Sarà un 25 aprile speciale quest'anno. Ci attende infatti una novità. Per la prima volta nella storia repubblicana due delle quattro più importanti cariche istituzionali sono ricoperte da esponenti di Fratelli d'Italia con Ignazio La Russa alla presidenza del Senato e Giorgia Meloni alla guida del Governo. Figure entrambe provenienti da una vicenda politica che non ha mai fatto mistero di avere sulla festa della Liberazione un’idea decisamente diversa da quella delle altre forze politiche, dall'estrema sinistra alla destra moderata, che si richiamano invece apertamente all'antifascismo come elemento fondante della nostra democrazia.
Mai sinora era accaduto che la classe dirigente del vecchio Msi, transitata per Alleanza nazionale, si trovasse ad assumere cariche di così elevato rilievo. Un dato positivo che mostra la capacità inclusiva delle nostre istituzioni democratiche in grado, come è logico che sia, di saper coinvolgere tutte le culture politiche affidando loro, qualora sospinte dal voto popolare, la guida del Paese.
Questa destra ex missina giunge però all’appuntamento con questa Festa alquanto malconcia. Troppe, nelle ultime settimane, le dichiarazioni sconsiderate. Abbiamo sentito la Meloni affermare che alle Fosse Ardeatine le vittime pagarono con la vita perché italiane, senza precisare (ma ci voleva tanto?) che erano italiani antifascisti traditi, purtroppo, da italiani fascisti. Cioè da qualcuno che alla solidarietà con i propri compatrioti fece prevalere il bieco servilismo verso l'oppressore straniero. Viene quasi da pensare che la premier, riferendosi ad una strage di italiani, senza ulteriori precisazioni, abbia confuso le Fosse con le Foibe, tragica pagina di pulizia etnica in Istria quando gli slavi volevano cancellare la nostra presenza.
Tralasciamo poi per carità di patria la favoletta raccontata dal presidente del Senato sui musicanti altoatesini di via Rasella. Frasi assurde ed avventate cui sono seguite, questo va riconosciuto, delle immediate scuse pubbliche. La Russa ha poi annunciato che il 25 aprile si recherà a Praga dove bruciò Jan Palach, per protesta contro l'invasione sovietica, e quindi al campo nazista di Theresienstadt. Un programma di notevole valore simbolico, sebbene non si capisca per quale motivo la seconda carica dello Stato, debba andare nella Repubblica Ceca proprio adesso e non possa invece festeggiare pubblicamente il giorno della Liberazione italiana stando in Italia. Andando magari a Boves o a Marzabotto.
Il fatto è che questa destra fa ancora una notevole fatica a misurarsi con alcuni momenti cruciali della nostra storia. Quello che risulta poco comprensibile, in tutta questa faccenda, è perché la guerra di Liberazione contro la tirannia nazista continui ad essere tanto ostica per dirigenti politici che quasi ogni giorno parlano di patria e di nazione. Cos'altro è stata la Resistenza se non la lotta per la libertà e per la dignità nazionale contro l’oppressore tedesco?
Il senso del 25 aprile è questo. Non è una festa di parte ma del popolo italiano tutto intero. Anche chi stava dall'altra parte dovrebbe ringraziare che le cose siano andate nella direzione della libertà e non del totalitarismo. Chiaro poi che nelle composite fila della Resistenza non vi era solo gente di sinistra, ma coesistevano idee molto diverse e differenti prospettive su quello che avrebbe poi dovuto essere il futuro dell’Italia. Così i monarchici volevano semplicemente mantenere la continuità sabauda, mentre all'estremo opposto i comunisti sognavano la rivoluzione socialista. Visioni incompatibili che in quel momento vennero messe da parte perchè più forte di tutto era la comune volontà di liberare l’Italia dal totalitarismo nazifascista. La Costituzione è lo straordinario frutto di quel comune sentire e basta scorrerne il testo per comprendere come l'antifascismo ne impregni i principi fondanti.
Dalle parti di Fdi si sostiene che nei 139 articoli della Carta non compare il termine antifascista. Un pedante formalismo, nient'altro. Perché l'affermazione delle libertà civili e politiche, il divieto di qualsiasi discriminazione, il rifiuto del nazionalismo, il ripudio della guerra sono il segno più concreto dell'irriducibile antifascismo della nostra Costituzione.
Vedremo dunque cosa succederà in questa prima volta nella quale la destra ha nelle mani importanti responsabilità governative ed istituzionali nella Repubblica nata dalla Resistenza. Forse basterebbe ripensare a quanto disse tanti anni fa il socialista Vittorio Foa al missino Giorgio Pisanò: <<se aveste vinto voi io sarei in galera, abbiamo vinto noi e tu sei in Parlamento>>. Per questo il 25 aprile è la Festa di tutta la nazione. La giornata di tutti gli italiani.
Mai sinora era accaduto che la classe dirigente del vecchio Msi, transitata per Alleanza nazionale, si trovasse ad assumere cariche di così elevato rilievo. Un dato positivo che mostra la capacità inclusiva delle nostre istituzioni democratiche in grado, come è logico che sia, di saper coinvolgere tutte le culture politiche affidando loro, qualora sospinte dal voto popolare, la guida del Paese.
Questa destra ex missina giunge però all’appuntamento con questa Festa alquanto malconcia. Troppe, nelle ultime settimane, le dichiarazioni sconsiderate. Abbiamo sentito la Meloni affermare che alle Fosse Ardeatine le vittime pagarono con la vita perché italiane, senza precisare (ma ci voleva tanto?) che erano italiani antifascisti traditi, purtroppo, da italiani fascisti. Cioè da qualcuno che alla solidarietà con i propri compatrioti fece prevalere il bieco servilismo verso l'oppressore straniero. Viene quasi da pensare che la premier, riferendosi ad una strage di italiani, senza ulteriori precisazioni, abbia confuso le Fosse con le Foibe, tragica pagina di pulizia etnica in Istria quando gli slavi volevano cancellare la nostra presenza.
Tralasciamo poi per carità di patria la favoletta raccontata dal presidente del Senato sui musicanti altoatesini di via Rasella. Frasi assurde ed avventate cui sono seguite, questo va riconosciuto, delle immediate scuse pubbliche. La Russa ha poi annunciato che il 25 aprile si recherà a Praga dove bruciò Jan Palach, per protesta contro l'invasione sovietica, e quindi al campo nazista di Theresienstadt. Un programma di notevole valore simbolico, sebbene non si capisca per quale motivo la seconda carica dello Stato, debba andare nella Repubblica Ceca proprio adesso e non possa invece festeggiare pubblicamente il giorno della Liberazione italiana stando in Italia. Andando magari a Boves o a Marzabotto.
Il fatto è che questa destra fa ancora una notevole fatica a misurarsi con alcuni momenti cruciali della nostra storia. Quello che risulta poco comprensibile, in tutta questa faccenda, è perché la guerra di Liberazione contro la tirannia nazista continui ad essere tanto ostica per dirigenti politici che quasi ogni giorno parlano di patria e di nazione. Cos'altro è stata la Resistenza se non la lotta per la libertà e per la dignità nazionale contro l’oppressore tedesco?
Il senso del 25 aprile è questo. Non è una festa di parte ma del popolo italiano tutto intero. Anche chi stava dall'altra parte dovrebbe ringraziare che le cose siano andate nella direzione della libertà e non del totalitarismo. Chiaro poi che nelle composite fila della Resistenza non vi era solo gente di sinistra, ma coesistevano idee molto diverse e differenti prospettive su quello che avrebbe poi dovuto essere il futuro dell’Italia. Così i monarchici volevano semplicemente mantenere la continuità sabauda, mentre all'estremo opposto i comunisti sognavano la rivoluzione socialista. Visioni incompatibili che in quel momento vennero messe da parte perchè più forte di tutto era la comune volontà di liberare l’Italia dal totalitarismo nazifascista. La Costituzione è lo straordinario frutto di quel comune sentire e basta scorrerne il testo per comprendere come l'antifascismo ne impregni i principi fondanti.
Dalle parti di Fdi si sostiene che nei 139 articoli della Carta non compare il termine antifascista. Un pedante formalismo, nient'altro. Perché l'affermazione delle libertà civili e politiche, il divieto di qualsiasi discriminazione, il rifiuto del nazionalismo, il ripudio della guerra sono il segno più concreto dell'irriducibile antifascismo della nostra Costituzione.
Vedremo dunque cosa succederà in questa prima volta nella quale la destra ha nelle mani importanti responsabilità governative ed istituzionali nella Repubblica nata dalla Resistenza. Forse basterebbe ripensare a quanto disse tanti anni fa il socialista Vittorio Foa al missino Giorgio Pisanò: <<se aveste vinto voi io sarei in galera, abbiamo vinto noi e tu sei in Parlamento>>. Per questo il 25 aprile è la Festa di tutta la nazione. La giornata di tutti gli italiani.
Condivido senza riserve
Sergio Gaiotti
Ieri, nella trasmissione TV di Lucia Annunziata, Gianfranco Fini, con poche chiare,lapidarie e inequivocabili parole, si è chiesto (e ha chiesto) che cosa trattenga la presidente Giorgia Meloni dal pronunciare l’aggettivo “antifascista” riferito alla nostra Costituzione e al nostro ordinamento democratico.
Questa pronuncia segnerebbe la cesura netta e definitiva con il passato fascista e con le inammissibili nostalgie di non pochi esponenti del partito Fdi, tra cui anche di quelli che ricoprono alte cariche istituzionali.
Si parla ad intermittenza di pacificazione, dimenticando, però, che i due fronti combatterono per differenti ragioni ideali e politiche non equiparabili e pertanto anche inconciliabili.
Tutti i caduti meritano rispetto, ma la ragione deve essere riconosciuta a chi ha combattuto per la libertà.