Le parole-chiave per un progetto di società



Giuseppe Davicino    24 Novembre 2022       0

Possono le parole, intese come parole-chiave della politica, determinare il futuro della società e della democrazia? La risposta è sì, e mai così tanto come nella nostra epoca che è l’epoca della società dell’informazione. Il libro di Giorgio Merlo e Giuseppe Novero, “Le parole che contano” propone un approccio alquanto originale e sostanziale all’impegno politico proprio inducendo a rivolgere l’attenzione su ciò che più di tutto – più delle armi e del denaro – definisce i rapporti di forza nelle società e nel mondo contemporaneo: il potere sulle parole, che assicura a chi lo esercita il controllo del discorso pubblico e di conseguenza l’imposizione di una precisa agenda della politica.

Tenendo presente la cornice del pensiero moderno che, da Heidegger a Gadamer, è giunto a porre come centrale dal punto di vista ontologico la questione ermeneutica, dell’interpretazione delle parole e dei simboli che queste esprimono, al punto da arrivare a parlare della storia come riconducibile a storia delle interpretazioni, va detto però che il fatto di “volare alto” non impedisce affatto ai testi degli undici testimoni del nostro tempo interpellati dagli Autori, di fornire elementi di analisi oltre che di eccelso livello culturale anche di fondamentale utilità per comprendere, orientarsi e agire politicamente nel presente.

Lo si è visto anche in occasione della recente presentazione torinese del volume cui erano presenti alcune delle personalità (Giancarlo Caselli, Franco Garelli, Giovanni Quaglia) chiamate a sviluppare il senso della parola-chiave della politica a loro proposta.

Questo scavare, alla luce della propria esperienza, nel senso delle parole, riscoprendole in tutta la loro pregnanza e polivalenza di significati che portano con loro, custodita nella loro etimologia, restituisce la definizione di un solido punto di vista sulla realtà, consegna una visione a colori (che danno luogo a miliardi di tonalità) dei problemi al posto della visione in bianco e nero (o bianco o nero) dei media.

E così magari si scopre che quello che Giovanni Quaglia ha affermato a proposito del bene comune, che è inscindibilmente il bene di tutti e di ciascuno, come regola e traguardo per la vita delle nostre comunità, dove i successi delle singole parti non si costruiscono a scapito delle altre, ma diventano motori di un benessere comune, assomiglia come una goccia d’acqua a quella logica win-win, posta dai Paesi Brics a base delle loro relazioni, e della quale si avverte terribilmente il bisogno anche nelle relazioni tra Ovest ed Est.

Un concetto ripreso da Giorgio Merlo e applicato alle dinamiche politiche, osservando come in ogni organizzazione il modo in cui si regola e si rispetta la democrazia interna, dà la misura di quale sia la concezione della democrazia nelle istituzioni, che quella forza esprime. E con l’attuale tasso di personalizzazione, di assoluta fedeltà al capo (cementata da una legge elettorale che riduce il ruolo degli elettori da quello di scelta a quello di ratifica) presente nei partiti, c’è da preoccuparsi.

Credo che questo libro costituisca un salutare, per non dire provvidenziale, invito a riappropriarsi a livello popolare ed in modo organizzato, della forza delle parole, rivendicandone l’uso nelle accezioni che più si addicono a rappresentare un futuro nel quale sono le persone, i territori, i molti e non solo i pochi, a ritornare protagonisti su tutte le questioni importanti per la nostra epoca e con al centro l’uomo e non qualunque cosa o macchina posta sopra o al posto della persona umana.

Una prospettiva che naturalmente incrocia la domanda sul che fare, qui ed ora, costruendo delle reti di impegno negli spazi che le reali dinamiche politiche del Paese offrono. Una domanda a cui questo volume è d’aiuto nel cercare la risposta più coerente con la cultura politica di ciascuno, possibilmente senza accampare alibi ma preferendo mostrare le motivazioni e gli obiettivi che si ritengono prioritari.


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