Un passaggio storico di cento anni fa che ha ancora molto da dire oggi nella dinamica mutata della politica nazionale e internazionale ma che è figlio di un percorso di culture politiche che continuano sotto traccia ad essere indispensabili per il futuro del nostro Paese.
Dalla ricerca, fondata sui settimanali diocesani del tempo, prende avvio il saggio di Guido Bodrato sulle vicende popolari del 1919-1926, riferendole alla situazione nazionale che Sturzo ha affrontato per impegnare i cattolici, già presenti nel sociale, anche nella politica con una propria identità: né liberale né socialista. Bodrato ricorda che Sturzo intendeva dare una precisa identità ai popolari, e questa intransigenza non aveva niente a che fare con l’intransigentismo clericale.
Il primo programma “democristiano”, scritto a Torino negli anni in cui Leone XIII invitava “la prima democrazia cristiana” ad operare nella società, ma solo sul terreno sociale, poiché dopo il 1870 il Vaticano chiedeva ai cattolici di “non partecipare alle elezioni nazionali” come reazione alla “breccia di Porta Pia”. Tuttavia, le iniziative sociali del mondo cattolico dimostreranno, nel primo Novecento la capacità di aggregare ceti medi e realtà rurale con una presenza inimmaginabile dai club liberali e dai circoli socialisti del primo Novecento.
Il movimento cattolico troverà in Sturzo un leader capace di inventare un “partito di massa” che raccoglierà la protesta cattolica per la Questione romana, ma anche la domanda di un profondo rinnovamento della società “borghese”. Sturzo voleva un partito con una propria autonomia ma con forti legami con l’associazionismo economico e sociale. L’Italia dei mille Comuni era ancora una società rurale, ma era investita dall’industrializzazione e dall’emergere del contrasto tra città e campagna, ed era ingessata da quel sistema che aveva indotto Sturzo a proporre il proporzionale contro la corruzione e il trasformismo che influivano sulle scelte del Parlamento.
Il nuovo saggio dell’ex ministro e leader cattolico popolare e democratico dal titolo
“Le stagioni dell’intransigenza. Il Partito Popolare di Luigi Sturzo, la “terza forza” di ispirazione cristiana alla prova del fascismo e del bolscevismo nel Piemonte 1919-1926” sarà presentato a Torino venerdì 25 novembre 2022, dalle ore 18, presso il Polo del ’900 (via del Carmine 14, Sala '900).
Introduce e presiede Claudio Donat-Cattin (Presidente Fondazione Carlo Donat-Cattin), con i saluti di Franco Campia (Presidente Associazione I Popolari del Piemonte). Discutono Gianfranco Astori (Consigliere per l’informazione del Presidente della Repubblica), Bartolo Gariglio (Storico, Università di Torino), Gianfranco Morgando (Direttore Fondazione Carlo Donat-Cattin) e Pietro Polito (Direttore Centro Studi Piero Gobetti).
Sarà possibile seguire il dibattito sul sito e sulla poagina Facebook della Fondazione Donat-Cattin.
Dalla ricerca, fondata sui settimanali diocesani del tempo, prende avvio il saggio di Guido Bodrato sulle vicende popolari del 1919-1926, riferendole alla situazione nazionale che Sturzo ha affrontato per impegnare i cattolici, già presenti nel sociale, anche nella politica con una propria identità: né liberale né socialista. Bodrato ricorda che Sturzo intendeva dare una precisa identità ai popolari, e questa intransigenza non aveva niente a che fare con l’intransigentismo clericale.
Il primo programma “democristiano”, scritto a Torino negli anni in cui Leone XIII invitava “la prima democrazia cristiana” ad operare nella società, ma solo sul terreno sociale, poiché dopo il 1870 il Vaticano chiedeva ai cattolici di “non partecipare alle elezioni nazionali” come reazione alla “breccia di Porta Pia”. Tuttavia, le iniziative sociali del mondo cattolico dimostreranno, nel primo Novecento la capacità di aggregare ceti medi e realtà rurale con una presenza inimmaginabile dai club liberali e dai circoli socialisti del primo Novecento.
Il movimento cattolico troverà in Sturzo un leader capace di inventare un “partito di massa” che raccoglierà la protesta cattolica per la Questione romana, ma anche la domanda di un profondo rinnovamento della società “borghese”. Sturzo voleva un partito con una propria autonomia ma con forti legami con l’associazionismo economico e sociale. L’Italia dei mille Comuni era ancora una società rurale, ma era investita dall’industrializzazione e dall’emergere del contrasto tra città e campagna, ed era ingessata da quel sistema che aveva indotto Sturzo a proporre il proporzionale contro la corruzione e il trasformismo che influivano sulle scelte del Parlamento.
Il nuovo saggio dell’ex ministro e leader cattolico popolare e democratico dal titolo
“Le stagioni dell’intransigenza. Il Partito Popolare di Luigi Sturzo, la “terza forza” di ispirazione cristiana alla prova del fascismo e del bolscevismo nel Piemonte 1919-1926” sarà presentato a Torino venerdì 25 novembre 2022, dalle ore 18, presso il Polo del ’900 (via del Carmine 14, Sala '900).
Introduce e presiede Claudio Donat-Cattin (Presidente Fondazione Carlo Donat-Cattin), con i saluti di Franco Campia (Presidente Associazione I Popolari del Piemonte). Discutono Gianfranco Astori (Consigliere per l’informazione del Presidente della Repubblica), Bartolo Gariglio (Storico, Università di Torino), Gianfranco Morgando (Direttore Fondazione Carlo Donat-Cattin) e Pietro Polito (Direttore Centro Studi Piero Gobetti).
Sarà possibile seguire il dibattito sul sito e sulla poagina Facebook della Fondazione Donat-Cattin.
Il “popolare” di sturzo si pose come alternativa identitaria rispetto al “democratico cristiano” di murri, che verrà poi imposto dopo la “liberazione” con tutti gli equivoci del cercare di darsi identità con un aggettivo invece che con programmi e azioni politiche conseguenti e coerenti, da cui il polverone che ne consegui dopo i primi successi, cioè dalla costituente al primo segnale negativo (non capito dai più) delle elezioni del ’53.
Rischio che si ripropone oggi con l’assenteismo elettorale, che testimonia l’incertezza diffusa soprattutto a sinistra, mentre governa chi-rubando le prime parole perfino a mameli- dichiara una fratellanza che può essere contrastata solo da chi vorrà lavorare “insieme” pur nella consapevolezza delle diversità.