Non sono un economista ma un osservatore, anche per “mestiere”, della politica estera. Le considerazioni pubblicate in questi giorni da Laura Camis de Fonseca, presidente della Fondazione Camis de Fonseca di Torino, mi paiono degne di riflessione. È stata un’imprenditrice con esperienze anche internazionali (un attore di lunga esperienza, dice lei) e quindi credo sia interessante leggere le sue riflessioni su quella che viene definita la “globalizzazione” e di cui , fin dal 2008 ma anche oggi, vediamo vantaggi e svantaggi.
Una premessa. Il recente vertice europeo di Versailles sembra voler dettare una nuova agenda a livello del commercio globale, dichiarando strategici settori come l’agricoltura, l’energia, la tecnologia. Significa anche proteggerli? La guerra in Ucraina e le posizioni USA su cui si allinea anche troppo facilmente l’Europa (e la grande stampa nazionale con in testa il “Corriere della sera” e il direttore della “Stampa” Giannini che definisce “anime morte” chi cerca vie diverse dal fornire armi) chiudono i mercati ai “nemici” e agli “ amici dei nemici”. Ma si si può sempre far finta di dimenticare che la Cina è una dittatura peggiore di quella Russa? Ora però n Europa si riflette sulle filiere produttive e su come riportare a casa attività poco remunerative rispetto a Paesi dove il costo del lavoro è molto più basso e i diritti sindacali inesistenti. Troppo tardi? L’illusione di Romano Prodi e di quelli che hanno fortemente voluto la globalizzazione dei mercati fu un errore? Ed ora come fare a tornare indietro senza provocare guerre commerciali , e non solo commerciali, evitando approcci distruttivi e maldestri? Forse che alla Cina abbiamo applicato sanzioni dopo la repressione a Hong Kong?
Scrive Laura de Fonseca sul sito della sua fondazione sotto il titolo Il mondo dà di matto? L’assurda politica con la Cina:
“Nel 2001 l’Unione Europea decise che allo scadere dei successivi 36 mesi avrebbe liberalizzato tutto d’un colpo le importazioni dalla Cina: abolite le licenze e le quote, i dazi extra. I politici ed economisti di professione − cioè puramente teorici − decisero di trattare la Cina come un qualunque medio paese a economia di libero mercato, dopo 50 anni di chiusura quasi totale. Che si trattasse della più solida, più antica e demograficamente più estesa civiltà del mondo − e che la sua struttura sociale e politica non avesse neppure l’apparenza di libero mercato − fu un dettaglio su cui si preferì non discutere. Tecnicamente fu deciso che con qualche riforma cosmetica superficiale la Cina avesse tutti i requisiti per entrare nel WTO benché ancora oggi, venti anni dopo, materie prime ed energia siano monopoli di stato, i tassi di cambio siano fissati centralmente, la maggior parte dell’industria pesante sia pubblica, il credito sia gestito dallo stato con criteri politici. Peccato sfuggisse il dettaglio che si trattava di un paese di un miliardo e mezzo di persone laboriose, abili, povere, orgogliose, disciplinate, abituate a lavorare 60 ore la settimana senza proteste e senza organizzazione sindacale. La nostra industria avrebbe dovuto competere tutto d’un tratto con i Cinesi? Ma capivano costoro che cosa facevano? Non eravamo riusciti a competere con successo neppure con le produzioni dell’Europa dell’est, entrate nel sistema economico occidentale dieci anni prima!”. E prosegue : “Se lo vedevo e lo capivo io, perché non lo vedevano e non lo capivano politici ed economisti, perché non lo capiva la Commissione Europea?
Partecipai a un seminario dello Studio Ambrosetti, andai una volta a Cernobbio: grandi manager, grandi economisti, compiaciuti discorsi privi di qualunque concretezza. L’unica cosa evidente era che tutti consideravano “superati” il lavoro e la produzione, perché il futuro dei Paesi evoluti sarebbe stato nella finanza. Noi avremmo ricevuto denaro da investire da ogni parte del mondo, saremmo stati i master investitori, avremmo fatto rendere i capitali nostri e altrui e tramite la finanza saremmo stati i padroni del mondo! (…) Mi sembravano tutti matti, privi del senso della realtà. Mi è sempre stato chiaro che il potere economico è di chi sa fare, sa decidere e agire, creare organizzazioni – la finanza è un servizio. E più il denaro è abbondante e più circola, meno importanti diventano i servizi finanziari ai fini dell’economia reale, meno potere reale ha il capitale. USA ed Europa pensavano di poter guidare il resto del mondo mettendosi al suo servizio nella gestione della finanza? No, c’era anche la tecnologia, c’erano i brevetti: ma che senso aveva mettere subito a disposizione dei Cinesi i nuovi brevetti, l’high tech più innovativo, affidandone a loro la produzione, anziché produrre in casa? In cambio di bassi costi di produzione si regalava la conoscenza più avanzata ai concorrenti? O erano tutti stupidi, o io non capivo qualche cosa che entrava necessariamente nell’equazione ma mi sfuggiva”.
Amara a conclusione finale: “Purtroppo la crisi finanziaria ed economica degli anni 2008-2012 dimostrò che a non capire i rapporti di forza nell’economia reale erano stati gli economisti e i politici. Avevo ragione io, ma in questo caso aver ragione fu cosa davvero triste”.
Una premessa. Il recente vertice europeo di Versailles sembra voler dettare una nuova agenda a livello del commercio globale, dichiarando strategici settori come l’agricoltura, l’energia, la tecnologia. Significa anche proteggerli? La guerra in Ucraina e le posizioni USA su cui si allinea anche troppo facilmente l’Europa (e la grande stampa nazionale con in testa il “Corriere della sera” e il direttore della “Stampa” Giannini che definisce “anime morte” chi cerca vie diverse dal fornire armi) chiudono i mercati ai “nemici” e agli “ amici dei nemici”. Ma si si può sempre far finta di dimenticare che la Cina è una dittatura peggiore di quella Russa? Ora però n Europa si riflette sulle filiere produttive e su come riportare a casa attività poco remunerative rispetto a Paesi dove il costo del lavoro è molto più basso e i diritti sindacali inesistenti. Troppo tardi? L’illusione di Romano Prodi e di quelli che hanno fortemente voluto la globalizzazione dei mercati fu un errore? Ed ora come fare a tornare indietro senza provocare guerre commerciali , e non solo commerciali, evitando approcci distruttivi e maldestri? Forse che alla Cina abbiamo applicato sanzioni dopo la repressione a Hong Kong?
Scrive Laura de Fonseca sul sito della sua fondazione sotto il titolo Il mondo dà di matto? L’assurda politica con la Cina:
“Nel 2001 l’Unione Europea decise che allo scadere dei successivi 36 mesi avrebbe liberalizzato tutto d’un colpo le importazioni dalla Cina: abolite le licenze e le quote, i dazi extra. I politici ed economisti di professione − cioè puramente teorici − decisero di trattare la Cina come un qualunque medio paese a economia di libero mercato, dopo 50 anni di chiusura quasi totale. Che si trattasse della più solida, più antica e demograficamente più estesa civiltà del mondo − e che la sua struttura sociale e politica non avesse neppure l’apparenza di libero mercato − fu un dettaglio su cui si preferì non discutere. Tecnicamente fu deciso che con qualche riforma cosmetica superficiale la Cina avesse tutti i requisiti per entrare nel WTO benché ancora oggi, venti anni dopo, materie prime ed energia siano monopoli di stato, i tassi di cambio siano fissati centralmente, la maggior parte dell’industria pesante sia pubblica, il credito sia gestito dallo stato con criteri politici. Peccato sfuggisse il dettaglio che si trattava di un paese di un miliardo e mezzo di persone laboriose, abili, povere, orgogliose, disciplinate, abituate a lavorare 60 ore la settimana senza proteste e senza organizzazione sindacale. La nostra industria avrebbe dovuto competere tutto d’un tratto con i Cinesi? Ma capivano costoro che cosa facevano? Non eravamo riusciti a competere con successo neppure con le produzioni dell’Europa dell’est, entrate nel sistema economico occidentale dieci anni prima!”. E prosegue : “Se lo vedevo e lo capivo io, perché non lo vedevano e non lo capivano politici ed economisti, perché non lo capiva la Commissione Europea?
Partecipai a un seminario dello Studio Ambrosetti, andai una volta a Cernobbio: grandi manager, grandi economisti, compiaciuti discorsi privi di qualunque concretezza. L’unica cosa evidente era che tutti consideravano “superati” il lavoro e la produzione, perché il futuro dei Paesi evoluti sarebbe stato nella finanza. Noi avremmo ricevuto denaro da investire da ogni parte del mondo, saremmo stati i master investitori, avremmo fatto rendere i capitali nostri e altrui e tramite la finanza saremmo stati i padroni del mondo! (…) Mi sembravano tutti matti, privi del senso della realtà. Mi è sempre stato chiaro che il potere economico è di chi sa fare, sa decidere e agire, creare organizzazioni – la finanza è un servizio. E più il denaro è abbondante e più circola, meno importanti diventano i servizi finanziari ai fini dell’economia reale, meno potere reale ha il capitale. USA ed Europa pensavano di poter guidare il resto del mondo mettendosi al suo servizio nella gestione della finanza? No, c’era anche la tecnologia, c’erano i brevetti: ma che senso aveva mettere subito a disposizione dei Cinesi i nuovi brevetti, l’high tech più innovativo, affidandone a loro la produzione, anziché produrre in casa? In cambio di bassi costi di produzione si regalava la conoscenza più avanzata ai concorrenti? O erano tutti stupidi, o io non capivo qualche cosa che entrava necessariamente nell’equazione ma mi sfuggiva”.
Amara a conclusione finale: “Purtroppo la crisi finanziaria ed economica degli anni 2008-2012 dimostrò che a non capire i rapporti di forza nell’economia reale erano stati gli economisti e i politici. Avevo ragione io, ma in questo caso aver ragione fu cosa davvero triste”.
Nell’amarezza dei contenuti di questo breve ma stupendo articolo non posso nascondere che ad ogni riga mi dicevo con una certa soddisfazione: “Finalmente un discorso con i piedi per terra, finalmente qualcuno importante che dice le stesse cose che da anni diciamo io ed i miei amici, cose che ci spaventano non poco. ”
Mi è davvero piaciuto quanto scrive Laura de Fonseca….così tanto che anche il finale lo sento uguale. “Mi è piaciuto così tanto da farmi arrabbiare e preoccupare ancor di più, perchè oggi siamo una netta minoranza a vedere le cose in questo modo”. Ed oltretutto non essere globalisti, liberisti, market oriented (o marchettari dentro?) ci fa passare da dementi che necessitano di esser messi in condizione di non nuocere.
Egr. P. Girola,
alcune note al suo bell’articolo. Romano Prodi è stato a mio avviso deleterio in Europa per il suo allargamento improvviso e giudicato dagli esperti immotivato e pericoloso. Deleterio in Italia perché l’introduzione dell’euro (che pur era necessaria) è stata gestita tanto malamente dal Prodi da provocare il dimezzamento improvviso dei risparmi di tutti gli italiani. Deleterio per il governo italiano per le molte menzogne propinateci: in UE lavoreremo un giorno in meno alla settimana e guadagneremo di più; mai il governo coi comunisti e poi il governo con Cossutta, il peggio del peggio, e via mentendo. La Cina è un paese totalitario e non lo scopriamo ora. Comunque ben diverso per ora da chi invade un paese indipendente e libero e lo distrugge. I grandi economisti non capirono nulla della Cina? E da quando in qua l’economia è una scienza esatta e gli economisti qualcosa di più di rabdomanti? Non essere globalisti? Certo visto che il globalismo ha infranto ogni punto di riferimento: famiglia, scuola, chiesa, rione, città e nazione. Qualcuno ha trovato o trova l’idea risolutrice del disastro? Per ora personalmente non ho visto nessuno, né nella politica, né nella società civile, né nelle istituzioni religiose che sappia indicare la vita d’uscita.
Resta la speranza.
Posso tranquillamente scrivere ” io ero presente e mi ribellavo,ma secondo voi se mettiamo, scelte a caso, in una stanza 10 persone ritenete che la maggioranza decida di FARE oppure decide di FAR FARE? Mi spiego meglio, si tratta di decidere se “creare” ” innovare” oppure occuparsi di trasportare e vendere e Guadagnare.
Cerco di chiarire, cioè prevalgono Mediocri o quelli Capaci, Intellettualmente Onesti, quindi colti e capaci di FARE avendo Cultura Competenze Tecniche oppure Competenze Culturali, Scientifiche, …conosce il Mondo e le diverse culture. Folle fu chi pensò di “Far FARE agli altri” perdendo ogni percezione della Potenza del ” Saper fare”. Più folli sono quelli che ora, mi dicono: Pensa,mi sono infuriato, prima di consegnare quanto arrivato, ho dovuto far intervenire i tecnici dalla Altra parte del mondo, e ho insegnato come ANDAVA FATTO, COSI’ LA PROSSIMA VOLTA, IL PRODOTTO ARRIVA PERfETTO”.Cioè ” insegna …a gratis”…..AIUTO!!!!.. ma come ne usciamo