Riscaldamento climatico: non c’è più tempo da perdere



Giuseppe Ladetto    20 Settembre 2022       6

Un’estate caldissima; la mancanza delle piogge con i fiumi in secca e una siccità che ha messo in ginocchio l’agricoltura; gli estesi e devastanti incendi boschivi; i violenti nubifragi, le bombe di acqua e veri e propri uragani in aree dal clima classificato temperato. Sono fenomeni che hanno interessato l’Italia e larga parte dell’Europa, mentre eventi climatici anomali si sono verificati ovunque nel Mondo.

Per salvare il nostro Pianeta, è cominciato un drammatico conto alla rovescia, ha scritto Francesco Provinciali su “Rinascita popolare” ai primi di agosto. Tuttavia, mi pare che le élite che ne hanno nelle mani le sorti non sembrino essere pienamente consapevoli della situazione, visto che di tutt'altro sono occupate e preoccupate. C’è chi tace o definisce eccezionale quanto accade, chi minimizza, chi riconosce la necessità di mettere in campo progetti green per salvaguardare le prossime generazioni, senza prendere atto che non si tratta solo di garantire un futuro a figli e nipoti, ma che quel paventato futuro è già qui oggi, e va affrontato adesso.

Tuttavia, a difesa delle predette élite, è sceso in campo Federico Rampini che, intervistato su RAI 3 nello scorso luglio, ha criticato quello che definisce un ambientalismo fondamentalista. Un conto sono i giovanissimi seguaci di Greta Thumberg ai quali si può perdonare l’ingenuità dovuta all’età, altra cosa sono quegli adulti che chiedono l’abbandono delle fonti fossili per domani.

È evidente che gli esponenti del mondo politico, e di quello economico e produttivo pensano che ci sia ancora molto tempo per realizzare la transizione. Lo rivelano le proposte che mettono in campo. Il nucleare non produce CO2, quindi sembrerebbe una soluzione, ma, a parte i costi, ci voglio più di 20 anni per realizzare una centrale: avremmo pertanto le centrali attive a tempo scaduto. Lo stesso discorso può esser fatto con lo sfruttamento di nuovi giacimenti di metano. La perforazione dei pozzi e la costruzione di metanodotti richiedono un tempo poco compatibile con gli obiettivi temporali imposti dalla stessa UE: disporremmo del gas quando le fonti energetiche fossili saranno già escluse totalmente o in larga misura.

Dire che non è possibile rinunciare alle fonti fossili a partire da domani mattina è lapalissiano. La transizione richiede dei tempi, ma questi possono essere molto diversi a seconda di come la si affronta.

Per evitare un peggio inimmaginabile, bisogna appunto fare il conto alla rovescia: quanti anni abbiamo davanti a noi per realizzare l’indispensabile transizione energetica con l’abbandono dei carburanti di origine fossile? Non certo 40-50 anni, come emerge da molti interventi di esponenti politici e del mondo economico, e come pare credere Rampini, soggetti preoccupati di salvaguardane l’attuale sistema economico-produttivo più che il Pianeta.

Luca Mercalli, e vari esperti di clima ci dicono che abbiamo 15, al massimo 20 anni. Previsione catastrofista o comunque eccessivamente pessimistica?

I climatologi (la maggioranza di chi si occupa di tale disciplina) ci dicono che, per contenere il riscaldamento climatico entro +1,5° C per la fine del secolo, bisognerebbe completare la transizione già nel 2040. Infatti, oggi stiamo a +1,09° C, e, ai ritmi di incremento attuali, si sta andando verso +2,7°C, una catastrofe inimmaginabile. Nel frattempo, procede indisturbata la deforestazione ad opera dell’uomo a cui si aggiungono le superfici boschive, sempre più estese, distrutte dagli incendi. Vanno persi i polmoni della Terra.

A conferma di tale rappresentazione, ricordiamoci le molte critiche ai documenti scaturiti a conclusione del G20 di Roma e della COP26 di Glasgow, giudicati inadeguati da coloro che sono sempre stati molto attenti ai temi ambientali, mentre autorevoli personalità avevano avanzato dubbi sulla sufficienza dei traguardi posti, e sugli impegni e i tempi per raggiungerli.

Ma restiamo pure agli obiettivi fissati dalle varie COP (Conferenze delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) e fatti propri in sede UE: azzerare le emissioni di gas serra di origine antropica entro il 2050; dimezzarle entro il 2030. Per il primo obiettivo, ci restano 28 anni, per il secondo 8.

Sono imprese subito apparse difficoltose, ma la riapertura delle centrali a carbone, e più in generale il ritorno a questa fonte energetica (la peggiore per generazione di CO2) per sopperire alle conseguenze del contrasto con la Russia, rendono quasi impossibile raggiungere tali traguardi (soprattutto il dimezzamento per il 2030). Aggiungiamoci poi l’autorizzazione del nuovo governo britannico (motivata dall’emergenza) alla produzione di shale gas e allo sfruttamento degli scisti bituminosi, una decisione devastante in materia ambientale. Tutto ciò rivela l’irresponsabilità di chi antepone la competizione per definire gli assetti internazionali alla lotta contro il cambiamento climatico. Un pericolo per ogni seria politica in difesa del Pianeta, denuncia Roberto Battiston sul “Corriere della sera” in data 27/8/2022, in un articolo intitolato Se il clima e l’ambiente sono ostaggio della geopolitica.

Guardando al nostro Paese, mi chiedo come si possa realizzare la transizione quando per autorizzare l’impianto di pale eoliche e pannelli fotovoltaici sono richiesti anni, e basta un qualunque TAR per bloccare tutto. Qui non si vuol capire che siamo in una situazione grave, destinata a peggiorare, di fronte alla quale ci vogliono strumenti di pronta efficacia. La protezione civile di Zamberletti ed anche quella di Bertolaso sapevano affrontare le emergenze senza che l’Italia diventasse una dittatura o venisse regalata alla mafia, come temevano alcuni.

Tuttavia oggi non si tratta di un’emergenza, ma della nuova realtà prodotta dal riscaldamento climatico. Quindi più che interventi emergenziali, occorre una radicale riorganizzazione del Paese che investa ogni ambito, perché la capacità di agire in tempi rapidi è diventata una esigenza primaria. Come riporta Francesco Provinciali, “i governi dovranno assumere provvedimenti legislativi condivisi ed azioni urgenti di freno a questa deriva distruttiva del pianeta”. Essere in grado di prendere decisioni, di metterle in atto prontamente e di conseguire gli obiettivi non è in conflitto con la sovranità popolare, piuttosto la esprime compiutamente.

La situazione italiana è, per certi aspetti, più difficile che altrove in Europa. Quest’anno è andato perso, a causa del cambiamento climatico in atto, dal 20% al 40% della produzione agricola, con punte in taluni settori del 50%. Rammento per l’ennesima volta che, con quanto produce in tempi normali il territorio nazionale, si copre circa il 50% del nostro fabbisogno di cereali e semi oleosi (alla base di tutto quanto mangiamo). Con il nuovo andamento climatico, il nostro deficit alimentare si è fatto pertanto più pesante. Inoltre, le perdite produttive hanno riguardato molti Paesi cerealicoli, compresi la Francia, da cui importiamo gran parte del frumento tenero, e il Canada, che ci fornisce il grano duro. Malgrado ci venga detto che comunque nel mondo la disponibilità di cereali resta elevata, non è difficile immaginare le difficoltà a cui possiamo andare incontro, con tali cali di produzione, se non ci muoveremo con determinazione per affrontare la condizione nuova in cui siamo, e ancor più verremo a trovarci.

Sul piano generale, un fatto (che riguarda tutti i Paesi) deve essere chiaro. Per affrontare il cambiamento climatico, è certo fondamentale mettere a punto e varare progetti organizzativi e tecnici per ridurre le emissioni di gas serra, ma ciò non basta. È necessario mutare il modello economico produttivo, gli standard, gli stili di vita ed i consumi vigenti. Ci ha detto il Premio Nobel Giorgio Parisi che uno sviluppo fondato sulla crescita del PIL non è compatibile con il contrasto al riscaldamento climatico.

Una dichiarazione esplosiva (analoga a quanto tempo fa disse Gael Giraud, gesuita ed economista di fama internazionale). Ma quasi tutti sono passati sopra queste parole senza commentarle, o meno che mai confutarle. Eppure investono proprio il punto centrale su cui misurarsi per definire un progetto idoneo a contrastare le incombenti criticità.

Si dirà che nessuno, né in ambito politico, né in quello economico-produttivo, può prendere in considerazione le parole del Nobel perché, per i protagonisti di tali settori, sarebbe un suicidio accantonare l’assetto su cui si basa il loro ruolo e il loro potere. Inoltre, nemmeno i comuni cittadini sono disposti ad accettare le rinunce che ne deriverebbero.

Tuttavia, non ci vorrà molto tempo perché le conseguenze del riscaldamento climatico si rivelino più pesanti dei sacrifici richiesti per contenerlo. Allora, a fronte dell’evidenza, forse si farà quanto necessario, sperando che non sia troppo tardi.


6 Commenti

  1. Non confuto, ma approvo totalmente le sagge parole dell’ amico Ladetto. Mi permetto tuttavia di integrarle con una amara considerazione sul presente immediato. Ammesso utopisticamente che in un sussulto di buon senso le azioni per contenere il riscaldamento partano subito, bisogna anche gestire il transitorio temporale per contenere le frane, le alluvioni e tutti i dissesti a cui ormai siamo abituati, ma che producono e produrranno vittime e danni in attesa degli effetti benefici dei provvedimenti auspicati. Bisogna intervenire subito secondo una tabella di priorità per almeno limitare i danni conseguenti alla colpevole inerzia dei decenni precedenti. Orbene non vi è un solo partito politico che in vista delle prossime elezioni abbia il coraggio di sollevare il problema e la sincerità di esporre i doveri conseguenti (lavori, costi, sacrifici, ecc.): flat tax = flat ground quindi niente frane…. Si badi che esiste già pronta da tempo (e ignorata) la tabella delle priorità di intervento redatta dai tecnici competenti, ma i politici e gli italiani che li votano preferiscono sperare che la disgrazia colpisca “un altro”.

  2. Egr. G. Ladetto,
    credo che nessuno contesti che sia in atto un riscaldamento, del resto già verificatosi altre volte, alternato a periodi di raffreddamento. Trovo inaccettabile che si trasformino previsioni algoritmiche con certezze assolute ed indiscutibili. Inoltre Lei avrebbe dovuto riferire dei moltissimi esperti climatologi che dissentono completamente dalla diagnosi da Lei riferita e tra questi ci sono anche italiani di fama internazionale, quali Zichichi, Battaglia e Prodi. Costoro sostengono che il mutamento del clima in atto è dovuto per il 95% all’azione solare e solo per il restante 5% all’attività umana. Stante che nessuno attualmente è in grado di modificare l’azione del sole, le varie proposte delle quali Lei si fa paladino sono ininfluenti sul clima. Dal che risulta che F. Rampini e tanti altri hanno perfettamente ragione: se si sbaglia la diagnosi la terapia non può che provocare gravi danni.
    Santo Bressani Doldi

  3. Una risposta alle osservazioni di Santo Bressani Doldi.
    Segnalo che Franco Battaglia e Antonino Zichichi non sono climatologi (professore di Chimica fisica il primo, e di Fisica il secondo), come non lo sono in genere quanti Zichichi riunisce periodicamente a Erice per sostenere battaglie negazioniste su vari temi (fra i quali, oltre all’origine antropica delle modificazioni climatiche, l’evoluzionismo).
    Ribadisco che la totalità dei climatologi che pubblicano sulle più quotate riviste scientifiche internazionali non ha dubbi sull’origine antropica del riscaldamento climatico in corso e sull’urgenza di abbandonare le fonti energetiche fossili.
    Pertanto, consiglierei, a quanti invece conservano ancora dubbi in materia, di prendere in considerazione le ragioni che hanno indotto i vertici dell’UE a porre i traguardi del 2030, per il dimezzamento delle fonti energetiche fossili, e del 2050, per l’abolizione dell’uso di queste; ed altrettanto li invito ad esaminare le motivazioni poste alla base dei vari rapporti del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC)) che indicano la necessità di una pronta transizione energetica.

  4. Dopo le incisive parole di Ladetto ho riletto il chiarissimo articolo sulla transizione ecologica e sulle auto elettriche di Forlani(pubblicato in giugno). Criminalizzare una moderna vettura ibrida (quindi dotata di motore termico oltreché elettrico) come se fosse la causa di tutti i mali dell’universo è una palese stupidaggine. Lo shale gas che gli americani ci vogliono vendere a un prezzo decisamente superiore a quello a cui la Russia quotava il proprio gas naturale viene estratto con metodologie devastanti per l’ambiente (e gli scisti bituminosi non consentono di ottenere una materia prima più che tanto pulita); intanto qualche mente illuminata in Europa propone la riapertura delle centrali a carbone. Sono gli effetti perversi della guerra in Ucraina. Colpa del presidente Putin,certo, ma anche di chi sta tirando forsennatamente la corda dall’altro capo, felice di avere di fronte un nemico impetuoso che ha fatto proprio la cosa “giusta” che ci si aspettava facesse… ma questi sono cattivi pensieri che esulano dall’argomento. Aggiungo che l’abbandono repentino della ricerca e della produzione di veicoli ibridi a basse emissioni comporterà una ricaduta occupazionale e sociale drammatica (come se ne avessimo bisogno) e la dispersione di un mondo di competenze di cui anche la nostra Torino è ricchissima. Insomma per affrontare la crisi ecologica (non riduciamola al solo fatto climatico! Le emissioni di sostanze nocive nell’aria, nell’acqua, nel terreno è nociva indipendentemente dall’alterazione del clima!) occorrono equilibrio e freddezza: come su un aereo in emergenza bisogna agire sui comandi corretti altrimenti si rischia di precipitare. Aggiungo ancora una nota politicamente e, ahimè, cristianamente scorretta (chi scrive è un cattolico praticante): la demografia. La terra scoppia scriveva quell’anziano monellaccio di Sartori sulla scia del vecchio e vituperato Malthus; che non avessero poi tutti i torti? Il prof. Parisi (che non vincerà di certo il Nobel per la cucina dopo i consigli impartiti alla nazione sulla cottura della pasta) sentenzia di fronte a una platea di ammiratori che occorre disaccoppiare tutela dell’ambiente e crescita indiscriminata del PIL. Beh, il mondo ambientalista serio lo dice da decenni (vd. K.Boulding) e in generale tutte le emergenze di cui discutiamo oggi erano state prefigurate dal Club di Roma più di 50 anni fa.

  5. “Il clima e l’ambiente sono ostaggio della geopolitica.” Questa mi pare che sia la coclusione più realistica.
    La conquista dei mercati senza limite come fine ultimo dello sviluppo ha fatto dell’economia la nuova forma ordinaria di guerra di conquista. Naturalmente tenendo sempre di riserva la guerra classica quando i nodi gordiani del sistema appaiono insolubili.
    Le cose potrebbero cambiare solo gli uomini capissero che ormai il banco del gioco geopolitico gli è sfuggito di mano ed è passato alla Natura (inquinamento e squilibrio demografico). Sempre che lo capiscano ancora in tempo utile.

  6. Emergenze di Protezione Civile, una piattaforma digitale a supporto di Sindaci e Operatori. Il Progetto fu Finanziato dalla Regione con 1,2 milioni di euro e coordinato da Cefriel. Evento il 28 maggio 2019. La Tecnologia del Cruscotto è una smart practice!
    Stimatissimi amici, tutto il territorio italiano e le attività pericolose (eventi naturali e provocati dall’uomo) della nostra penisola, devono essere monitorate con un sistema intelligente, mediante sensori mirati, alcuni realizzati ad hoc. Se partiremmo dai risultati (feedback) ottenuti in Lombardia, col sistema realizzato da Cefriel, potremmo estenderlo, con opportune migliorie e modifiche, a tutto il territorio nazionale con benefici immediati. Ho sollecitato più volte i preposti, senza ottenere riscontro. Se avessimo avuto attivo questo sistema, avremmo potuto prevedere il collasso del ponte Morandi e successivamente del ponte sul Magra e la recente alluvione nelle Marche. Trattandosi di una necessità nazionale
    contemplata dal Piano MID 2025 – Strategia per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione del Paese. Con email del 26 febbraio 2020, informai il Ministro PISANO, della necessità della “Tecnologia del “Cruscotto” essa fu proposta da Jeremy Rifkin, elogiata di Giulio Tremonti e riproposta nel libro di Gian Luca Comin “2030 La Tempesta Perfetta”, risulta conforme all’architettura del mio sistema “Dometer” premiato da “Italia degli Innovatori sotto l’egida della Presidenza del Consiglio dei Ministri”. In collaborazione con le Regioni, lo Stato deve promuovere un progetto pilota in grado di gestire interattivamente da internet, questi fenomenii: calamità, consumi energetici (utilities), inquinamento atmosferico (CO2), esportazioni, investimenti, Pil, debito pubblico, ecc. Per questo motivo mi sono rivolto al committente ARIA S.p.A. – Azienda della Regione Lombardia per l’Innovazione e gli Acquisti, per conoscere i benefici ottenuti dal progetto SIMULATOR-ADS – Sistema modulare per la gestione e prevenzione dei Rischi – integra varie componenti software, dal gestore delle procedure previste dalla normativa vigente alle immagini satellitari: tutte informazioni per essere consultate all’occorrenza, tramite un’unica piattaforma, dagli amministratori locali. Non sono riuscito a sapere se il suddetto simulatore si è dimostrato uno strumento informatico che potrebbe essere utile per tutti i Comuni d’Italia, per la Protezione Civile e i vari Ministeri, essa dovrebbe fornire un quadro aggiornatissimo per far fronte interattivamente a tutte le situazioni critiche ad es. terremoti, alluvioni, esplosioni di gas nelle civili abitazioni, frane e catastrofi di ogni genere, da Ventimiglia e Trieste fino a Trapani. Un riscontro in tal senso, non è mai arrivato, eventualmente, se qualcuno dei lettori è a conoscenza di questa virtuosa tecnologia, sentiamoci telefonicamente per ulteriori aggiornamenti. Nel caso non si riuscisse a venirne a capo, occorrerebbe riscrivere la specifica per la realizzazione di un progetto ad hoc
    DG Power – Filippo ARPAIA Promoter e sviluppo progetti
    Tecnologo e Ricercatore Energetico GQ – D.LGS. 231- Hse consultant
    t. 02 9249896 Cel.338-2102708
    filippo.arpaia@libero.it filippo.arpaia@widipec.it
    Inserito dal Ministero delle Attività Produttive al n° 20 Albo degli “Esperti in Innovazione Tecnologica” per la Valutazione dei Progetti, ai sensi dell’art. 14 della legge 17 febbraio 1982

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