Era la Regina per antonomasia: per i britannici, certo, ma anche per il mondo intero. Non c'era neppure bisogno di dirne il nome, ci si intendeva al volo.
Elisabetta II è stata una grande regina e, ancor di più, una grande donna. Per questo la sua scomparsa, a 96 anni, desta una generale ondata di tristezza e costernazione. Un sentimento che travalica i confini del suo regno ed anche quelli ben più larghi del Commonwealth per divenire qualcosa che appartiene un po' a tutti.
Del resto Elisabetta era sul trono da settanta anni: un periodo lunghissimo, quasi infinito specie se misurato con la fugacità della nostra epoca, instabile come poche altre, spesso giocata sul “mordi e fuggi”. E invece passavano gli anni ed era sempre lì imperturbabile, dinanzi ad un mondo convulso e in perenne scompiglio. "Una roccia" l'ha definita, giustamente, Liz Truss il suo ultimo premier che solo pochi giorni aveva ricevuto la solenne investitura nel castello di Balmoral in Scozia.
Quell'occasione è stata anche l'ultima comparsa in pubblico della Regina: ultimo atto istituzionale di una vita costantemente posta al servizio del suo Paese e del proprio popolo. A rivederla, in quell'istante di fronte alla giovane neo premier, si nota un'Elisabetta fragile ed affaticata, sotto il peso di un'età sempre più ragguardevole. Nulla però, almeno in apparenza, lasciava presagire il peggio che, invece, si è materializzato appena due giorni dopo.
Così siamo un po' tutti sorpresi per qualcosa, i britannici in testa ma noi con loro, per cui, data l'età, si era forse preparati ma certo non pronti. Quasi pensando, inconsciamente, che la Regina dovesse esserci sempre. In tutti adesso c'è grande ammirazione, per come si è posta al servizio dello Stato in ogni momento della sua vita. Un compito svolto in silenzio, senza cercare la ribalta (a quello ci pensavano abbondantemente i suoi familiari), senza clamori o trasgressioni. E in fondo, in un'epoca come la nostra - dove si è soprattutto inclini nell'accampare diritti per se stessi - cosa c'è di veramente più trasgressivo che compiere fino in fondo il proprio dovere verso gli altri? Qualcosa che, peraltro, vale ovviamente per tutti, nella nostra semplice quotidianità.
Ultimo atto, si diceva, la nomina della Truss a primo ministro. Ben quindici premier - undici conservatori e quattro laburisti - si sono susseguiti nel corso del suo regno al numero 10 di Downing street, partendo da Winston Churchill nel lontano 1952, quando ascese al trono dopo la morte di suo padre Giorgio VI. Ma anche quattordici presidenti americani e sette pontefici, oltre ad un'interminabile sequela di Capi di Stato e di governo di ogni nazione.
Al di là dei numeri, in ogni caso eccezionali, ad emergere sono le qualità di Elisabetta a cominciare, lo si è detto prima, da quell'assoluto senso del dovere che la rende un esempio per tutti. D'altronde da ragazza, appena quindicenne, vide suo padre e sua madre rimanere imperturbabili a Londra sotto i bombardamenti tedeschi. La famiglia reale avrebbe potuto benissimo abbandonare la capitale ma preferì condividere, giorno dopo giorno, la sorte dei propri concittadini in attesa che quel momento tanto buio fosse passato. Un atteggiamento difficilmente riscontrabile in altre case regnanti.
E adesso, dopo il meraviglioso Giubileo di Platino che soltanto tre mesi fa ne aveva celebrato i settanta anni di regno, la Gran Bretagna si trova a voltare pagina. Impossibile prevedere quali scenari si apriranno per la monarchia, che comunque gode di un solido consenso popolare.
Molte le sfide nel futuro del Paese: dalla tenuta stessa del Regno Unito con Scozia ed Irlanda del Nord scosse da fremiti autonomistici, rinfocolati dalla Brexit, ai rapporti con il Commonwealth dove qualche nazione potrebbe anche sganciarsi dalla seppur formale sovranità di Londra.
Inutile comunque lanciarsi in troppe congettura. Ora è il momento del ricordo, di una Regina straordinaria, e della speranza, per un nuovo Re che inizia il suo cammino.
Di certo c'è da augurarsi che il prezioso lascito di Elisabetta, la profonda devozione per il proprio Paese mostrata in lunghi decenni, possa essere da bussola e da guida per i suoi successori. A cominciare da Carlo III sul trono da poche manciate di ore.
Elisabetta II è stata una grande regina e, ancor di più, una grande donna. Per questo la sua scomparsa, a 96 anni, desta una generale ondata di tristezza e costernazione. Un sentimento che travalica i confini del suo regno ed anche quelli ben più larghi del Commonwealth per divenire qualcosa che appartiene un po' a tutti.
Del resto Elisabetta era sul trono da settanta anni: un periodo lunghissimo, quasi infinito specie se misurato con la fugacità della nostra epoca, instabile come poche altre, spesso giocata sul “mordi e fuggi”. E invece passavano gli anni ed era sempre lì imperturbabile, dinanzi ad un mondo convulso e in perenne scompiglio. "Una roccia" l'ha definita, giustamente, Liz Truss il suo ultimo premier che solo pochi giorni aveva ricevuto la solenne investitura nel castello di Balmoral in Scozia.
Quell'occasione è stata anche l'ultima comparsa in pubblico della Regina: ultimo atto istituzionale di una vita costantemente posta al servizio del suo Paese e del proprio popolo. A rivederla, in quell'istante di fronte alla giovane neo premier, si nota un'Elisabetta fragile ed affaticata, sotto il peso di un'età sempre più ragguardevole. Nulla però, almeno in apparenza, lasciava presagire il peggio che, invece, si è materializzato appena due giorni dopo.
Così siamo un po' tutti sorpresi per qualcosa, i britannici in testa ma noi con loro, per cui, data l'età, si era forse preparati ma certo non pronti. Quasi pensando, inconsciamente, che la Regina dovesse esserci sempre. In tutti adesso c'è grande ammirazione, per come si è posta al servizio dello Stato in ogni momento della sua vita. Un compito svolto in silenzio, senza cercare la ribalta (a quello ci pensavano abbondantemente i suoi familiari), senza clamori o trasgressioni. E in fondo, in un'epoca come la nostra - dove si è soprattutto inclini nell'accampare diritti per se stessi - cosa c'è di veramente più trasgressivo che compiere fino in fondo il proprio dovere verso gli altri? Qualcosa che, peraltro, vale ovviamente per tutti, nella nostra semplice quotidianità.
Ultimo atto, si diceva, la nomina della Truss a primo ministro. Ben quindici premier - undici conservatori e quattro laburisti - si sono susseguiti nel corso del suo regno al numero 10 di Downing street, partendo da Winston Churchill nel lontano 1952, quando ascese al trono dopo la morte di suo padre Giorgio VI. Ma anche quattordici presidenti americani e sette pontefici, oltre ad un'interminabile sequela di Capi di Stato e di governo di ogni nazione.
Al di là dei numeri, in ogni caso eccezionali, ad emergere sono le qualità di Elisabetta a cominciare, lo si è detto prima, da quell'assoluto senso del dovere che la rende un esempio per tutti. D'altronde da ragazza, appena quindicenne, vide suo padre e sua madre rimanere imperturbabili a Londra sotto i bombardamenti tedeschi. La famiglia reale avrebbe potuto benissimo abbandonare la capitale ma preferì condividere, giorno dopo giorno, la sorte dei propri concittadini in attesa che quel momento tanto buio fosse passato. Un atteggiamento difficilmente riscontrabile in altre case regnanti.
E adesso, dopo il meraviglioso Giubileo di Platino che soltanto tre mesi fa ne aveva celebrato i settanta anni di regno, la Gran Bretagna si trova a voltare pagina. Impossibile prevedere quali scenari si apriranno per la monarchia, che comunque gode di un solido consenso popolare.
Molte le sfide nel futuro del Paese: dalla tenuta stessa del Regno Unito con Scozia ed Irlanda del Nord scosse da fremiti autonomistici, rinfocolati dalla Brexit, ai rapporti con il Commonwealth dove qualche nazione potrebbe anche sganciarsi dalla seppur formale sovranità di Londra.
Inutile comunque lanciarsi in troppe congettura. Ora è il momento del ricordo, di una Regina straordinaria, e della speranza, per un nuovo Re che inizia il suo cammino.
Di certo c'è da augurarsi che il prezioso lascito di Elisabetta, la profonda devozione per il proprio Paese mostrata in lunghi decenni, possa essere da bussola e da guida per i suoi successori. A cominciare da Carlo III sul trono da poche manciate di ore.
Elisabetta II è stata un personaggio fuori dal comune, non solo per la longevità del suo regno,ma anche e, soprattutto, per lo stile con cui ha esercitato il suo potere regale.
La nota dominante è stata l’equilibrio e l’understatement, qualità britanniche per eccellenza che, spesso, possono essere scambiate per freddo distacco o cinico disinteresse.
La monarchia parlamentare britannica, distinta nel ruolo e nei poteri dal parlamento dei rappresentanti del popolo, ha certamente contribuito,nel corso plurisecolare della sua storia, a forgiare comportamenti e sensibilità che nel tempo hanno coinvolto l’intera società producendo quello specifico carattere conosciuto come ‘british aplomb’.