Parigi e Berlino divise sul nucleare



Enrico Pitzianti    10 Gennaio 2022       1

Di nucleare si discute sempre più spesso, e lo si fa perché, essendo una tecnologia a basse emissioni di CO2 in atmosfera, da una parte c’è chi crede sia una risorsa utile a combattere il riscaldamento globale. Dall’altra invece c’è chi resta preoccupato per i possibili rischi e lo smaltimento delle scorie. La notizia è che oggi questa discussione è arrivata alla Commissione Europea.

La Commissione vorrebbe infatti inserire l’energia nucleare nella lista delle attività economiche sostenibili. Questa lista, prevista dal Green Deal europeo, prende il nome di “tassonomia verde” e ha il potere di indirizzare verso alcune specifiche attività fondi pubblici e privati come anche di garantire la loro continuità. Il motivo è che la Commissione crede che il nucleare dovrebbe funzionare da fonte utile a proseguire la transizione ecologica: garantire il fabbisogno energetico dei cittadini europei mentre, nel frattempo, la ricerca tecnologica e scientifica sulle fonti rinnovabili farà in modo che queste diventino più economiche e quindi anche più diffuse.

Tuttavia la tassonomia, per diventare effettiva, deve ancora passare per due votazioni: quella del Consiglio Europeo (con maggioranza qualificata) e successivamente del Parlamento europeo (con maggioranza semplice). In entrambi i casi la bozza potrebbe arenarsi per via dei voti contrari, ma per il momento i contrari sarebbero in minoranza.

Tra i governi apertamente favorevoli alla bozza c’è la Francia (che a partire dal primo gennaio ha assunto la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea e già oggi produce il 70% del proprio fabbisogno energetico dal nucleare) e la Polonia che, tra le altre cose, ha necessità di trovare modi per abbandonare il carbone, cioè la fonte fossile più inquinante in assoluto e da cui Varsavia dipende al 74%. Ad essere contrari all’inclusione del nucleare tra le fonti sostenibili c’è soprattutto la Germania, ma anche la Spagna e il Lussemburgo.

Questa contrapposizione tra Francia e Germania non è un caso. Ma prima di vedere il perché va detto che la bozza non prevede un’inclusione tout court del nucleare tra le rinnovabili. Il testo chiarisce che l’energia nucleare sarà considerata una fonte sostenibile soltanto se le centrali nucleari non causano un danno ambientale “significativo”. L’inclusione nella tassonomia ha anche una scadenza: il 2045. Fino a questa data la costruzione di nuovi impianti per la produzione dell’energia nucleare sarà considerata sostenibile, e quindi meritevole di essere promossa con incentivi e finanziamenti. Non solo: la stessa bozza prevede anche che tra le fonti rinnovabili sia incluso il gas naturale, che per quanto meno inquinante del carbone (produce circa la metà delle emissioni) rimane pur sempre una fonte fossile. Anche nel caso del gas naturale l’inclusione varrà a delle condizioni precise: che i nuovi investimenti servano a rimpiazzare petrolio e carbone e che non vengano emessi in atmosfera più di 270 grammi di CO2 per ogni kilowatt generato.

Torniamo allo scontro tra Francia e Germania, i due attori più importanti di questo scontro che sì, è sull’energia, ma è prima di tutto politico. Il contesto è questo: la presidenza del Consiglio dell’Unione Europea è appena passata alla Francia. Col tramonto della cancelliera tedesca Merkel il ruolo di leadership europea, da essere saldamente in mano tedesca, è tornato a essere in bilico e Parigi ne è consapevole. Per la Francia è il momento di far valere la bontà del proprio equilibrio energetico, che dipende in larga parte dal nucleare e in misura minore dalle rinnovabili, ma che è già slegato dal fossile. Il gas naturale invece è la fonte energetica più importante per la Germania perché è qui, sulle coste della piccola cittadina di Greifswald, che arriva direttamente dalla Russia il grande gasdotto Nord Stream, a cui presto si aggiungerà il suo gemello, il molto discusso Nord Stream 2.

Dalla Germania, poi, il gas si dirama in condutture che arrivano in tutto il resto d’Europa. Insomma, vista l’importanza strategica e politica dell’energia si tratta di due visioni contrapposte, due modelli energetici che le due potenze europee più importanti vorrebbero far prevalere sul resto dell’Unione. In un caso, quello dell’incentivo all’energia nucleare promosso da Parigi, si otterrebbe anche l’effetto di indebolire il legame del vecchio continente con la Russia, che rimane il primo esportatore di gas naturale al mondo. Nel secondo caso invece, cioè se l’energia nucleare non dovesse intaccare il consumo di gas naturale, la leadership di Berlino rimarrebbe sicuramente più solida.

Che Berlino sia assolutamente contraria al nucleare lo si era capito dalla progressiva chiusura di tutte le centrali nucleari del paese, in corso ancora oggi. Allo stesso tempo, però, la Germania continua a tenere aperte quelle a carbone, decisamente più inquinanti. Parigi sta portando alla luce questa contraddizione: il ministro tedesco Habeck (che è anche vicecancelliere) ha detto esplicitamente che il suo Paese non può approvare la nuova tassonomia nel caso includa il nucleare tra le fonti rinnovabili. Eppure, secondo diverse fonti, la Germania non voterà contro il provvedimento ma si asterrà.

Lo scontro tra Parigi e Berlino, declinato nell’inclusione del nucleare e del gas naturale tra le rinnovabili, è così evidente che alcuni esponenti dei Verdi tedeschi hanno ipotizzato che ci sia stato addirittura un accordo tra il cancelliere Scholz e il presidente francese Macron. In sostanza il primo avrebbe permesso di etichettare come sostenibile il nucleare in cambio dell’inclusione nella tassonomia del gas naturale, spina dorsale del progetto energetico tedesco. L’ipotesi è stata smentita, per quanto ne sappiamo è pura dietrologia, ma rende l’idea della tensione tra le due potenze europee.

(Tratto da www.linkiesta.it)


1 Commento

  1. Sino a 4 o 5 anni fa si lavorava attivamente all’industrializzazione dei reattori di 4° generazione. Niente a che vedere con la fusione, ancora oggetto di studi sperimentali: Europa, Giappone, Stati Uniti, Russia, Cina, India e Corea del Sud collaborano nel sito francese di Kadarach al progetto Iter, International thermonuclear experimental reactor, ma si tratta di un progetto a lungo termine. I reattori di 4° generazione si basano ancora sul principio della fissione ma hanno la proprietà di rilasciare una percentuale inferiore anche del 90% di scorie, il problema principale degli attuali reattori c.d. di 3°generazione, utilizzandole come fuel per alimentare il processo di fissione stesso. Si tratta di una tecnologia che non solo risolverebbe in buona misura la questione dello smaltimento e stoccaggio delle scorie (molto pericolose: se gli “attinidi” capitassero fra le mani di un qualche gruppo terrorista ne basterebbe una bottiglia per contaminare mezza Europa) ma non svilupperebbe sostanze potenzialmente utilizzabili dall’industria militare: per questo motivo alcuni definirono questi reattori tecnologie di pace. I finanziamenti e gli investimenti (UE e industrie private, Areva su tutte, sovvenzionarono anche un corso di laurea magistrale del tutto gratuito, gli studenti ricevevano anche una piccola borsa di studio) tuttavia, a quanto mi risulta, si sono interrotti. L’autore (Pitzianti) di questo interessante articolo ne conosce il motivo? Costi? Tempistiche? Opposizioni politiche? Interessi e controinteressi? E il nucleare di cui si discute oggi in sede UE a quale tecnologia fa riferimento? Ai reattori relativamente puliti e (forse) pacifici di 4° generazione o alle vecchie centrali di 3° generazione che la Germania non senza ragione sta dismettendo?

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