Chi affronta la questione sociale?



Giorgio Merlo    13 Ottobre 2022       0

Dunque, tutti parliamo – giustamente – di bollette care, di povertà crescente, di ceto medio fortemente impoverito, di disuguaglianze spaventose e, soprattutto, di incertezza del futuro e di assenza di speranza. Di fronte ad una situazione francamente difficile e complessa, chi è in grado oggi – al di là della propaganda di rito e della conseguente demagogia – di farsi carico sotto il profilo politico di questo pesante fardello? Ma, soprattutto, chi ha l’armatura culturale, ideale, valoriale e forse anche etica per affrontare di petto questa rinnovata ed inedita “questione sociale?

Noi oggi ci ritroviamo di fronte una sinistra – tradizionalmente il campo politico più funzionale e più gettonato per affrontare e governare l’intera “questione sociale” – che è sostanzialmente divisa in tre tronconi, al di là delle stesse percentuali numeriche.

C’è una sinistra populista, trasformista e qualunquista, che è interpretata in modo eccellente dalla nuova veste del partito di Grillo e di Conte, ossia il M5S: una “sinistra per caso”, la potremmo definire, dove la rappresentanza degli interessi varia a seconda delle convenienze del momento. Oggi, per fermarsi all’ultima svolta compiuta, è una sorta di sinistra assistenziale e pauperista. Sino a quando? Non si sa, almeno sino alla prossima piroetta.

Poi c’è la storica sinistra massimalista, estremista e tardo comunista. O meglio, una sorta di Democrazia Proletaria aggiornata per la stagione contemporanea. Una esperienza dove la cultura di governo è sostanzialmente estranea, se non per occupare i posti e coprire gli spazi di potere nelle istituzioni. Come è puntualmente capitato anche alle recenti elezioni politiche.

In ultimo la sinistra per eccellenza, cioè quella che si identifica nella storica filiera italiana del Pci/Pds/Ds/Pd. La “gauche caviar”, come viene ormai comunemente definita. Si tratta, cioè, dell’ultima esperienza concreta del Partito democratico. Ovvero, parliamo di un partito che interpreta, intercetta ed è votato prevalentemente dai ceti medio alti, dalla media/alta borghesia, dai garantiti e dalla società che sostanzialmente “sta meglio”. Un partito, come dicono gli stessi protagonisti, nonchè i vari istituti demoscopici, radicalmente avulso dalle condizioni concrete in cui vivono i ceti popolari e tutti coloro che non riescono più a condurre una vita normale e dignitosa. Appunto, un partito funzionale agli interessi della zona “ztl” e neanche più realmente rappresentativo di quel mondo alto/borghese. Il resto della sinistra, presente anche alle ultime elezioni, appartiene al mondo dei “gruppettari” e quindi non è degno di nota.

Accanto alle varie articolazioni della sinistra contemporanea, non possiamo però dimenticare – come ovvio ed evidente – la tradizione e la cultura della “destra sociale” che storicamente e politicamente nel nostro Paese non è mai stata estranea ai temi sociali e che in queste ultime elezioni ha premiato massicciamente il partito di Giorgia Meloni.

Ora, però, al di là della descrizione oggettiva di ciò che offre il mercato politico contemporaneo, è indubbio che la cosiddetta “questione sociale” non può essere affrontata in modo saltuario ed approssimativo. È sempre più indispensabile, nonché necessario al riguardo, recuperare la tradizione, la cultura e la sensibilità di quella che un tempo veniva comunemente definita come la “sinistra sociale”. Seppur in mancanza di leader autorevoli che oggi possono incarnare concretamente quella sensibilità culturale e ideale e di strumenti, cioè i partiti, che possano farsi carico organicamente di quei problemi e di quelle istanze. A volte drammatiche e sconvolgenti per centinaia di migliaia di persone e relative famiglie.

Insomma, si tratta di capire come politicamente, e culturalmente, si può affrontare di petto e con coscienza critica la “questione sociale” contemporanea. Senza improvvisazione, senza dilettantismo e, soprattutto, senza appaltarla a partiti o singoli esponenti politici che non sono affatto attrezzati e muniti di cultura politica per farsi carico di quelle istanze. Per questi motivi la storica cultura del cattolicesimo sociale, seppur rinnovata e aggiornata alle domande della società contemporanea, deve uscire dal letargo e dalla pura rimeditazione del passato. Deve trasformarsi, ancora una volta, in iniziativa politica. Come era un tempo e come deve diventare oggi. Non per il bene di quella cultura, ma per un futuro dignitoso e più equo della nostra società. Delle persone e delle famiglie.


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