Popolari, altro dal PD



Alessandro Risso    22 Dicembre 2022       4

“I cattolici democratici nella politica di oggi: ancora utili all’Italia?”. Su questo tema Pierluigi Castagnetti, ha convocato lunedì 19 a Roma una riunione dei Popolari nelle sale dell’Istituto Sturzo.

Si è trattato di un avvenimento, dato che l’Associazione nazionale da lui guidata ha brillato negli anni per la totale assenza dal dibattito politico, limitandosi a sporadiche uscite per commemorazioni o anniversari. Con ineffabile candore lo stesso Castagnetti ha spiegato il passato e il presente, confermando quello che aveva dovuto già ammettere al tempo del nostro scambio di idee su “Rinascita popolare”: e cioè che non si voleva “disturbare il manovratore” (l’espressione è mia, ma rende bene l’idea) dopo la scelta dei cattolici democratici di confluire nel Partito Democratico.

E perché allora, dopo tante vicende controverse tutte attraversate senza battere ciglio – dal partito liquido di Veltroni alla Ditta di Bersani, dal leaderismo di Renzi al nanismo delle correnti, dalla vocazione maggioritaria all’alleanza con i Cinquestelle –, proprio adesso si assiste il risveglio politico dei cattolici confluiti nel PD?

Castagnetti ha indicato tre motivi: la destra al governo con Giorgia Meloni, la questione morale all’Europarlamento che coinvolge pesantemente il gruppo dei Socialisti e Democratici, l’annunciato congresso “costituente” del PD in cui si possono “assumere decisioni che cambiano la natura del partito. E se cambia la natura del PD ci saranno inevitabili conseguenze…”. Leggi: usciremo dal partito.

L’ultimo segretario del PPI, riferimento della fantomatica Associazione nazionale, ha poi rivendicato con orgoglio che “la Costituzione e l’idea di Europa vengono dal cattolicesimo democratico; e l’ecologia integrale viene dal magistero del Papa”. Quindi “i cattolici democratici sono il fuoco, il combustibile di una politica progressista”, e non “una palla al piede o i rappresentanti delle caritas nel PD”. Tutto giusto, giocato però nella ristretta vicenda interna al PD.

Era presente Enrico Letta, chiamato tout court “il segretario” da Castagnetti, che ha abbozzato qualche rassicurazione in quella che è stata di fatto una riunione di corrente, anche con aspetti molto interni: sono ad esempio stati posti dubbi di natura giuridica sulla legittimità dell’annunciato “congresso costituente”, confermati anche da uno dei relatori, il giurista Luca Castelli. Questi ha pure confermato il fatto che il PPI non si è mai sciolto, cosa nota a pochi; a suo tempo avevamo commentato che, stando così le cose, allora l’Associazione nazionale non è mai nata...

Ma non siamo qui a rinvangare polemiche (CLICCA QUI) che avevamo sotterrato per non rovinare il Centenario del PPI sturziano e che possono interessare solo una cerchia ristretta. I rilievi sul convegno di lunedì sono altri. E di ordine politico, senza entrare nelle relazioni accademiche, che sono state tutte di livello (in particolare segnalerei quella del sociologo Gino Mazzoli; la registrazione del convegno si trova sul canale Youtube dell’Istituto Sturzo) (CLICCA QUI).

Per primo va segnalato il titolo fuorviante dato all’incontro; “I cattolici democratici nella politica di oggi: ancora utili all’Italia?”. L’intera relazione introduttiva di Castagnetti e il 95% degli interventi nel dibattito pomeridiano sono stati incentrati sull’utilità degli ex Popolari… nel PD. Che non è l’Italia, ma per i promotori continua ad essere la stella polare. Su quanto le scelte e le omissioni dei Dem abbiano contribuito alla crisi di credibilità della politica, all’astensionismo, all’affermazione dei populismi e delle destre, silenzio.

Avremmo voluto sentire da chi si richiama a Sturzo una critica feroce al maggioritario e al Parlamento dei nominati che è venuto a consolidarsi nella Seconda Repubblica, una forte preoccupazione per il discredito della politica di cui il non voto è il segnale più evidente.

Da chi ha creduto nel progetto del PD come “casa comune delle culture riformiste” avremmo voluto ascoltare un’autocritica per aver assecondato la deriva verso un bipolarismo forzato in cui Porcellum, Italicum e Rosatellum (le prime due leggi elettorali dichiarate anticostituzionali, e l’ultima è peggio…) hanno creato un’oligarchia al potere, formata dai capi partito e dai loro “cerchi magici”, sempre più lontana dai cittadini.

A dire il vero il nostro amico Stefano Lepri ha lanciato alcuni strali contro decisioni politiche del recente passato, così come spunti critici sono arrivati dai giovani amministratori – tra cui Monica Canalis – che hanno chiuso l’incontro. Ma il loro spirito rimane quello di aggiustare il barcone per proseguire la navigazione, senza rendersi conto che oggi serve un’inversione di rotta, se non l’abbandono della nave. Non saranno né la NewCo di Bonaccini, riedizione della Ditta bersaniana in salsa liberal, né il partito radicale di massa affidato a Elly Schlein il contenitore della cultura democratica e popolare di ispirazione cristiana. Neppure con un Franceschini nei panni del consigliere occulto: tanto abile pro domo sua quanto assente nel rappresentare i comuni riferimenti culturali. Giudizio che, guardando agli ultimi quindici anni di vita politica italiana, vale purtroppo per diversi altri, che difendono strenuamente il passato e il presente, almeno fino a quando riusciranno a garantirsi lo strapuntino. L’intervento di Graziano Delrio è stato emblematico in proposito.

Quindi, una parte degli ex Popolari nel PD difende le posizioni, un’altra minaccia di andarsene se cambierà “la natura del partito”. Vorrei umilmente osservare che esistono anche i Popolari che non hanno aderito al PD perché dubbiosi sulla “fusione a freddo”, e altri che lo hanno lasciato proprio perché la sua natura si era già corrotta da tempo: dal partito plurale alla Ditta, e poi via via partito di potere, partito del capo, partito della ZTL, partito radicale di massa.

Esistono i Popolari, come coloro che hanno dato vita a INSIEME, che vogliono dare il giro a questo sistema tenuto in piedi da leggi elettorali farlocche, volute e votate da tutti, PD in testa; un sistema in cui tutti gli attori sul palcoscenico mediatico, uno dopo l’altro, hanno fallito e sono stati puniti dagli elettori che avevano dato loro fiducia. Oggi il 30% del 60% che ancora vota si affida alla Meloni, indiscusso leader della destra. Ma il 10%, 4 milioni e mezzo di persone, non è andato, da una volta all’altra, a votare: segno che la fiducia l’hanno ormai persa in tanti. Il polo di sinistra vede il partito-guida sceso ormai sotto il 15% nei sondaggi: e in questa situazione abbiamo degli ex Popolari che dicono al segretario, ex Popolare pure lui, “se il PD cambia natura ce ne andiamo”… Come se non avesse già cambiato natura più volte negli ultimi dieci anni, e in peggio, e nel silenzio di chi magari scuoteva la testa ma non disturbava il manovratore...

Siamo al teatro dell’assurdo. Non possiamo appassionarci né alla corsa per la segreteria PD né al destino degli ex Popolari che vi si riconoscono. Non saranno due o tre posti di responsabilità in più a cambiare il giudizio su un partito sempre più lontano da valori e priorità del Popolarismo: rappresentanza parlamentare, libera scelta delle persone, dialogo e confronto sui programmi, rispetto e tutela della vita, giustizia sociale e lotta alle diseguaglianze, dignità del lavoro, autonomia e responsabilità degli Enti locali, moralità nei comportamenti.

Meno male che esistono anche Popolari oltre e altro dal PD.


4 Commenti

  1. Dopo gli scritti di Giorgio Merlo e Giancarlo Infante, quello di Alessandro Risso rappresenta una severa requisitoria contro chi per anni ha prima requisito l’associazione nazionale “I Popolari” ed ora la riporta in scena, comunque e sempre in funzione della dialettica interna del Partito Democratico. Risso, inoltre, denuncia incoerenze e carenza di disegno strategico nell’appiattimento di una parte importante del mondo ex Popolare su quel partito.
    La nostra Associazione “I Popolari del Piemonte” – fermo restando che ciascuno di noi ha idee proprie sulla questione – è nata anche per essere occasione di dialogo e confronto tra chi, attingendo alle medesime radici, ha scelto percorsi differenti. Nella mia veste di Presidente pro-tempore posso solo auspicare che altri amici che hanno invece scelto di operare entro il PD esprimano la loro opinione anche su queste colonne. E ciò vale in particolare – ma non solo per loro – per chi come Stefano Lepri e Monica Canalis hanno preso la parola al citato convegno romano, esprimendo sia assenso che motivate critiche.
    Molti amici, infine, si sono sinora limitati al ruolo di spettatori partecipi ma non in alcun modo schierati; anche da parte loro auspichiamo analisi e contributi.

  2. Se l’articolo di Alessandro Risso è sferzante ed impietoso, pur con una grande eleganza a descrivere grandi e piccoli fatti che hanno tagliato le gambe ai popolari, il commento di Franco Campia è ugualmente molto valido perchè invita tutti “a farsi sentire”. Cosa auspicabile. Io rimango convinto che qualsiasi persona un po’ con la testa sulle spalle non possa prescindere da queste due realtà: in un Paese come l’Italia essere cattolici e democratici dovrebbe essere il minimo sindacale e credo che la maggioranza degli italiani lo sia anche se vota in modo strano. Secondariamente però vedo anche che per troppo tempo in molti (intendo dire tra coloro che hanno responsabilità) hanno lasciato correre… il risultato è l’accettazione supina di una cultura neoliberista che non ammette deviazioni ed ha portato il PD ad essere la guardia pretoriana di un banchiere (Mario Draghi), con l’aggravante di esser felici di farlo… e non vado oltre. Purtroppo questo, ed altro, mi fa sentire molto pessimista sul prossimo futuro, dei popolari in primis , ma anche della società italiana.

  3. Questo Natale in famiglia è stato particolarmente gioioso, festoso e spirituale dopo gli ultimi due “forzati” dalla chiusura legislativa. La circostanza ha suscitato in me meditazioni e riflessioni serali in merito allo stare insieme politicamente in maniera forzata o per scelta. Dopo l’ormai eterno dibattito tra gli autorevoli esponenti ex popolari foriero di sempre maggiori astensioni dall’impegno politico diretto, confesso che i pensieri di Alessandro Risso, Franco Campia e Beppe Mila, in merito al presunto “risveglio” di Castagnetti (era in “sonno”? SIC!), mi hanno indotto qualche pensierino da portare come contributo al dibattito. Non so se definirmi oltre o altro dal PD, dato che non l’ho mai neanche considerato; non so nemmeno se definirmi spettatore partecipe ma non schierato; sicuramente sono tra i pochi che ricordano che il PPI non si è sciolto ma ha “sospeso” l’attività politica (ri-SIC!). Io c’ero quell’infausto sabato all’ultimo congresso del PPI all’EUR nel marzo del 2001 alle 00,30 del sabato quando uscimmo, i pochi piemontesi rimasti a “scortare” l’amico Morgando e D’Andrea, dall’EUR chiudendo a chiave la porta, non cerano più neanche i commessi. Avevamo l’accordo ancora caldo in mano, si parlava di adesione alla Margherita come Gruppo dei popolari, non come Partito, era l’unica mediazione possibile con i Mariniani/Castagnettiani di cui D’Andrea era il “proconsole”, meglio che un pugno in occhio! C’ero anche la domenica mattina in assemblea quando fu letto un documento dove non c’era traccia dell’adesione alla Margherita come Gruppo dei Popolari. C’ero anche il martedì successivo quando il Popolo pubblicò un altro documento che sanciva l’adesione alla Margherita dei Popolari a titolo individuale (stra-SIC!).
    Se fossi il Direttore del giornalino dei Popolari o il Presidente dell’Associazione scriverei un articolo dal titolo: “Il risveglio di Castagnetti? Tempo scaduto!”. Sì perché il tempo è scaduto in quel congresso. Inviterei Castagnetti, Bindi, Franceschini & C. (lasciamo stare il “segretario” che è bravo da solo a farsi del male politicamente sin dal convegno sulla “cosa bianca” del 1999 in quel di Fiesole) a fare ammenda su quella scelta infausta, come già tentò invano Guido Bodrato con Castagnetti ai festeggiamenti per il suo 80° genetliaco, potrebbero finalmente pentirsi, chissà…. Peraltro scelta tutta dei popolari, lo preciso perché circola una corrente di pensiero indotta che attribuisce ai soliti “poteri forti” il diniego circa una qualsivoglia prosecuzione dell’attività politica dei Popolari, da qui l’ineluttabilità della scelta. No, in politica non vi è nulla di ineluttabile, vi sono solo scelte consapevoli. E’ stato un suicidio politico perpetrato con lucida politica follia, operando con perizia successiva finalizzata a cancellare le “tracce residue” di una qualche presenza politica marchiata. Inoltre proverei a sollecitare, a fronte di un pentimento vero, una riflessione politica sul mancato pieno sostegno al favoloso lavoro di Martinazzoli e De Rosa (ripartirono da Sturzo veramente), sul sostegno iniziale a Buttiglione che portò alla “scissione dell’atomo”, sul mancato sostegno al compianto “Gerry White” e al suo grido di allarme a Montesilvano nel 1996 “non moriremo socialdemocratici” (profeta da rivalutare, siamo ben oltre), sull’opposizione “alzo zero” di Castagnetti post-congresso del 1997 salvo diventare segretario mariniano all’assemblea del 1999. Concluderei ritornando all’ipotetico titolo: “Tempo scaduto”?, Forse no se ci fosse la volontà di ammettere gli errori(sarebbe un grande atto di intelligenza politica) e ripartire da dove si è interrotta la Storia, cioè dal Partito Popolare di Martinazzoli, d’altronde l’attività è solo sospesa, o no? Come recitava una antico Carosello del Ramazzotti!
    Naturalmente occorrerebbe un Post Scriptum propositivo e, sempre se fossi il Direttore del giornalino o il Presidente dell’Associazione, argomenterei più o meno così: Cari Amici nel “tempo che ci è dato vivere” c’è sempre spazio politico per le “ragioni del POPOLARISMO”, ovverossia per l’unica cultura politica non storicizzabile, pronta per ogni tempo, pensata, scritta e “ingegnerizzata” filosoficamente da Luigi Sturzo, non come risposta ai problemi del “suo” tempo, bensì coma domanda ai problemi dei tempi, cui rispondere con l’elaborazione di una proposta politica declinata in un progetto e in un programma da parte dei “popolari”, questi si del tempo, dei vari tempi. Luigi Sturzo risolse così il complesso rapporto di mediazione che intercorre tra Fede e Storia, attraverso l’Appello ai Liberi e Forti, maturato in 15 anni, a partire dal Discorso di Caltagirone del 1905 e proposto al verificarsi delle idonee condizioni. Appello che conteneva un programma derivato da una proposta a sua volta elaborata sulla base del progetto politico orientato dal POPOLARISMO. Come? ATTRAVERSO LA FORMA POLITICA ORGANIZZATA E AUTONOMA DI UN PARTITO! Sì, un Partito politico, il Partito Popolare Italiano! Così fecero Sturzo, De Gasperi e Martinazzoli, così occorre fare oggi, perché è su questo punto che si arenano i pur lodevoli tentavi di varie costole dell’associazionismo, sulla forma politica autonoma ed organizzata del paventato soggetto politico.
    Tuttavia non sono né il Direttore del giornalino né il Presidente dell’Associazione ma solo un “popolare in libertà”, quindi chiudo con un mio pensierino Natalizio così precisato: credo che questi tempi siano tempi difficili, inediti, bisognosi di riflessioni impegnate, possibili solo se si riparte da un Pensiero Politico, dal POPOLARISMO, elaborando le risposte che mancano ai vari problemi delle attuali società, non farò la lista della spesa ma sintetizzando, riassunti nell’incapacità di governare il transito dalle società dell’opulenza raggiunta alla progressiva perdita del benessere raggiunto. Su questi temi ritornerò un’altra volta, sempre che interessi a qualche altro “popolare in libertà”. Perdonate i miei pensierini Natalizi.
    Maurizio Trinchitella
    Socio Fondatore Associazione i Popolari del Piemonte nello Studio Tavolaccini a Biella

  4. Avendo già militato nella Sinistra DC e successivamente nel PPI, nella Margherita, attualmente simpatizzante PD, trovo molto interessante far parte di Codesta Associazione. Colgo l’ occasione per conoscere meglio le modalità per poter aderire al Vostro prezioso progetto.
    Buon Natale
    Vittorio Salvatore

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