L’Agenda 2030 arranca, e aumentano le diseguaglianze



Francesco Riommi    29 Dicembre 2021       0

Il 2 dicembre l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile ha presentato I territori e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile, il Rapporto Territori ASviS 2021. Uno strumento unico nel proprio genere. Il rapporto nasce infatti dalla volontà di misurare come il nostro Paese e i vari territori progrediscano nei 17 SDGs, i Sustainable Development Goals dell’Agenda 2030 della Nazioni Unite. Il suo compito è sia descrivere come i vari attori implementino tali obiettivi, sviluppando indici compositi per quantificare la distanza da essi. Con questa pubblicazione ASviS integra il proprio rapporto annuale, uscito lo scorso settembre. Purtroppo però, lo scenario che emerge quest’anno non è dei migliori.

Certamente nel nostro Paese c’è attenzione verso gli obiettivi dell’Agenda 2030, ma nessuno di essi è in pari con la tabella di marcia prevista. Se da un lato infatti abbiamo trend trasversalmente positivi, dall’altra abbiamo casi in cui si è fatto poco o nulla, soprattutto in materia di sostenibilità ambientale.

Come ha ricordato Pierluigi Stefanini, presidente ASviS, la pandemia ha aggravato le disuguaglianze e colpito con maggiore forza le persone meno protette. Allo stesso tempo, il ruolo dei territori e degli enti locali risulta indispensabile per contrastarle. Il Rapporto si pone perciò come uno strumento a disposizione delle Istituzioni per intervenire sulle criticità organicamente e lungo queste direttive. Sia evidenziando le criticità e come allocare meglio le risorse, sia promuovendo buone pratiche di partecipazione attiva dei cittadini.

I contenuti del Rapporto ASviS Territori 2021

Il rapporto prende in esami diversi livelli territoriali individuando a che punto si trovino nel percorso che porta al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

Regioni e Province autonome

Per quanto riguarda il primo livello substatale preso in esame, è possibile individuare alcuni trend positivi che coinvolgono la maggior parte degli enti analizzati. Oltre l’80% ha tendenze favorevoli per quanto riguarda la coltivazione biologica e il 60% nella riduzione dei tempi della giustizia. Più del 50% registra dati promettenti nella diminuzione della mortalità per malattie non trasmissibili e nella riduzione dell’abbandono scolastico.

In realtà però, sono le tendenze negative a farla da padrone. Oltre il 50% delle Regioni e delle Province autonome registra infatti un peggioramento nella riduzione delle disuguaglianze nel reddito disponibile e degli incidenti stradali. Più del 60% non raggiungerà i target relativi alle energie rinnovabili, all’incremento del tasso di occupazione, all’aumento della spesa per ricerca e sviluppo e alla riduzione dei rifiuti prodotti.

Un andamento ancora peggiore per l’aumento dell’efficienza delle reti idriche, per la diminuzione dei giovani che non studiano o lavorano (NEET) e la riduzione delle emissioni di gas serra. In questi ambiti infatti, oltre l’80% delle Regioni o Province autonome si allontana o registra un andamento negativo. Il 95% è addirittura tornato indietro sul campo dell’efficienza energetica, mentre nessun ente raggiunge i target relativi alle aree marine protette e alla riduzione del consumo di suolo.

Le Province

Per la prima volta l’ASviS introduce nel suo rapporto un’analisi delle disuguaglianze su base provinciale e per ogni SDG. Buone notizie per la salute (obiettivo 3 dell’Agenda 2030), parità di genere (5), acqua e servizi igienico sanitari (6), città e comunità sostenibili (11) e produzione e consumo responsabili (12), che vedono ridurre le disuguaglianze inter-provinciali.

Differentemente, le disuguaglianze territoriali aumentano per l’istruzione (4), il lavoro e la crescita economica (8), l’innovazione e le infrastrutture (9), gli ecosistemi terrestri (15) e la giustizia e le istituzioni solide (16).

Le Città Metropolitane

Discorso abbastanza diverso per quanto riguarda le Città Metropolitane, che coincidono con alcune delle aree più densamente popolate del Paese. Solo tre indicatori risultano favorevoli per più del 50% dei casi: laureati, efficienza energetica e sovraffollamento negli istituti di pena.

D’altra parte, nove indicatori indicano un andamento negativo comune alla maggior parte delle città metropolitane. Questi sono: feriti per incidente stradale, efficienza della distribuzione dell’acqua, energie rinnovabili, tasso di occupazione, NEET, offerta del trasporto pubblico locale, qualità dell’aria, produzione di rifiuti urbani e consumo di suolo annuo.

I gradi di urbanizzazione

Il rapporto introduce in ultima istanza un’analisi innovativa e basata sulla classificazione Degurba di Eurostat. L’intenzione è mostrare come sia possibile mostrare la distanza dai target quantitativi anche non procedendo attraverso le aggregazioni amministrative.

Le aree più densamente popolate vedono miglioramenti in merito al numero di laureati. Il quadro è invece negativo per il tasso di occupazione e le famiglie coperte dalla banda larga. Critica anche la quota di NEET e delle persone a rischio povertà ed esclusione sociale.

Le aree con densità di popolazione intermedia migliorano dal punto di vista dell’abbandono scolastico, ma arrancano negli stessi ambiti delle città più grandi, con l’aggiunta del gap occupazionale di genere. Nelle aree a bassa densità miglioramenti sia sul fronte dell’abbandono scolastico che nel contrasto della povertà e dell’esclusione sociale. Sempre peggioramenti invece per il tasso di occupazione, NEET e accesso delle famiglie alla banda larga.

Le proposte di ASviS

Di fronte a questi dati, il Rapporto ASviS propone alcune riforme e linee d’intervento per poter invertire la rotta.

A un livello più astratto, si evidenzia la necessità di un Sistema multilivello di Strategie e Agende per lo sviluppo sostenibile incardinato sugli strumenti di programmazione degli enti. Occorre, secondo ASviS, occorre una Strategia territoriale nazionale per la rigenerazione urbana, il consumo di suolo e i principi fondamentali per il governo del territorio. Serve un’azione di coordinamento dei programmi di rigenerazione urbana già finanziati e il Comitato interministeriale per le politiche urbane (CIPU) deve iniziare ad elaborare l’Agenda urbana nazionale.

Scendendo più sul piano materiale, è necessario adottare l’Agenda per lo sviluppo sostenibile delle aree interne e della montagna; introdurre nei bandi del PNRR una norma che destini il 40% delle risorse territorializzabili al Sud; Sistemi di pagamento già previsti dalla legislazione vigente per i Servizi ecosistemici e ambientali (PSEA); acquistare mezzi di trasporto pubblico locale elettrici per le aree urbane e a idrogeno verde o biometano per le tratte interurbane.

Uno sguardo d’insieme

In conclusione, proviamo a dare una chiave di lettura di quanto fin qui sopra esposto, sebbene senza alcuna pretesa di esaustività.

Quello che evidenzia il lavoro dell’ASviS sono sia tendenze strutturali della fase socio-economica che stiamo attraversando, sia congiunture delle rispettive divisioni amministrative.

Scorrendo i dati, ciò che salta all’occhio è la considerazione del tema della sostenibilità ambientale. Sembra infatti che le tante parole spese e l’attenzione mediatica in costante crescita non siano sufficienti per centrare gli obiettivi. Solo la coltivazione biologica rientra tra i settori in tendenza positiva – e solo per quanto riguarda la dimensione regionale. Rinnovabili, riduzione nella produzione dei rifiuti, emissioni di gas serra ed efficienza energetica sono tutte nella parte bassa della classifica. E sotto ancora, gli unici due settori nei quali nessun ente raggiunge la sufficienza: le aree marine protette e il consumo di suolo.

Purtroppo la situazione non migliora nemmeno cambiando il contesto di riferimento. Solo l’efficienza energetica nelle Città Metropolitane si posiziona tra le tendenze positive. Un risultato che, con tutta probabilità, si lega alla maggiore concentrazione di disponibilità economiche e sviluppo tecnologico.

L’altro aspetto che si impone nella lettura è quello dell’aumento delle disuguaglianze economiche. Regioni o Province, grandi città e piccole realtà rurali, non importa. In ogni contesto aumenta la forbice del reddito disponibile, peggiora il tasso di occupazione, aumentano i NEET e aumentano le persone in stato di povertà e a rischio di esclusione sociale. In poche parole, il ritratto di mesi di crisi pandemica e di una ripresa economica che si fonda, come sappiamo, su lavoro povero e a tempo determinato.

Sembra evidente la necessità di un cambio di passo. La pandemia ha accesso i riflettori sulla fragilità e insostenibilità del nostro sistema, forse è giunto il momento di fare qualcosa in più di mostrare pubblicamente buone intenzioni.

(Tratto da www.secondowelfare.it)


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