Ventun anni dopo…



Franco Campia    27 Aprile 2023       5

Parlamentari, dirigenti, quadri e simpatizzanti del primo Partito Popolare dovettero attendere circa un ventennio – e che ventennio! – per riaffacciarsi, insieme, alla vita pubblica e giocare un ruolo decisivo, sotto le nuove insegne della Democrazia cristiana.

La vicenda dei loro omologhi del PPI è stata invece segnata da tempi e soprattutto approdi differenziati. Con i più che si sono con maggiore o minore convinzione ricollocati prima nella Margherita e poi, in parte, nel PD o in altre formazioni del centrosinistra o genericamente centriste. Oltre a quelli, una minoranza, che hanno optato per le diverse sigle del centrodestra.

Per molti di coloro, poi, che non desideravano lo scioglimento del PPI, allora una consistente minoranza, si è aperta una fase di incertezza prolungata: stanno per trascorrere 21 anni da quel marzo del 2002 in cui venne decisa l’eutanasia del partito, e una convincente eredità non sembra ancora essersi profilata. Né è legittimo essere ottimisti al riguardo, vista la frammentazione e la legge elettorale coercitivamente tendente al bipolarismo.

Non tutti dunque hanno manifestato o manifestano piena soddisfazione per la situazione venutasi a creare; e ad essi si sono via via aggiunti soggetti nuovi, espressione di un retroterra socio-culturale che rimane vivo, sostanzialmente riconducibile al mondo cattolico. Una fotografia delle dinamiche che lo riguardano è rappresentata dal magistrale articolo di Stefano Zamagni, QUI PUBBLICATO, che invito caldamente a leggere.

Partendo da queste premesse, con le amiche e gli amici che si sono ritrovati all’interno della nostra Associazione dei Popolari del Piemonte, nata in applicazione di una decisione dell’ultimo congresso del PPI, prosegue un confronto aperto, che appare particolarmente necessario.

Chi può negare che oggi il nostro Paese stia vivendo un periodo di estrema particolare, in parte inedita, complessità? Complessità legata a problemi strettamente intrecciati tra loro e sotto l’effetto concomitante di fattori diversi, che sono sotto gli occhi di tutti. Non mi riferisco tanto alla guerra in Ucraina o al problema migratorio, che pure hanno ricadute continue nel dibattito nazionale, ma anche ad aspetti più interni, legati allo stato ed agli equilibri nel sistema dei partiti e delle coalizioni.

Provo ad elencarne alcuni.

In primo luogo, un consolidamento del consenso verso l’attuale maggioranza di governo, come testimoniato da diverse elezioni parziali e da ripetuti sondaggi di opinione; un consenso che non sembra raggiungere le punte toccate dalla coalizione nelle ultime elezioni politiche ma che non mostra reali segni di inversione di marcia.

In secondo luogo, la scelta interna al PD di affidarsi alle segreteria Schlein, con un significativo viraggio culturale prima ancora che di effettive scelte politiche, che hanno generato un disagio in buona parte degli aderenti a quel partito di estrazione popolare o “cattolico democratica”. Un disagio talora espresso con forza, talora dissimulato per convenienza o per amor di quieto vivere.

Per ultimo, si è consumata nel modo peggiore possibile la frattura tra i capifila del cosiddetto Terzo Polo, denotando i limiti non tanto dell’operazione in sé ma piuttosto degli attori protagonisti, i quali hanno esibito una concezione della politica iper-personalistica, oltre che superficiale ed abborracciata nella proposta politica.

Nel frattempo, però, si moltiplicano iniziative sparse, sia generate da élite intellettuali sia da personale politico proveniente da esperienze diverse e con un certo radicamento territoriale, che vorrebbero contribuire ad occupare lo spazio politico ed elettorale resosi libero per la radicalizzazione dei partiti maggiori. Tra queste la maggioranza nasce in ambito cattolico o popolare, senza trascurare quanto si muove nel campo liberal-democratico. Tentativi che al momento non parrebbero in grado di entrare significativamente nel gioco elettorale, per la loro frammentazione e la difficoltà a proporsi adeguatamente all’opinione pubblica. Non si possono comunque escludere novità in futuro, perché la natura, come si sa, non sopporta l’horror vacui.

In un quadro comunque in movimento, è normale quindi che molti iscritti e amici della nostra Associazione esprimano un certo disorientamento e che si manifestino tra loro sensibilità ed orientamenti diversi. Si tratta, del resto, di una condizione che ritroviamo in una larga fascia del mondo cattolico: pur avendo ridotto il suo peso elettorale ed essendosi culturalmente disarticolato, resta pur sempre un oggetto dei desideri. Per cui dalla destra come dalla sinistra si accentuano, anche strumentalmente, toni e proposte che si suppone possano risultare particolarmente graditi, tentando di minimizzare quelli più palesemente indigeribili.

Circa, allora, il prossimo cammino dell’Associazione: il suo scopo di fondo è tener viva una tradizione politico-culturale che siamo convinti, prima di essere relegata nei libri storia, possa ancora essere di giovamento al Paese.

Metodologicamente, prima di tutto e al di là delle scelte individuali, non dobbiamo divenire noi stessi e tra noi fonte di divisione, anche in considerazione del fatto che molte scelte di campo individuali possono non risultare definitive, vista la grande incertezza di scenario. Penso che chi si riconosce realmente nella tradizione popolare e democratico-cristiana non possa rinunciare a mantenere un legame e un dialogo con chi condivide quelle idee di fondo. Un patrimonio da approfondire, sviluppare e attualizzare. E poi da diffondere.

Ora, sappiamo che purtroppo l’opinione pubblica è distratta e, come ho già detto, rifugge spesso anche nelle sue componentii migliori dalle complessità (sul tema, una curiosità: suggerisco una visita al sito del “Complexity Institute”, alla cui nascita ha contribuito quell’Alberto Felice De Toni, da pochi giorni neo sindaco di Udine, brillantemente eletto per decisivi meriti personali). Il rifiuto della complessità, la ricerca della soluzione, accattivante, usa e getta, in un’epoca nella quale non esistono problemi semplici, sviluppa effetti perniciosi, anche in politica. Questo spiega Il risultato di un susseguirsi in Italia – e non solo in Italia! – di movimenti di opinioni populisti, che generano formazioni politiche che inseguono le pulsioni del momento. Da noi così fu, ad esempio, per l’Italia dei Valori di Di Pietro, la Lega di Bossi, gli stessi 5Stelle.

Questo certo non è il nostro stile. Le proposte politiche concrete non possono essere estemporanee o umorali. Richiedono studio, approfondimento e sempre, anche quando hanno contenuti “tecnici”, debbono essere il frutto di una cultura che le alimenta e questa cultura discende da un quadro ideale che sta sullo sfondo. La nostra tradizione ci offre tutto ciò ed anche la capacità di tenerci aggiornati per le sfide contemporanee.

Penso quindi che il nostro obiettivo debba essere quello di riproporre insistentemente i fondamentali, partendo dai punti fermi esposti a suo tempo da Sturzo e sviluppati da chi ha operato con lui e dopo di lui. Fondamentali da declinarsi e attualizzarsi alla luce della realtà contemporanea e mostrare quindi che seguendo questo percorso possiamo continuare a lavorare su proposte concrete e fondate. Non esprimo solo una buona intenzione: nell’archivio di “Rinascita popolare” si ritrovano documenti e contributi che testimoniano negli anni una impostazione e un metodo di lavoro, assieme alle preziose analisi sull’evoluzione delle vicende nazionali ed internazionali, dovute alla penna del nostro presidente emerito Guido Bodrato e di altri prestigiosi collaboratori.

Riprenderemo e arricchiremo il nostro lavoro. Misurarsi con le nostre conclusioni sarà molto utile sia per coloro che operano nei diversi partiti per verificare le reciproche compatibilità sia come riferimento per chi lavora su nuovi progetti.


5 Commenti

  1. Caro Presidente,
    la Tua riflessione sintetizza le ragioni che mi hanno indotto
    a riprendere il confronto di idee con contributi di pensiero.
    Anche la lettura della riflessione di Zamagni, da te caldamente suggerita,
    esprime le stesse ragioni.
    Tutto ciò si chiama “POPOLARISMO”. Abbiamo la Cultura Politica che ha vinto nella storia,
    manca il soggetto attuatore.
    Quando richiederemo la convocazione dei 58 (sarebbe meglio una assemblea allargata) con all’ordine del giorno la ripresa delle attività politiche del PARTITO POPOLARE ITALIANO, attualmente sospese?
    Maurizio Trinchitella
    Socio fondatore dell’Associazione i Popolari del Piemonte nello Studio Tavolaccini a Biella

  2. …e non si puo’ nemmeno far risorgere il vecchio simbolo giacche e’ in possesso di persona almeno a me, non gradita!

  3. Non credo che la tradizione cattolico democratica si sia estinta od abbia cessato la sua funzione. Anzi, proprio in un tempo di mutevolezza e vacuità si avverte la necessità di una presenza solida e seria come quella dei cattolici democratici !

  4. Non credo di avere molto da aggiungere alle teorizzazioni di Zamagni e all’impostazione strategica proposta in questo intervento da Campia. Mi limiterei a sottolineare come la politica italiana (e forse non solo italiana) abbia un disperato bisogno sia di una rinnovata capacità di affrontare i problemi con un approccio originale anziché precostituito e scontato ( ponendo in discussione o ribaltando criticamente,se necessario, le “posture” che discendono dalle tradizionali e ingessate polarizzazioni ideologiche), sia di una visione di lungo periodo molto più urgente e necessaria rispetto al tentativo di inseguire il fin troppo mitizzato campo largo; intendiamoci le decisioni politiche, ovviamente , sono rese possibili dalla presenza di maggioranze solide e coese i cui costituenti sono tuttavia i programmi , un’idea del paese, la lungimiranza, la concretezza, il senso della complessità (Complexity institute: mi piace!) non la mera mutevole aritmetica: più coraggio analitico e meno pallottollieri insomma.

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