No, non doveva finire così presto il percorso umano di David Sassoli. L’ho sentito l’ultima volta dopo il Santo Natale, mi aveva detto che “avremmo fatto il punto”, come amava dire, “dopo le vacanze”. Sapevo che non stava bene ma non avrei mai immaginato una accelerazione della malattia così rapida. E l’ultima volta che l’ho visto è alla presentazione del mio libro su Franco Marini all’Istituto Sturzo a Roma. Era il 15 dicembre. In collegamento da Bruxelles. Era visibilmente stanco e dimagrito ma anche in quella occasione nessuno immaginava che quella era una delle sue ultime uscite pubbliche.
Mi sono soffermato su questi due aspetti perché David per me era innanzitutto un amico. Un grande amico. Un’amicizia nata in tempi lontani nel campo cattolico democratico e popolare. Il papà, mi disse una volta, scriveva per le riviste di Donat-Cattin – “Settegiorni” prima, negli anni ‘70 e “Terza Fase” poi, negli anni ‘80 – e lui, David, come molti di noi sanno, era già uno dei giovani leader di quel mondo culturale e politico. E quando si perde un caro amico si perde anche un pezzo della propria vita.
In secondo luogo David era un leader. Ma un leader sobrio, garbato, educato e per bene. Non era aggressivo. Caratterialmente. Non comandava ma convinceva. Con il dialogo, con il confronto, con sua personale persuasione, con la cultura e soprattutto con lo stile. Era una leadership che mal si conciliava con la personalizzazione della politica o con la sola spettacolarizzazione politica. Amava riflettere e, nello specifico, amava imparare dal confronto con gli altri. Con le altre culture. Con gli interlocutori politici avversari e amici. E il tributo di riconoscenza che ha avuto in questi giorni dolorosi non è stato formale ma sostanziale e vero. Autentico. Da parte di amici e avversari. Da parte di tutti quelli che lo hanno conosciuto. Abbiamo perso una grande persona e abbiamo perso un vero leader politico. E culturale. David lascerà un vuoto anche su questo versante. A livello nazionale e a livello europeo.
E, in ultimo, David era un vero cattolico democratico. Lo dice il suo curriculum, lo raccontano le sue esperienze e lo sanno tutti quelli che lo hanno conosciuto. E non solo quelli che lo conoscevano direttamente. David si era formato in quel mondo che non avrebbe mai più abbandonato. E lo ha confermato nella sua esperienza politica nata appena 12 anni fa, nel 2009, quando diventa parlamentare europeo con oltre 400mila preferenze personali. Una valanga di consensi non solo per la sua notorietà televisiva e giornalistica ma anche, e soprattutto, per la sua spiccata personalità e per la sua riconoscibilità politica e culturale. Un’area culturale e politica che nel passato ha avuto grandi leader e straordinarie personalità che hanno segnato in profondità l’evoluzione e il cammino della nostra democrazia e del nostro vivere civile. David, nella società contemporanea, era uno di questi leader. Riconosciuto e riconoscibile. Sincero e leale, anche un po’ schivo, ma leader naturale.
Ma, comunque sia, il magistero politico, culturale e istituzionale di David non passerà invano. Per noi cattolici democratici e popolari innanzitutto. Ma, oserei dire, per tutti i veri democratici del nostro Paese. Ciao David, amico mio.
Mi sono soffermato su questi due aspetti perché David per me era innanzitutto un amico. Un grande amico. Un’amicizia nata in tempi lontani nel campo cattolico democratico e popolare. Il papà, mi disse una volta, scriveva per le riviste di Donat-Cattin – “Settegiorni” prima, negli anni ‘70 e “Terza Fase” poi, negli anni ‘80 – e lui, David, come molti di noi sanno, era già uno dei giovani leader di quel mondo culturale e politico. E quando si perde un caro amico si perde anche un pezzo della propria vita.
In secondo luogo David era un leader. Ma un leader sobrio, garbato, educato e per bene. Non era aggressivo. Caratterialmente. Non comandava ma convinceva. Con il dialogo, con il confronto, con sua personale persuasione, con la cultura e soprattutto con lo stile. Era una leadership che mal si conciliava con la personalizzazione della politica o con la sola spettacolarizzazione politica. Amava riflettere e, nello specifico, amava imparare dal confronto con gli altri. Con le altre culture. Con gli interlocutori politici avversari e amici. E il tributo di riconoscenza che ha avuto in questi giorni dolorosi non è stato formale ma sostanziale e vero. Autentico. Da parte di amici e avversari. Da parte di tutti quelli che lo hanno conosciuto. Abbiamo perso una grande persona e abbiamo perso un vero leader politico. E culturale. David lascerà un vuoto anche su questo versante. A livello nazionale e a livello europeo.
E, in ultimo, David era un vero cattolico democratico. Lo dice il suo curriculum, lo raccontano le sue esperienze e lo sanno tutti quelli che lo hanno conosciuto. E non solo quelli che lo conoscevano direttamente. David si era formato in quel mondo che non avrebbe mai più abbandonato. E lo ha confermato nella sua esperienza politica nata appena 12 anni fa, nel 2009, quando diventa parlamentare europeo con oltre 400mila preferenze personali. Una valanga di consensi non solo per la sua notorietà televisiva e giornalistica ma anche, e soprattutto, per la sua spiccata personalità e per la sua riconoscibilità politica e culturale. Un’area culturale e politica che nel passato ha avuto grandi leader e straordinarie personalità che hanno segnato in profondità l’evoluzione e il cammino della nostra democrazia e del nostro vivere civile. David, nella società contemporanea, era uno di questi leader. Riconosciuto e riconoscibile. Sincero e leale, anche un po’ schivo, ma leader naturale.
Ma, comunque sia, il magistero politico, culturale e istituzionale di David non passerà invano. Per noi cattolici democratici e popolari innanzitutto. Ma, oserei dire, per tutti i veri democratici del nostro Paese. Ciao David, amico mio.
Bel ricordo. Non serve altro e purtroppo spiace molto.