Le elezioni di domenica scorsa in Spagna, che hanno sancito la sconfitta dell’ultradestra di Vox, alleata in Europa della Meloni, insieme alla vittoria del Partito Popolare, sebbene senza i seggi necessari per governare, possono esser viste come la conferma del ritorno a una forte polarizzazione nelle competizioni elettorali dei Paesi membri dell’Unione Europea, dopo la stagione dei populismi. Una polarizzazione – attestata anche da una buona percentuale di partecipazione al voto, il 68 % – con contenuti però in parte diversi dal passato, in cui i temi connessi alla definizione di un’idea di civiltà europea e del ruolo dell’Europa nel mondo finiscono per contare di più dei temi propriamente economici e sociali interni. Una tendenza che pare interessare anche il percorso verso le prossime elezioni europee e che potrebbe di fatto trasformare il voto per il parlamento europeo in una sana occasione di dibattito sul nuovo profilo dell’UE, sulle riforme improcrastinabili per stare al passo della nuova realtà globale multipolare che si sta affermando.
Questa contesa sembra svolgersi principalmente attorno a quattro filoni-chiave, capaci di catalizzare i consensi in direzioni divergenti: immigrazione, famiglia, ambiente, pace. Dove sotto la voce immigrazione, passano i temi connessi al rapporto fra l’Europa, composta anche da Stati con storia e cultura da colonialisti, con l’Africa, con il Mediterraneo, con lo spazio euroasiatico e con l’America Latina. E dove si fronteggiano la prospettiva “sans frontières”, senza frontiere ma solo perché si presuppone un unico centro di governo mondiale di fatto nel quale i Paesi d’origine dei flussi migratori non hanno voce in capitolo, e la prospettiva della collaborazione con pari dignità fra UE, Paesi membri e nazioni del Sud Globale.
Un’altra divergenza di prospettive, che si è fatta più netta negli anni, riguarda la famiglia, fra sostenitori della famiglia naturale, senza per questo negare alcun diritto ad altre scelte di vita, e i fautori della imposizione attiva della teoria gender come modello che pretende di non tollerare critiche.
Una divergenza via via crescente nell’opinione pubblica europea si riscontra anche sulla questione ambientale e vede fronteggiarsi i fautori di una ecologia integrale, che coniuga le istanze sociali con quelle ambientali in una logica di sviluppo sostenibile, con i fautori di una visione radicale, un po’ snob e non antropocentrica dei problemi ambientali, orientata alla decrescita.
Un quarto punto di diversità dei giudizi tra gli europei si sta rivelando quello della guerra. Perché se è pur vero che i governi, senza eccezione alcuna, sostengono l’attuale linea di subordinazione degli interessi dell’Unione Europea a quelli della NATO, è altrettanto vero che ciò alla lunga potrebbe risultare insostenibile (oltreché non vincente sul piano militare, con conseguenze enormi sul piano internazionale) sia sotto l’aspetto economico che sotto l’aspetto del consenso popolare, e potrebbe fare da detonatore a una positiva evoluzione dell’UE che diventi capace di affermare che non è sempre detto che gli interessi degli Stati Uniti siano coincidenti con quelli europei. Affermazione che porterebbe reciproci vantaggi, aiutando anche gli Stati Uniti a concepirsi come superpotenza in un quadro globale multipolare.
Questa oggettiva tendenza alla polarizzazione del dibattito politico europeo costituisce a un tempo un problema e una sfida per la cultura cattolico-democratica e popolare. Perché rivela l’insufficienza di mere posizioni tattiche, e la necessità di definire una autonoma e chiara piattaforma popolare in vista delle prossime elezioni europee. In ambito nazionale e con i più coerenti collegamenti intereuropei e internazionali. Infatti, a un elettorato così polarizzato sui contenuti come in poche altre stagioni precedenti si era visto, vanno indicati con chiarezza i termini e le ragioni delle mediazioni di cui ci si fa interpreti. Ma si tratta di una sfida possibile se la si affronta con la spirito giusto, come lo è lo spirito che animò il Codice di Camaldoli, quello di assumere l’iniziativa di una riflessione audace e adeguata ai problemi che pongono i nostri tempi.
Questa contesa sembra svolgersi principalmente attorno a quattro filoni-chiave, capaci di catalizzare i consensi in direzioni divergenti: immigrazione, famiglia, ambiente, pace. Dove sotto la voce immigrazione, passano i temi connessi al rapporto fra l’Europa, composta anche da Stati con storia e cultura da colonialisti, con l’Africa, con il Mediterraneo, con lo spazio euroasiatico e con l’America Latina. E dove si fronteggiano la prospettiva “sans frontières”, senza frontiere ma solo perché si presuppone un unico centro di governo mondiale di fatto nel quale i Paesi d’origine dei flussi migratori non hanno voce in capitolo, e la prospettiva della collaborazione con pari dignità fra UE, Paesi membri e nazioni del Sud Globale.
Un’altra divergenza di prospettive, che si è fatta più netta negli anni, riguarda la famiglia, fra sostenitori della famiglia naturale, senza per questo negare alcun diritto ad altre scelte di vita, e i fautori della imposizione attiva della teoria gender come modello che pretende di non tollerare critiche.
Una divergenza via via crescente nell’opinione pubblica europea si riscontra anche sulla questione ambientale e vede fronteggiarsi i fautori di una ecologia integrale, che coniuga le istanze sociali con quelle ambientali in una logica di sviluppo sostenibile, con i fautori di una visione radicale, un po’ snob e non antropocentrica dei problemi ambientali, orientata alla decrescita.
Un quarto punto di diversità dei giudizi tra gli europei si sta rivelando quello della guerra. Perché se è pur vero che i governi, senza eccezione alcuna, sostengono l’attuale linea di subordinazione degli interessi dell’Unione Europea a quelli della NATO, è altrettanto vero che ciò alla lunga potrebbe risultare insostenibile (oltreché non vincente sul piano militare, con conseguenze enormi sul piano internazionale) sia sotto l’aspetto economico che sotto l’aspetto del consenso popolare, e potrebbe fare da detonatore a una positiva evoluzione dell’UE che diventi capace di affermare che non è sempre detto che gli interessi degli Stati Uniti siano coincidenti con quelli europei. Affermazione che porterebbe reciproci vantaggi, aiutando anche gli Stati Uniti a concepirsi come superpotenza in un quadro globale multipolare.
Questa oggettiva tendenza alla polarizzazione del dibattito politico europeo costituisce a un tempo un problema e una sfida per la cultura cattolico-democratica e popolare. Perché rivela l’insufficienza di mere posizioni tattiche, e la necessità di definire una autonoma e chiara piattaforma popolare in vista delle prossime elezioni europee. In ambito nazionale e con i più coerenti collegamenti intereuropei e internazionali. Infatti, a un elettorato così polarizzato sui contenuti come in poche altre stagioni precedenti si era visto, vanno indicati con chiarezza i termini e le ragioni delle mediazioni di cui ci si fa interpreti. Ma si tratta di una sfida possibile se la si affronta con la spirito giusto, come lo è lo spirito che animò il Codice di Camaldoli, quello di assumere l’iniziativa di una riflessione audace e adeguata ai problemi che pongono i nostri tempi.
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