La crisi energetica, tra mercato e geopolitica



Guido Puccio    21 Dicembre 2021       1

Da una parte c’è la logica implacabile dei mercati; dall’altra le ragioni della geopolitica che trascinano aspetti da guerra fredda. Tutta qui la grande crisi energetica che tiene in affanno governanti, imprese, lavoratori, famiglie e l’universo mondo.

I mercati

Tanto per avere un’idea di quello che succede: il gas costava 12 euro al megawatt/ora lo scorso anno; oggi costa 90 euro. E così il carbone, che in un anno è passato da 50 dollari alla tonnellata a ben 233 dollari alla tonnellata, per non dire delle quote di emissione del carbonio (CO2) che molte imprese devono acquistare sul mercato dove il costo è passato in breve tempo da 20 euro a 90 euro per tonnellata.

Come è possibile non pensare a manovre speculative sui mercati? La conferma viene dall’andamento dei “futures”, ovvero delle variazioni attese nel tempo che pure sono oggetto di contrattazioni (o meglio si direbbe di scommesse) e nelle quali il gas olandese già quotato 515 dollari per mille metri cubi ad agosto, oggi quota 1000 dollari.

Le ragioni sono sempre le stesse: è la legge della domanda e dell’offerta, ancora una volta con buone dosi di intenti speculativi alla bisogna, perché saranno pure i computer nel mondo a fare i prezzi ma è sempre l’uomo quello che schiaccia i bottoni.

Questa settimana a Bruxelles ha cominciato finalmente a discuterne la Commissione Europea e molti Paesi hanno chiesto di fare luce su eventuali o presunte manipolazioni del mercato dell’energia che, a questo punto, assume profili che vanno oltre il semplice sospetto.

È ben noto che dopo i lockdown da Covid-19 la ripresa è scattata dapprima in Asia e basterebbero pochi dati per comprenderne le dimensioni. Ne basti uno: la Cina ha acquistato nel 2020 gas per 19 milioni di metri cubi/giorno e prevede tra sei anni acquisti fino a 160 milioni di metri cubi/giorno (fonte: S&P Global Platts Analytics). Un incremento vertiginoso che ha indotto i Paesi forti esportatori, tra i quali la Russia, a potenziare gli oleodotti a oriente

I venti freddi della geopolitica

Il gas utilizzato in Europa proviene prevalentemente proprio dalla Russia che copre il fabbisogno italiano per oltre il 40%.

Per fare fronte alla domanda dei Paesi dell’Europa occidentale è stato costruito il gasdotto” Nord Stream2”, il più lungo del mondo: oltre mille chilometri che dalla regione di San Pietroburgo attraversa il mare Baltico e raggiunge direttamente la Germania. Le ragioni che hanno indotto a progettare e realizzare questa opera mastodontica sono intuitive: per la Russia la possibilità di vendere direttamente il gas ai Paesi utilizzatori senza negoziare e pagare pedaggi ai Paesi dell’est europeo già satelliti di Mosca; per Germania e Italia disporre di riserve e sostituire le centrali a carbone e olio.

Gli americani, e qualche Cancelleria europea, hanno visto questa soluzione come occasione di Putin per esercitare pressione politica sui Paesi ex-satelliti che sono attraversati da altri oleodotti (Ucraina in particolare). Aveva cominciato Obama a sollevare perplessità, ha proseguito Trump che aveva parlato di trappola russa ed era giunto a minacciare sanzioni. Ora pare incerto anche Biden.

Alla fine l’accordo era stato firmato dalla Cancelliera Merkel e dal suo vice Scholz, che oggi ha preso il suo posto. Nel nuovo governo tedesco, ministra degli esteri è però la signora Annalena Baerbock, leader del partito ambientalista e già contraria all’oleodotto “Nord Stream2” ed anche se l’opera è stata ultimata e collaudata a Berlino si discute su concessioni, licenze e autorizzazioni. Evidentemente se dissenso c’è, è ben coperto da cavilli burocratici come in una “pièce” di Bertold Brecht.

Noi stiamo a guardare, con il costo del gas alle stelle. È di oggi la notizia che riapriamo due centrali elettriche a carbone. Eppure avremmo la possibilità di fare la nostra parte sia nel mercato che nello scontro geo-politico. Il nostro fabbisogno è di circa sessanta miliardi di metri cubi e ne produciamo meno del dieci per cento. È stato infatti accertato che il Mare Adriatico dispone di riserve importanti di gas facile da estrarre ma guai a parlarne per gli ideologi dell’ambientalismo, anche se la Croazia che sta davanti a noi ha cominciato a trivellare. Ha ragione Nomisma Energia, il think tank fondato da Andreatta: “ È come se avessimo un bicchiere con due cannucce ma si succhia solo da una”.

(Tratto da www.politicainsieme.com)


1 Commento

  1. Bell’articolo interessante che ha il pregio di far vedere anche l’altra faccia del ” global warming” , ovvero la realtà terra terra che le persone normali di trovano a dover affrontare quotidianamente e secondo me ve ne è bisogno. Perchè se pur è innegabile che il clima sia cambiato (ma quest’anno non mi sembra sia stato così caldo e comunque l’autunno è stato piovoso e a novembre e dicembre si è vista neve come non succedeva da tanti anni) l’uso strumentale che ne ha fatto subito la politica, meglio un certo apparato industriale per far passare i suoi interessi è scandaloso. Oltretutto senza nemmeno la minima ombra di consultazione ai cittadini. ma si sa, oggi votare in primis, ma anche sentire cosa ne pensano i cittadini contribuenti è considerato un retaggio di vecchi tempi. E’ il post moderno, signori e signore.

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