? Si può prevedere per contratto l’obbligo dell’aborto? Si può eseguire forzatamente un simile contratto? Può essere chiesto il risarcimento dei danni a chi fosse inadempiente? Questi e altri analoghi interrogativi si deve porre non solo il giurista!

Non so se sia vero, ma mi piace pensarlo, che cioè, la legge in discussione in parlamento , sanzionando il ricorso alla surrogazione di maternità anche all’estero, assumerebbe (o dovrebbe assumere) nelle intenzioni dei proponenti anche una funzione etica.

I fatti, però, sembrano smentire le buone intenzioni. Alcuni esempi chiariranno meglio i dubbi nella speranza che non ne facciano emergere di ulteriori.

La legge in parola interviene sull’art.12, comma 6, della legge n. 40 del 2004 che sanziona con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro “chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità…” estendendo l’illegalità della condotta anche se attuata all’estero.

La disciplina vigente

Giungendo subito alle conclusioni per ragioni si spazio si deve anzitutto considerare che il reato di surrogazione di maternità commesso all’estero da cittadini italiani ricade nell’ambito di applicazione dell’art. 9 co. 2 c.p. La norma, applicabile per i delitti puniti con pena inferiore a tre anni, condiziona la punibilità del colpevole cittadino italiano alla sua presenza nel territorio dello Stato e alla richiesta del Ministro della giustizia (oppure a istanza o querela della persona offesa che, però, nel caso in esame è del tutto irrilevante).

Anche a voler prescindere dall’ulteriore requisito (implicito) della cosiddetta doppia incriminazione (cioè, il fatto deve essere previsto come reato anche nell’ordinamento dello Stato in cui è stato commesso) resta il fatto che a tutt’oggi non risulta che il Ministro della giustizia si sia mai attivato, segno evidente dello scarso interesse.

Alcune ragioni contrarie alla proposta di legge in discussione al Parlamento

La legge italiana sanziona qualsiasi forma di maternità surrogata (salvo una residuale forma di maternità assistita dall’intervento medico), sia a titolo gratuito che oneroso, senza tener conto del contesto internazionale che appare piuttosto variegato a proposito della legittimità del ricorso alla maternità surrogata. La pretesa di estendere l’applicazione delle legge penale italiana anche a fatti che in altri ordinamenti sono ritenuti leciti non sembra ragionevole.

Gli interessi da tutelare con la norma in discussione non sembrano assumere né una connotazione pubblicistica che ne giustifichi l’espansione del potere punitivo né un valore “universale” come lo è il genocidio o il terrorismo. Non a caso la pena detentiva prevista è molto più severa in quelle ipotesi delittuose di quanto non lo sia per il delitto di surrogazione di maternità, dove sarebbe anche possibile applicare istituti quali la non punibilità per particolare tenuità del fatto, la sospensione del processo per messa alla prova, la sospensione condizionale della pena detentiva, mentre appare sproporzionata la pena pecuniaria prevista da seicentomila a un milione di euro. In definitiva, ciò che appare di difficile comprensione è la ragione per la quale si vorrebbe derogare alla disciplina dell’art. 9 c.p. quando la sanzione applicabile è particolarmente lieve rispetto agli interessi che si vorrebbero tutelare.

Il quadro giurisprudenziale

La Corte Costituzionale (Sent. n.162/2014 - Sent. n.272/2017 - Sent.n.33/2021), la Corte di Cassazione, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sono intervenute sia per affermare che la pratica della maternità surrogata “offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina in profondo le relazioni umane” (Corte Cost.272/2017) sia per sottolineare non tanto il diritto alla genitorialità quanto piuttosto l’interesse del minore “di ottenere un riconoscimento anche giuridico dei legami che, nella realtà fattuale, già lo uniscono a entrambi i componenti della coppia” senza che ciò prevalga rispetto ad “altre situazioni giuridiche costituzionalmente protette”.

In altri termini l’esigenza espressa dalla giurisprudenza richiamata è di bilanciare gli interessi dei minori con la giusta disincentivazione del ricorso alla surrogazione di maternità; bilanciamento che la giurisprudenza richiamata ritiene di individuare nel “procedimento di adozione effettivo e celere, che riconosca la pienezza del legame di filiazione tra adottante e adottato, allorché ne sia accertata in concreto la corrispondenza agli interessi del minore”.


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